Nel retrovisore

Εκτύπωση
50 anni dopo la morte di Stalin, 15 anni dopo la perestroika, 11 anni dopo la scomparsa dell'Urss, dove va la Russia ? - Cercle Léon Trotsky
25 aprile 2003

Facendo un punto sull'ex Urss, la Lettera di informazione del Comitato dei costruttori francesi di automobili nota che tranne una "presenza industriale limitata di Daewoo" in Ucraina e in Uzbekistan, i costruttori mondiali preferiscono non rischiare i loro capitali nell'ex Urss. Per soddisfare i gusti della clientela solvabile per le automobili occidentali, si limitano a consolidare le loro reti di vendita.

Tra le eccezioni recenti (come Ford che, secondo questo bollettino padronale "ha cominciato la costruzione della Focus a San Pietroburgo nella sola impresa del settore dai capitali 100% stranieri"), i progetti annunciati da dieci anni rimangono allo stato di discussioni. I pochi portati a termine nel 2002 riguardano volumi ristretti. Solo molto recentemente la joint-venture GM- Avtovaz ha cominciato di produrre la Chevrolet-Niva" che potrebbe raggiungere 75 000 unità prodotte, ma non prima del 2007. E' la stessa cosa per Ford che progetta di produrre 25 000 veicoli nel 2007. Per la fabbrica di montaggio Scania di San Pietroburgo, si tratta di 200 autobus. In totale, non molto di più, a termine e se queste cifre non sono rivalutati, del numero di veicoli nuovi importati in Russia, mentre la rivista dice che questo mercato è "a forte potenziale"...

Questo bollettino ricorda nel suo editoriale le ragioni di questa situazione: "l'evoluzione del sistema economico russo non corrisponde a nessuno schema conosciuto; una trasformazione progressiva e incerta lo caratterizza e bisogna vedere lì la ragione della prudenza, addirittura della circospezione, con la quale gli attori industriali occidentali si sono avvicinati a questo mercato". La constatazione non è nuova né particolare al settore automobilistico. E' quella che fanno gi randi gruppi capitalisti occidentali dopo di avere qualche tempo sembrato prendere sul serio le dichiarazioni infiammate di Eltsin ed altri sull'instaurazone del "mercato".

Allora, scrive questa pubblicazione, "i costruttori europei hanno cercato di concludere accordi con interlocutori russi per produrre veicoli in Russia. Ma per ragioni che risultano tanto dalle difficoltà economiche e dalle pesantezze amministrative quanto dalle incertezze della regolamentazione e dagli imperativi industriali (esistenza di una rete di accessoristi adatto ai processi di fabbricazione dei costruttori), i risultati sono stati lunghi a concretizzarsi". Infatti questa concretizzazione non si vede.