A mo' di conclusione

Εκτύπωση
50 anni dopo la morte di Stalin, 15 anni dopo la perestroika, 11 anni dopo la scomparsa dell'Urss, dove va la Russia ? - Cercle Léon Trotsky
25 aprile 2003

Non è possibile prevedere il futuro senza sbagliarsi sui tempi, sulle forme e finanche sul risultato finale. Anche nei paesi imperialisti più sviluppati, eserciti di specialisti, di economisti, sono incapaci di prevedere i corsi della borsa, perfino per il giorno dopo.

Allora, col rischio di deludere, noi non abbiamo risposte neanche approssimative alla domanda fatta all'inizio : "dove va la Russia ?" Non possiamo che evocare un certo numero di possibilità sul suo futuro in funzione dell'evoluzione attuale, nella misura in cui si può parlare di evoluzione.

Dei cambiamenti importanti si sono prodotti dall'epoca di Gorbaciov e soprattutto durante i 12 anni che ci separano dalla dislocazione dell'Urss. Ma questi cambiamenti si iscrivono più nel lessico che nella realtà sociale.

I dirigenti del paese non solo non si affermano più a favore del comunismo ma alcuni di loro sono violentemente anticomunisti. Solo che anticomunisti lo erano da molto tempo ed in modo molto più nocivo per il comunismo e per il suo avvenire che oggigiorno. Perché era al tempo in cui si dicevano comunisti che i dirigenti della burocrazia compromettevano agli occhi del movimento operaio, e gravemente, l'idea del comunismo. E' pretendendosi comunista che la burocrazia ha fatto nel movimento operaio internazionale danni oggi non ancora superati, a cominciare dal massacro di migliaia di quadri bolscevichi e continuando con il tradimento delle mobilitazioni rivoluzionarie, dalla Cina nel 1927 alla Spagna o alla Francia nel 1936. E, dopo la guerra, la burocrazia russa è diventata uno degli elementi della stabilizzazione del mondo imperialista tanto con i suoi interventi diretti nei paesi dell'est europeo che con la sua influenza marcescente sui partiti detti comunisti.

L'aspetto principale degli ultimi 12 anni è l'implosione dell'Urss, e anche di fatto quella della Federazione di Russia.

D'altronde, le ineguaglianze, tanto dissimulate durante la pretesa fase socialista della burocrazia, appaiono oggi apertamente, sia con l'arricchimento fantastico di una minoranza al vertice che con la grande miseria degli strati più poveri della popolazione che comincia a raggiungere i livelli dei paesi sottosviluppati.

Ma, malgrado la comparsa di una borghesia ancora fragile, ancora dipendente dal potere politico, lo strato dominante rimane essenzialmente la burocrazia.

Mentre nei paesi economicamente sviluppati il potere politico dipende dal potere economico, nell'ex Urss si può dire il contrario. Questo potere, fonte di ricchezze, prende forme differenti : quella di bande armate che devastano il Caucaso e l'Asia centrale; quella di gruppi mafiosi che hanno esteso i loro tentacoli dappertutto; quella dei satrapi regionali nella Russia stessa.

Perché bisogna sempre avere presente l'immensità del paese che, anche amputato delle altre repubbliche sovietiche, resta ancora il più esteso del pianeta.

Coloro che giudicherebbero la situazione solo a partire da Mosca, San Pietroburgo e qualche altra grande città del paese, che somigliano molto a quelle del mondo capitalista, farebbero lo stesso errore di quelli che giudicherebbero la situazione di un paese sottosviluppato come la Costa d'Avorio dalla sua capitale, Abigian, con le sue banche e i suoi immobili commerciali, o ancora quelli che non verrebbero della Cina che il fiorire degli affari a Shangai e Pechino, ignorando l'orribile arretratezza del resto del paese.

Allora, Stato Operaio per le sue origini, degenerato rapidamente, la Russia è uno Stato in decomposizione molto avanzata . I burocrati,che non accettano più il carcano di una dittatura per arbitrare la ripartizione del prodotto collettivo, hanno in qualche modo accaparrato questo prodotto a titolo individuale, e ancora più, a titolo dei clan burocratici. Ma il parassitismo e l'assenza di radicamento nell'economia che caratterizzavano la burocrazia venti o trent'anni fa persistono.

Certo, le relazioni interne alla burocrazia e il loro funzionamento stesso sono cambiati, e d'altronde non solo nel corso degli ultimi dodici anni, ma ben prima. Se, in alcune Repubbliche e regioni, le burocrazie locali gestiscono l'economia esattamente come prima- benché ad un livello nettamente inferiore, conseguenza dell'arretramento dell'attività economica sulla scala del paese-, nelle regioni più avanzate sulla via del capitalismo, i passi avanti, o piuttosto indietro, consistono principalmente in una specie di divisione del lavoro tra coloro che esercitano il potere politico e coloro che sono riusciti a mettere la mano su questo o quel settore dell'economia.

Ma c'è tra di loro un'interdipendenza stretta. Gli arricchiti del settore economico hanno bisogno del sostegno del potere politico e il potere politico ha bisogno dei redditi controllati dai "nuovi ricchi". Tra Putin e i principali "nuovi ricchi", o ancora tra i burocrati dirigenti delle regioni o delle grandi città e i capi delle imprese del loro settore, c'è complicità e ricatto reciproco. I responsabili politici hanno altrettanto bisogno dei detentori del potere economico che questi, la cui proprietà nominale non è radicata nella proprietà capitalistica, hanno bisogno del potere politico.

Evidentemente si tratta ancora di una situazione labile e transitoria. Ma questa fase finale della burocrazia dura già da diciotto anni, se si parte dall'accesso di Gorbaciov al potere dell'Urss, e da dodici dall'implosione di questa.

Come abbiamo visto, questa forma di dominio della burocrazia si è tradotta in un arretramento considerabile della produzione industriale.

Si è tradotta anche in un'integrazione maggiore dell'ex Urss nell'economia mondiale, nel senso di un'integrazione più grande dell'economia russa nella divisione internazionale del lavoro ? Ebbene, paradossalmente, ciò non è affatto vero. Gli scambi di merci e di beni reali tra la Russia e l'estero sono crollati anziché crescere, allorché nessun ostacolo legale si opponeva .

E, al di là della quantità di scambi, c'è la loro natura. Quello che esce dalla Russia sono il denaro e le materie prime. Quello che entra, sono le merci occidentali, per quelli che possono pagarsele. Prima, per accedere ai prodotti di lusso di cui avevano voglia, i burocrati avevano i loro magazzini riservati, mentre alle classi popolari mancava spesso il necessario. Oggi, l'accesso ai magazzini di lusso è libero, ma i soldi rimpiazzano il controllo all'entrata. La maggior parte dei lavoratori e dei contadini, che erano esclusi dai magazzini riservati, restano altrettanto esclusi da questi negozi di cui non hanno i mezzi per pagarsi i prodotti.

Gli scambi della Russia con l'estero somigliano sempre più agli scambi caratteristici dei paesi sottosviluppati con i paesi imperialisti. Un pubblicista, in cerca di una formula choc, ha inventato questa espressione per la Russia attuale: "è il Burkina Faso con i missili in più". L'immagine è giusta solo se prendiamo la parola "missili" non solo sotto l'angolo della potenza militare ma come il simbolo di un'industria capace di produrli.

Poiché, se effettivamente la maggioranza dei cittadini della Russia hanno un livello di vita appena superiore a quello del Burkina Faso in un paese che ha un tessuto industriale, ci sono delle imprese e delle attrezzature che non hanno i paesi sottosviluppati. Queste imprese industriali funzionano al quarto, al decimo delle loro capacità, ma esistono. E paradossalmente, questo rappresenta uno dei problemi della borghesia internazionale: non basta cambiare le strutture giuridiche per far funzionare queste grandi imprese. Questi combinat della metallurgia, delle costruzioni meccaniche o della chimica -che sono stati costruiti e hanno potuto funzionare durante decine di anni solo grazie alle possibilità offerte dalla centralizzazione statale -non sono alla portata dei capitali privati. Il grande capitale occidentale non ha interesse a riprendere queste grandi imprese a suo conto, o almeno non per farle funzionare.

Quanto ai settori che potrebbero essere più interessanti per la borghesia internazionale, non per farli funzionare in quanto tali, ma per farne funzionare una sola parte, magari licenziando la maggioranza dei dipendenti, ebbene la borghesia si scontra con le opposizioni della burocrazia stessa. Non è che ci sia un'opposizione ideologica tra due frazioni della burocrazia, l'una a favore del capitalismo, l'altra opposta. Ma tutti i burocrati non possono diventare borghesi nel senso capitalista del termine, vale a dire capaci di far funzionare le loro imprese per fare del profitto nel quadro del mercato. Non c'è abbastanza posto, nè abbastanza ricchezza da spartirsi. Di più, la mangiatoia da spartire diminuisce con la riduzione della produzione.

Quante grandi imprese continuano a funzionare, lentamente, irregolarmente, senza rispondere assolutamente ai criteri di redditività capitalistica ? Ma funzionano lo stesso perché procurano un potere sociale ai burocrati che le controllano. E, accessoriamente per questi ultimi, ma essenzialmente per la popolazione delle città o delle regioni impiegate, ciò permette ad una parte della classe operaia di non ritrovarsi disoccupata, di mantenere alcune attrezzature sociali.

Una delle idee essenziali di Trotsky, formulata in un'opera scritta poco prima del suo assassinio ad opera di uno sbirro di Stalin, era in sostanza che la burocratizzazione dello Stato sovietico sarebbe stata una corta fase transitoria prima del ritorno a capitalismo, se il capitalismo stesso non avesse perduto tutto il suo dinamismo.

In altre parole, questa formazione sociale particolare che è stata lo Stato operaio degenerato è stata il sottoprodotto di un'epoca storica dove, dopo le sue avanzate formidabili all'indomani della prima guerra mondiale, l'attività politica della classe operaia, in particolare quella mirante al rovesciamento del potere della borghesia, è rifluita mentre il capitalismo non aveva più il fiato della sua gioventù per recuperare il terreno perduto.

Il periodo storico di cui parlava Trotsky è stato ben più lungo di quanto aveva immaginato. E, in realtà, non ne siamo ancora usciti. Possiamo semplicemente constatare che per quanto la burocrazia apra le porte al capitalismo, la Russia non è certo di fronte ad uno sviluppo economico su base capitalistica.

Guardiamo il Brasile, guardiamo l'Argentina, senza parlare dell'India, paesi che non hanno mai abbandonato il grembo dell'imperialismo, per cercare di prevedere il divenire della Russia, che ci ritorna.

Al massimo, il capitalismo riuscirà a svilupparsi in un certo numero di isole che l'interessano. Quest'evoluzione iniziata in città come Mosca, San Pietroburgo e qualche altra, potrebbe interessare ancora qualche grande porto aperto al commercio internazionale. Saranno isolotti di capitalismo in un territorio immenso, di cui le regioni ricche di materie prime sono ridotte al rango di fornitori con bassi salari, mentre nel resto del paese continuerà a prevalere l'autarchia regionale, completata sicuramente -perché ciò si accompagna spesso- da dispotismi locali, da un inasprimento del nazionalismo, o addirittura del micro nazionalismo, piu o meno colorato di demagogia religiosa. Senza parlare delle guerre che, anche se durano, non disturberanno più di tanto la direzione politica di Mosca, e ancora meno i grandi gruppi capitalisti internazionali verso i quali una burocrazia compradora orienterà le ricchezze del paese. Dopotutto, questa manifestazione di barbarie esiste già in tutta una parte dell'Africa dominata dall'imperialismo e, in un certo modo, nel Medio oriente.

Ciò costituirà una regressione economica e sociale considerabile.

Pertanto, non sarebbe difficile rimettere in moto l'economia in Russia, nell'ottica di soddisfare i bisogni della popolazione. Se la produzione industriale è considerabilmente diminuita, l'apparato produttivo esiste. In assenza di investimenti da almeno dodici anni, le macchine, le attrezzature sono vetuste. Anche se queste imprese industriali non sono redditizie dal punto di vista dell'economia capitalistica, vale a dire per produrre un profitto sufficiente, potrebbero comunque essere rimesse in funzione.

Anche considerando le degradazioni intervenute, basterebbero largamente a soddisfare i bisogni del paese in grandi prodotti di base come acciaio, prodotti chimici, binari ferroviari, trattori, camion, locomotive...

Dal punto di vista della logica sociale e umana, sarebbe meglio che i grandi combinati industriali del passato siano rimessi in funzione dando nello stesso tempo del lavoro a tutti.

Le somme colossali ottenute dalla vendita di materie prime, che oggigiorno sono dirottate verso le banche occidentali da una burocrazia cupida, dovrebbero rimanere nel paese ed essere investite nell'apparato produttivo. L'assenza di investimenti odierna non è una legge di natura. Non deriva da un'insufficienza di risorse, proviene dall'appropriazione di queste risorse da parte della burocrazia.

I combinati industriali ereditati dal passato sono giganteschi ? Ma questi furono concepiti per rifornire un paese immenso ! E, dopotutto, tramite un cammino storico differente, anche l'economia capitalistica ha creato imprese gigantesche con la pretesa di costruire prodotti per il mercato planetario.

Resta la debolezza dell'economia che risale alle scelte anteriori della burocrazia, l'insufficienza di imprese di taglia media che rifornisca di prodotti di consumo corrente una regione o una città. Ma se l'unione sovietica dei burocrati ha saputo, negli anni '30, far sorgere grandi imprese a partire da niente, la classe operaia russa sapendo che lavora per soddisfare i propri bisogni, e non per permettere a qualche nuovo ricco di ammassare fortune, potrebbe facilmente creare imprese che producano per i bisogni della popolazione.

Sì, rimettere in funzione l'economia non sarebbe impossibile. Ma né i burocrati predatori né, domani, i grandi gruppi capitalistici suscettibili di essere interessati ai soli settori fruttuosi lo faranno. La sola via che permette di risollevare l'economia e la società russa passa per l'esproprio delle imprese capitalistiche, in realtà poco numerose, e per l'allontanamento della burocrazia dalla direzione delle altre imprese. Bisognerà sottomettere queste ultime al controllo dei loro lavoratori e della popolazione laboriosa della loro regione. Bisognerà ristabilire il monopolio del commercio estero, non per distruggere tutti i legami dell'economia russa con l'economia mondiale, ma per impedire la fuga dei capitali, per controllare ciò che si importa e ciò che si esporta. Una volta rimesse in moto le imprese che i burocrati lasciano totalmente o parzialmente inattive, sarebbe possibile coordinare le loro attività nel quadro di un piano poiché fin dall'inizio furono concepite in questo quadro.

Contrariamente ai paesi occidentali dove il controllo della classe lavoratrice sull'economia si urta inevitabilmente non solo alla grande borghesia, ma a tutta o a una parte della media borghesia, e addirittura alla piccola, dove l'idea stessa di un'economia statale e pianificata sarebbe una novità, ciò non vale per una grande maggioranza della popolazione russa. E, a giudicare da quanto si sa sull'odio che prova la maggioranza della popolazione per i "nuovi ricchi", questa conquista, culturale, della rivoluzione russa rimane nelle coscienze.

Dire ciò, vuol dire anche che la sola forza sociale capace di imporre queste idee è la classe operaia. Il futuro della Russia dei prossimi anni non è scritto. Dipenderà da chi l'impulserà : la burocrazia o la democrazia operaia.

Fin dalle sue origini, le prospettive dello Stato operaio, creato nel 1917, erano legate alle prospettive del proletariato mondiale. E' stato così all'epoca dello slancio rivoluzionario degli inizi, come al momento della burocratizzazione, riflesso sul piano della Russia sovietica dell'arretramento del movimento operaio nel resto del mondo. E' ancora così oggigiorno.

All'epoca della dittatura staliniana, Trotsky pensava poco verosimile che l'ascesa del movimento operaio rivoluzionario possa intervenire in Urss prima che nei paesi occidentali. All'epoca, fu il peso dell'arretramento, quello che dalla rivoluzione vittoriosa ha condotto alla rivoluzione tradita, a pesare sulla classe operaia sovietica, come anche il peso della dittatura burocratica. Oggi, ciò che pesa è la deteriorazione della situazione economica, l'immiserimento, la disoccupazione, e ancora più, l'assenza di prospettive politiche.

Oggi, un'organizzazione rivoluzionaria proletaria dovrebbe tener conto di questo fattore essenziale che è l'esistenza di un apparato economico non completamente distrutto, senza che esista una classe capitalistica di taglia comparabile a questo apparato. I compiti del proletariato, se ritrovasse la via dell'attività politica cosciente, sarebbero tanto più facilitati che questi ultimi anni hanno probabilmente dissipato molte illusioni sul capitalismo, e non solo tra i lavoratori.

Certo, non abbiamo nessun indice che ci permetta di sperare che ciò accadrà in un periodo prossimo. Ciò che possiamo dire è che questa è l'unica strada.

La persistenza del sistema imperialista ha prodotto tante mostruosità su scala planetaria. Nel caso della Russia, abbiamo la burocrazia e quanto essa è divenuta oggigiorno. Ma né la Storia, né l'Umanità hanno detto la loro ultima parola. Tutte le società umane hanno conosciuto numerose peripezie, ma il progresso finalmente non ha mai cessato dall'inizio dell'umanità. Le scorie del passato finiranno con l'essere spazzate. In Russia come altrove.