Per la popolazione irachena, il bilancio della guerra del golfo era drammatico. In più di circa 100000 vittime dei bombardamenti, una gran parte delle infrastrutture di ogni genere erano state distrutte. Per fare solo un esempio, un esperto dell'ONU riteneva alla fine 1991 che la rete elettrica era stata riportata al suo stato di prima della prima guerra mondiale.
Ma per la popolazione un'altra guerra cominciava, che oggi non è ancora finita. Non solo avrebbe subito le conseguenze delle sanzioni economiche dell'ONU, imposte col pretesto di costringere Saddam Hussein a soddisfare a tutti i requisiti del cessate il fuoco, in particolare la distruzione del suo armamento, ma avrebbe anche subito bombardamenti periodici che spesso evrebbero colpito obiettivi civili.
Così da dodici anni, le potenze imperialiste giocano ad un gioco micidiale che consiste nel rincarare le loro esigenze ogni volta che Saddam Hussein dice che è pronto a cedere alle esigenze precedenti, in modo da giustificare la continuazione di questa guerra nascosta.
Le sanzioni economiche hanno permesso all'imperialismo di esercitare un controllo praticamente totale sul commercio esterno dell'iraq, e in particolare sui suoi redditi petroliferi. Le coperture umanitarie di cui l'ONU si è servita per nascondere i suoi obbiettivi reali non hanno cambiato niente.
Il programma "petrolio contro viveri" in vigore dal 1995, ne dimostra tutta l'ipocrisia. Senz'altro permette all'Iraq di esportare una certa quantità di petrolio, e di importare di ritorno prodotti di prima necessità. Ma una parte delle entrate così incassate deve innanzi tutto servire a finanziare i risarcimenti di guerra al Kuwait, a pagare i salari dei funzionari dell'ONU incaricati di controllare i conti delle importazioni e le spese d'utilizzazione dell'oleodotto turco che deve obbligatoriamente servire ad esportare il petrolio. Pagate tutte queste spese, sono i burocrati dell'ONU a decidere ciò che è buono per la popolazione. E prendono tutto il tempo necessario.
Per di più oggi si sta arrivando a questa situazione paradossale in cui l'Iraq è autorizzato a vendere più petrolio di quanto non ne può produrre, perché non può importare i pezzi di ricambio e il materiale necessari per rimettere altri pozzi in stato di funzionamento.
Infatti per l'ONU non si tratta ancora di permettere all'Iraq di importare il necessario per riparare le sue infrastrutture distrutte. Nessun prodotto di importazione deve essere a "doppio uso", cioè suscettibile di essere utilizzato a fini tanto militari che civili. Di conseguenza molti prodotti chimici di base non possono essere importati perché potrebbero servire alla fabbricazione di armi chimiche, anche se sono indispensabili per la fabbricazione di alcune medicine correnti. Nello stesso modo le pompe dell'acqua di forte potenza sono vietate perché potrebbero servire alla pulizia del combustibile nucleare. Ora il paese soffre drammaticamente della mancanza di installazioni di pompaggio.
Così come lo dice la stessa ONU, i problemi di malnutrizione derivano dal deterioramento massiccio delle infrastrutture di base, tra l'altro dei sistemi di fornitura dell'acqua e di evacuazione dei rifiuti. Questa situazione ha gettato brutalmente indietro di parecchi decenni un paese che aveva un tasso di mortalità infantile tra i più bassi della regione. Si può stimare che in dodici anni un milione di Iracheni sono morti per colpa delle sanzioni, di cui la metà sono bambini di meno di cinque anni.