... E da ciò che verrà dopo

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L'Iraq obiettivo e vittima delle grandi manovre dell'imperialismo - Cercle Léon Trotsky
8 novembre 2002

E anche se l'esercito di invasione americano riuscisse rapidamente a rovesciare Saddam Hussein, cosa potrebbe mettere al suo posto?

Fabbricare un governo iracheno con politici scelti tra l'opposizione in esilio, o addirittura nelle file stesse del Baas, è una scelta possibile, come è stato fatto in Afghanistan.

Ma l'esperienza dell'Afghanistan dà un'idea dei problemi che verrebbero sollevati. Infatti in Afghanistan, il governo insediato dai dirigenti americani governa realmente solo Kabul. E ci riesce solo con la protezione di parecchie migliaia di soldati occidentali, la cui presenza non impedisce neanche l'assassinio, ogni tanto, di un ministro. Quanto al resto del paese, è sottomesso alla legge di signori della guerra che difendono accanitamente il loro territorio, tanto contro i loro rivali quanto contro il governo di Kabul.

Ma in Iraq, gli Americani non dovranno fare i conti con signori della guerra di tipo afgano, bensì con i dirigenti curdi e sciiti che dispongono di una base sociale ben più numerosa e di mezzi materiali ben più importanti. Per di più si appoggiano su aspirazioni che, se si liberano, possono solo rimettere in causa i confini artificiali della regione.

E non parliamo delle rivalità che potrebbero manifestarsi nel seno stesso dell'apparato di Stato, in particolare tra i suoi molteplici corpi di repressione rivali, quando il pugno di ferro del regime si sarà allentato. Anche lì non si tratta di capi di guerra forti di alcune migliaia di soldati indisciplinati e mal armati, ma di macchine moderne, ben attrezzate e inquadrate, e che organizzano decine di migliaia di uomini ben allenati.

Allora, un'altra possibilità da esaminare sarebbe l'installazione di un'amministrazione americana diretta, che eserciterebbe il potere finché non saranno insediate istituzioni valide con un personale politico dovutamente selezionato. Tale scelta implicherebbe però l'occupazione fisica di gran parte del paese e la necessità di dedicarvi mezzi materiali e umani considerevoli per un tempo relativamente lungo. Ora, se si può concepire che la popolazione non resista ad un'invasione, invece è difficile immaginare che un'occupazione prolungata nel tempo non faccia nascere movimenti di resistenza. E allora si porrebbe di nuovo il problema della reazione dell'opinione pubblica americana.