Rivoluzione proletaria e doppio potere

Εκτύπωση
Spagna 1931-1937 - La politica del Fronte Popolare contro la rivoluzione operaia - Cercle Léon Trotsky
3 maggio 1996

La resistenza al sollevamento militare non era venuta che dalle masse popolari. Le classi possidenti erano dal lato di Franco e le autorità civili e militari erano passate nel suo campo per la maggior parte.

L'energia, il coraggio, l'entusiasmo stesso col quale gli operai ed i contadini hanno combattuto derivava dalla loro volontà rivoluzionaria. Non si battevano per il ritorno allo status quo anteriore, per questa repubblica borghese e reazionaria che aveva rifiutato di soddisfare le loro aspirazioni. No, volevano sbarazzarsi dello sfruttamento, dell'arbitrario, spazzare il potere dei preti, dei militari, della burocrazia, prendere le terre. Volevano la libertà, una vita decente, la fine delle umiliazioni.

Il potere dei lavoratori...

Ovunque, i lavoratori presero il potere nelle proprie mani. Era veramente la rivoluzione. In ogni quartiere, in ogni impresa, in ogni villaggio, gli sfruttati si impossessavano delle terre, degli uffici, delle fabbriche, dei mezzi di trasporto, del telefono. Bruciavano le chiese ed i conventi, i catasti, i titoli di proprietà, gli archivi giudiziari e notarili. Arrestavano, e spesso giustiziavano i proprietari, i preti, i falangisti, tutti i controrivoluzionari. Requisivano le case dei ricchi, gli hotel di lusso ed i ristoranti, trasformati in mense popolari. Ovunque si erano organizzati in milizie ed avevano formato i propri comitati che, soli, godevano della loro fiducia e le cui sole decisioni erano applicate.

Tutto ciò si era fatto spontaneamente, senza parole d'ordine, senza preparazione, e nelle forme più svariate. Talvolta si divideva la terra, più spesso si decideva di sfruttarla collettivamente. Talvolta ci si impossessava completamente delle imprese, altre volte ci si contenteva di sottoporre la direzione alla sorveglianza del comitato. Questi comitati che avevano di fatto tutto il potere locale erano a volte eletti dai lavoratori, altre volte designati da accordi tra i partiti ed i sindacati presenti.

Ovunque i comitati presero le cose in mano, controllavano le strade, le frontiere, i porti. Il lavoro riprese rapidamente per assicurare i rifornimenti della popolazione e la produzione di armi e di munizioni per il fronte. A Barcellona, per far fronte ai bisogni urgenti, fu improvvisata spontaneamente tutta un'industria bellica.

I comitati fissavano le ore di lavoro ed i salari, le cui differenze furono considerabilmente ridotte, a volte completamente eliminate.

Ogni giorno, i camion requisiti dai comitati, dai sindacati, andavano nelle campagne a comprare i prodottti direttamente ai contadini ed ai collettivi agricoli. La soppressione degli intermediari nel commercio permetteva di far scendere i prezzi. Nelle campagne c'era un tale entusiasmo che, in alcune regioni, molti piccoli proprietari aderivano alle collettività apportandovi le loro terre, il loro bestiame, i loro attrezzi. Ognuno poteva ritirare ciò che gli spettava nei magazzini del villaggio, semplici centri di distribuzione che non facevano benefici, ristrutturati e puliti. Per la prima volta tutti mangiavano secondo il loro appetito.

... E l'impotenza del vecchio apparato di Stato

Dovunque, assolutamente dovunque, le autorità legali avevano perduto ogni potere. D'altronde, non disponevano più di nessuna forza armata. L'esercito stesso, quando non era passato dal lato degli insorti, si era dissolto. Erano le milizie e le organizzazioni operaie che andavano al fronte. A Barcellona per esempio, il dirigente anarchico Durruti organizzò una colonna di volontari per tentare di andare a liberare Saragozza. Altre colonne seguirono e così in una settimana Barcellona fornì 20000 volontari al fronte. Con dei capi eletti, senza gradi né privilegi, una totale uguaglianza di soldo, una vita politica intensa nel loro seno, queste unità rivoluzionarie favorirono la propagazione della rivoluzione nelle campagne aragonesi che attraversavano.

La vecchia magistratura non esisteva più e le sue leggi non erano più applicate. La popolazione si faceva giustizia da sola, creava dei tribunali rivoluzionari.

Spontaneamente, la classe operaia creava localmente gli organi del potere. Il governo centrale non aveva alcun mezzo per imporre la sua volontà. In Catalogna, il governo della "Generalità" diretto da Companys si trovava esattamente nella stessa situazione.

Fino al settembre 1936, durante due mesi, forse sarebbe stato possibile appoggiarsi sullo slancio rivoluzionario delle masse per sbarazzarsi senza spargimento di sangue, in qualche modo pacificamente, dei simboli della vecchia società. Ma i dirigenti dei partiti operai non lo volevano.

Il Partito Socialista ed il Partito Comunista al servizio del governo

In nome del comitato centrale del Partito comunista, Dolorès Ibarruri, detta la Pasionaria, dichiarava il 30 luglio: "... il governo spagnolo emana dal trionfo elettorale del 16 febbraio, e noi l'appogiamo e lo difendiamo, poiché è il rappresentante legittimo del popolo che lotta per la democrazia e la libertà". Il Partito socialista e l'UGT, come il Partito comunista, si limitavano alla prospettiva di ristabilire l'autorità della repubblica borghese e continuavano ad accettare gli ordini del governo. Tuttavia, non riuscivano ancora a farli applicare.

In Catalogna, la CNT rifiuta il potere

La rivoluzione si spinse più avanti in Catalogna, là dove il proletariato industriale era più numeroso e le organizzazioni che si dicevano rivoluzionarie erano più radicate. La CNT anarchica, la quale non cercava di convincere i suoi militanti che bisognava limitarsi alla difesa della repubblica borghese, era maggioritaria nel movimento operaio. L'influenza del Partito socialista unificato di Catalogna (il PSUC, risultato dalla recente fusione in questa regione del Partito socialista e del Partito comunista) e della stessa UGT erano limitate. E' ancora in Catalogna che il partito più a sinistra che si diceva marxista e per la dittatura del proletariato, il POUM, era più radicato. Benché molto più debole della CNT, avrebbe potuto tentare di giocare in questa regione un ruolo indipendente.

Dunque, in Catalogna, si giocò il destino della rivoluzione.

Il 20 luglio, Companys, capo del governo catalano, cosciente del rapporto di forza dopo la vittoria operaia, chiese un incontro con i dirigenti anarchici. Questi, guidati da Garcia Olivier, Abad de Santillan, Durruti, si resero armati alla sede del governo. Companys tenne questo linguaggio: "Oggi voi siete i padroni della città. Se non avete più bisogno di me, o se non volete che io resti presidente della Catalogna, ditemelo e sarò un soldato di più a combattere il fascismo. Se, al contrario, (...) credete che la mia persona, il mio partito, il mio nome, il mio prestigio possono essere utili, allora potete contare su di me e sulla mia lealtà..."

Santillan racconta il seguito: "Avremmo potuto scegliere di essere soli, imporre la nostra volontà assoluta, dichiarare caduca la Generalità ed istituire al suo posto un vero potere del popolo. Ma noi non crediamo alla dittatura quando essa si esercita contro di noi, e non ne vogliamo quando possiamo esercitarla noi stessi contro la maggioranza. La Generalità resterà al suo posto col presidente Companys alla testa e le forze popolari si organizzeranno in milizie per continuare la lotta per la liberazione della Spagna. Così fu creato il Comitato centrale delle milizie antifasciste di Catalogna, nel quale facemmo entrare tutti i partiti politici liberali e operai".

I dirigenti della CNT, questi anarchici anti-Stato, preferivano finalmente al "vero potere del popolo", il potere borghese rappresentato da Companys ! Era un vero tradimento degli interessi della rivoluzione. In quel momento Companys non era in condizione di esercitare un qualsiasi potere. Ma intorno a lui poco a poco si sarebbe ricostruito l'apparato statale borghese, con l'aiuto della CNT. Esattamente come nel resto della Spagna dove i partiti socialisti e comunisti fin dall'inizio si applicarono coscientemente a questo compito.

Il Comitato Centrale delle milizie

Loro malgrado, gli anarchici parteciparono comunque al potere tramite il Comitato centrale delle milizie poiché, come dice Santillan, "il governo della Generalità continuava ad esistere e meritava il nostro rispetto, ma il popolo non obbediva più che al potere costituito grazie alla vittoria ed alla rivoluzione". Ora, in questo comitato che era un organismo non eletto dai comitati, un cartello di organizzazioni, la CNT si era messa in minoranza offrendo ai rappresentanti della borghesia 4 seggi su 15, ed altrettanti seggi all'UGT. Dunque mise il potere tra le mani dei partiti che rifiutavano la rivoluzione. Significava tradire le masse che le davano fiducia.

In seguito, i dirigenti della CNT non fecero niente affinché il comitato centrale diventi effettivamente l'emanazione dei comitati, affinché vi sia legato da vincoli democratici. Preferirono gli accordi al vertice con i dirigenti borghesi e quelli del PSUC e dell'UGT.

In Catalogna come altrove, non ci fu alcuna volontà da parte dei partiti più a sinistra di rafforzare il potere degli sfruttati sorto spontaneamente dalla rivoluzione. Sarebbe stato necessario allargarlo, sistematizzarlo, democratizzarlo, far eleggere ovunque dei comitati dalle assemblee dei lavoratori, farne dei veri soviet, permettergli di eleggere una dieezione centrale dei comitati che sarebbe stato un vero potere rivoluzionario efficace, democratico e centralizzato, intimamente legato alle masse, che ne esprima la volontà, capace di vincere gli ostacoli e i nemici.

La CNT aveva tutti i mezzi per farlo in Catalogna ed i suoi dirigenti l'hanno deliberatamente rifiutato.

Ecco cosa diceva Trotski della politica dei dirigenti anarchici: "Rinunciare alla conquista del potere, significa lasciarlo volontariamente a chi l'ha, agli sfruttatori. Il fondo di ogni rivoluzione ha consistito e consiste a portare al potere una nuova classe ed a darle così tutte le possibilità di realizzare il suo programma. Impossibile di far la guerra senza desiderare la vittoria. Nessuno avrebbe potuto impedire agli anarchici di instaurare, dopo la presa del potere, il regime che avrebbero preferito, ammesso beninteso che sia realizzabile. Ma gli stessi capi anarchici avevano perduto la fede in lui... Il rifiuto di conquistare il potere spinge inevitabilmente ogni organizzazione operaia nella palude riformista e ne fa un giocattolo della borghesia (...)".

Il POUM in ritardo sulle possibilita rivoluzionarie

Il POUM fu incapace di definire obiettivi più chiari. Laddove era maggioritario, a Lerida, il comitato era frutto di un accordo con la CNT ed il PSUC, e se il POUM lo fece ratificare da un'assemblea formata da rappresentanti dei partiti, non ne fece mai un vero consiglio operaio, emanazione delle masse in lotta.

Il programme del POUM si limitava a reclamare il controllo operaio mentre le masse si impossessavano delle imprese, l'epurazione dell'esercito che praticamente non esisteva più, "la revisione dello statuto della Catalogna in un senso più progressista". In piena rivoluzione proletaria, il POUM proponeva un programma democratico borghese in ritardo sulla stessa attività delle masse in lotta.

Cosicché nessun partito, né in Catalogna, né altrove, propose al proletariato di completare la vittoria di luglio prendendo veramente il potere.

Completare la rivoluzione, una necessità vitale

Dal momento in cui le masse si limitavano ad esercitare dei poteri locali, il tempo giocava contro il loro potere rivoluzionario. Un'autorità centrale era indispensabile per completare la rivoluzione, per coordinare l'attività economica, per pianificarla efficacemente ed evitare di sprecare sforzi a causa di una scarsa coordinazione dei rifornimenti di materie prime, dello spaccio dei prodotti. Come anche sarebbe stato necessario mettere le mani sulle riserve delle banche, invece di lasciare ogni impresa sbrogliarsi per conto suo ed esaurire le sue riserve finanziarie. Bisognava organizzare la guerra unificando le milizie sotto il comando unico di uno stato maggiore operaio capace di dirigere la lotta militare. Tanto sul piano economico che militare era vitale l'istaurazione di un vero potere centrale. Doveva essere l'emanazione degli operai e dei contadini in lotta, basato sugli organi di potere che questi avevano iniziato a creare. In assenza di tutto ciò, è il vecchio Stato borghese che ha ripreso la situazione in mano, in nome dell'efficacia economica, in nome dell'efficacia militare, e che finalmente stroncò la rivoluzione.