Testo della mozione presentata dalla direzione nazionale di LO per la conferenza di gennaio 1999

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Da "lutte de classe" n° 39 (documenti sulle Elezioni europee del 1999 - il progetto di lista comune LO-LCR)
Dicembre 1998

I risultati registrati dalle liste presentate da Lutte Ouvrière nelle elezioni regionali del 1998 hanno confermato quello ottenuto da Arlette Laguiller nella presidenziale del 1995 e dimostrato la persistenza di un elettorato d'estrema-sinistra, più importante dell'elettorato tradizionale di LO dal 1973-74, sensibile ad un discorso di opposizione radicale alla politica attuata da tutti i partiti (inclusi i partiti cosiddetti di sinistra) di fronte alla disoccupazione e alle sue conseguenze.

Dal canto suo, la Lega Comunista rivoluzionaria (LCR) ha ottenuto dei risultati generalmente più bassi, ma non trascurabili, particolarmente laddove si presentava più chiaramente sotto la propria identità, cioè come organizzazione comunista rivoluzionaria (rispetto a tutti i dipartimenti dove si era presentata in liste "alternative" politicamente mal definite).

Sin dall'indomani di queste elezioni regionali, abbiamo preso posizione nella nostra stampa a favore di una lista comune LO-LCR che si sarebbe presentata chiaramente come una lista comunista rivoluzionaria, per le elezioni europee del 1999.

Con la Lega Comunista Rivoluzionaria abbiamo certamente molte divergenze, inclusa la posizione sull'Europa. Ma da un lato, queste divergenze non ci avevano impedito di presentare una lista comune nel 1979, né di riproporlo di nuovo alla LCR nel 1984. E dall'altro, in queste elezioni europee i rivoluzionari dovranno farsi sentire non tanto sui problemi dell'Europa quanto sulla questione della politica da portare avanti per combattere veramente la disoccupazione e l'aumento delle miseria. Tanto più che anche ciò che nell'"Unione europea" potrebbe essere un progresso (moneta unica, abolizione delle frontiere, libera circolazione delle persone, lotta contro l'inflazione, ecc..) fa da pretesto ai vari governi per chiedere ancora più sacrifici alla popolazione lavoratrice.

Siamo quindi a favore di una lista comune LO-LCR, che si collochi sul terreno di un'opposizione radicale alla politica della destra, nonché a quella della "sinistra plurale". Questa lista affermerà che, per combattere la disoccupazione e le sue conseguenze, occorre attaccare decisamente i profitti capitalistici, e che solo l'intervento cosciente delle masse, il loro controllo sul funzionamento dell'economia, consentiranno di adoperare tale politica (cosa che abbiamo propagandata con la difesa di un piano di misure di emergenza nella campagna presidenziale del 1995 come in quella delle regionali del 1998).

Se abbiamo esaminato la possibilità di una lista comune, non è stato con la preoccupazione meramente elettorale di aumentare le nostre prospettive di ottenere degli eletti, le cui possibilità d'intervento al parlamento di Strasburgo saranno comunque molto limitate. Ma avrebbe un significato politico il fatto di varcare un'altra volta (dopo l'elezione presidenziale del 1995) l'ormai simbolica soglia del 5% e di dimostrare una volta di più che l'estrema sinistra, pur rimanendo molto minoritaria, raccoglie però un'ascolto crescente nella gioventù e i lavoratori. Non bisogna dimenticare che tali successi, anche relativi, diventano a loro volta un elemento di fiducia nelle idee dell'estrema-sinistra per i militanti operai, i lavoratori e i giovani combattivi. Oggi il Partito comunista, col pretesto del realismo, dà la sua garanzia alla politica del governo che non differisce, in fondo, da quella dei governi di destra. Questi successi, pur limitati che siano, dimostrano che una politica opposta a quella del PCF può trovare un'elettorato dalle dimensioni simili al suo.

In questa prospettiva, sarebbe positivo che dei comunisti rivoluzionari vengano eletti al Parlamento europeo, a prescindere da ciò che ci potrebbero fare concretamente, .

Certamente, a questo scopo avremmo potuto candidarci da soli alle elezioni europee, e forse avremmo varcato da soli lo sbarramento del 5%. Ma in caso di fallimento, mentre il totale dei voti raccolti da una lista LO e da una lista LCR avrebbe superato il 5%, tale atteggiamento dell'estrema-sinistra sarebbe risultato assolutamente incomprensibile alla stragrande maggioranza dei lavoratori e, invece di rafforzare il loro morale, l'incapacità dell'estrema-sinistra ad intervenire unita in questa occasione avrebbe potuto avere solo un effetto smobilitante e demoralizzante.

Durante quest'autunno, delle delegazioni delle nostre due organizzazioni si sono riunite più volte per mettersi d'accordo piuttosto facilmente sul testo che dovrebbe essere la dichiarazione d'intenti di una lista comune se le elezioni si svolgessero oggi (testo di cui gli avvenimenti ci possono costringere a cambiare qualche particolare tra oggi e il giugno 1999). Queste discussioni hanno portato ad un progetto soddisfacente che risponde ad una politica comune.

Ovviamente questo accordo non significa che le nostre due organizzazioni possono prevedere un'unificazione a breve o medio termine. Tale risultato non dipenderebbe, d'altronde, da una semplice discussione per un programma unitario.

L'unica cosa che potrebbe cambiare i termini della questione sarebbe una situazione nuova, una radicalizzazione importante delle lotte della classe operaia, una presa di coscienza di numerosi elementi di quest'ultima e della gioventù, che allora raggiungerebbero le organizzazioni rivoluzionarie, situazione che potrebbe rendere superate la maggior parte delle divergenze, il più delle volte tattiche, che separano le correnti che si danno lo scopo di costruire un partito rivoluzionario.

Ma fin tanto che siamo in una situazione (che dura da parecchi decenni) di piccoli gruppi estremamente minoritari che cercano di creare, gli uni un partito rivoluzionario proletario, gli altri un partito con un programma vago improntato "alla sinistra della sinistra", sono proprio queste divergenze tattiche e organizzative che ci separano. Ed è auspicabile che ognuno possa fare la sua esperienza e che le diverse politiche vengano difese e verificate in pratica, a condizione che questa esistenza separata non ci impedisca di avere un'apparizione comune, ogni volta che questo è necessario e possibile.

E, appunto, questo lo vogliamo fare nelle elezioni europee del 1999.

(11 dicembre 1998)