I risultati dell'estrema sinistra trotskista

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Da "Lutte de Classe" n°28 (Francia - Dopo le elezioni legislative)
Giugno 1997

L'estrema sinistra avrebbe raccolto 552000 voti secondo il giornale "le Monde" e 636984 voti secondo il ministero degli interni. In quanto a noi, aggiungendo i voti raccolti dal Partito dei lavoratori (PT), dalla LCR e dai candidati da lei sostenuti (fatta eccezione dei candidati del PCF), dalla "Voix des travailleurs" e da Lutte Ouvrière, arriviamo ad un totale di 582604 voti. Le organizzazioni che si riferiscono al trotskismo hanno raccolto una parte importante di questi suffragi : 553979 voti.

Queste variazioni sono la traduzione dell'inesattezza della classificazione all'estrema sinistra di alcune candidature che difficilmente possono essere considerate tali. Esemplare, ma non unico, è il caso di Jean-Claude Brard, ex-PCF, deputato e sindaco di Montreuil, nella Seine-Saint-Denis (periferia operaia di Parigi), che si è candidato in nome della CAP (Convenzione per un'alternativa progressista, che raggruppa alcuni ex-dirigenti del PCF attorno a Charles Fiterman) ma fu deputato del PCF per parecchie legislature e in quanto tale è oggi repertoriato nel gruppo parlamentare di questo partito. Sarebbe tanto più azzardoso considerarlo d'estreme-sinistra che certamente lui stesso non vorrebbe assumere tale classificazione.

Il Partito dei Lavoratori (PT-Parti des travailleurs, che rifiuta la classificazione all'estrema sinistra ma il cui nucleo è la cosiddetta frazione lambertista che si riferisce al trotskismo), presentava 121 candidati che secondo lui hanno raccolto un po' più di 50000 voti.

La LCR ha raccolto 70764 voti per i 134 candidati presentati sotto la sua etichetta. Ma sosteneva inoltre 20 cosiddette candidature "unitarie" di altre formazioni quali i Verdi, l'AREV (Associazione rossa e verde), la CAP, in più di 7 candidati del PCF, tra cui Guy Hermier, membro dell'Ufficio politico del PCF e capofila dei "rifondatori" di questo partito, o ancora Roger Meï, eletto recentemente nell'elezione parziale di Gardanne e rieletto questa volta. "Rouge", organo della LCR, può contare questi sette candidati del PCF nei "candidati 100% a sinistra" che sosteneva, ma non si può seriamente contabilizzare i loro risultati nel bilancio dell'estrema sinistra... e neanche considerare che ormai nel parlamento si dovrebbe annoverare tre deputati vicini dalla LCR e "100% a sinistra".

"Voix des Travailleurs" (Voce dei lavoratori), presente in venti circoscrizioni, ha raccolto 10077 voti.

Lutte Ouvrière, presente in 321 circoscrizioni ha raccolto 421877 voti, ossia il 75% dei voti dell'estrema sinistra documentati dal giornale "le Monde".

Questi risultati sono deboli. Nel paragone con le elezioni legislative del 1993, il PT da notizia di una leggera progressione, ma non fornisce elementi di valutazione. La LCR indica che "laddove erano soli, i rappresentanti della LCR ottengono una media dell'1,26% dei voti" e precisa a paragone che "i candidati che sostenevamo nel 1993 avevano ottenuto una media dell'1,08% dei voti". La LCR presentava e sosteneva allora solo 80 candidati.

I risultati di Lutte Ouvrière indicano una progressione più netta, poiché è mediamente dell'1% rispetto alle elezioni legislative del 1993, in cui eravamo presenti in 247 circoscrizioni invece di 321 questa volta. Otteniamo più del 2% in 301 di queste circoscrizioni, di cui 40 con più del 4% e 7 con più del 5%.

Per deboli che siano, questi risultati permettono di valutare e paragonare, alla loro scala, i riscontri avuti dalla politica di ognuna delle organizzazioni che si riferiscono al trotskismo. Le elezioni, che permettono di rivolgersi ad una frazione importante della popolazione (un po' più della metà dell'elettorato per Lutte Ouvrière), sono anche un mezzo, sebbene imperfetto, di verificare l'impatto delle idee e orientamenti di ciascuno.

Il Partito dei lavoratori (PT) ha deciso di partecipare a queste elezioni nella discrezione più assoluta, poiché il suo settimanale "Informations Ouvrières" non ha neppure dato notizia delle sue candidature, senza dare le ragioni di tale silenzio, e ha osservato la stessa discrezione in quanto ai risultati. E' solo per inciso che si poteva sapere che il PT aveva raccolto un po' di 50000 voti, dalla lettura in "Informations Ouvrières"di un articolo destinato a spiegare che il PT rifiuterà il finanziamento statale che ne risulta, e riverserà questo denaro ad un fondo di solidarietà ai militanti e vittime della repressione, fondo creato dal... PT.

Infatti la scelta del PT era stata di proseguire, come se niente fosse, la campagna per l'abrogazione del trattato di Maastricht lanciata prima dell'annuncio delle elezioni, che doveva concludersi il 31 maggio con una manifestazione nazionale a Parigi. Questa campagna è stata portata avanti accanto a qualche notabilità del PCF, tali il responsabile della federazione del Pas- de-Calais Remi Auchedé e l'assistente sindaco di Aubervilliers J-Jacques Karman, che in seno al PCF si collocano all'opposizione e gli rimproverano di mollare di fronte al trattato di Maastricht e alla collaborazione con il PS. Il PT costeggia anche su questo tema il Movimento dei cittadini (MDC) di Chevènement, i cui rappresentanti erano tra i firmatari dell'appello alla manifestazione del 31 maggio.

Sebbene il PT si sia deliberatamente collocato in margine di queste elezioni, questo non gli ha impedito di mettersi alla coda di alcune personalità e correnti riformiste che non hanno niente a che vedere con gli interessi della classe operaia e non incarnano, e ci manca, "l'indipendenza della classe operaia" di cui i dirigenti del PT si considerano, d'altro canto, i cavillosi difensori . Il "radicalismo" di tale campagna si limitava alla denuncia vigorosa di Maastricht, quale causa di tutti i danni presenti e futuri che gravano sulla classe operaia, e cioè si collocava esclusivamente sul terreno nazionalista. E' lo stesso terreno degli alleati di campagna del PT, quelli sorti dal movimento stalinista come quelli del movimento di Chevènement, oltreché il terreno del PT stesso, poiché una lettera pubblicata in "Informations ouvrières" dell'11 giugno e firmata dai principali dirigenti del PT, di cui Pierre Lambert e Daniel Gluckstein, affermava che questo trattato di Maastricht "consacra la fine della sovranità nazionale".

In quanto alla LCR, l'obiettivo da lei fissata nel corso del suo ultimo congresso, era di realizzare un raggruppamento di sinistra includendo il PS, l'MDC e i Verdi, di cui ovviamente anche lei sarebbe una parte. Il modo in cui aveva partecipato ai "forum" organizzati dal PCF nel 1996, le relazioni ostentate con i "rifondatori" del PCF e tra l'altro il loro capofila Guy Hermier, dimostravano quanto essa sperava di essere tra le componenti di tale coalizione, con la pretesa di esserne l'ala sinistra. E, diceva, per preparare tale prospettiva, la direzione della LCR aveva stabilito una piattaforma intitolata "intesa della speranza" ; la scelta di tale titolo era chiaramente destinata a non urtare gli eventuali alleati. La grande genericità dei dieci punti elencati in questa piattaforma, in conformità con il titolo, non si differenziava in niente dalle proposte del PCF, o almeno da quelle che questi difendeva prima delle elezioni.

Il procedimento della LCR non è una novità. E' solo l'ennesima variante dei tentativi di "ricomposizione" che cerca di elaborare, da un'elezione all'altra. Tale costanza nella ricerca di combinazioni e alleanze sempre abortite ha fatto sì che la LCR è stata assente di tutte le elezioni presidenziali dopo il 1974, sebbene queste elezioni siano un'occasione di fare conoscere una politica su scala nazionale e di verificarne l'udienza.

Nel 1981, la LCR non è riuscita a raccogliere le 500 firme necessarie per candidarsi, forse in mancanza di vera mobilitazione da parte della sua direzione, e in conseguenza dei suoi militanti, non molto entusiastici all'idea di candidarsi in concorrenza con Mitterrand, la cui vittoria secondo loro avrebbe scatenato una "dinamica" conforma alla loro visione di ciò che si era verificato nel 1936. Nel 1988, la LCR ha seguito le orme di Pierre Juquin che avevano appena rotto con il PCF, di cui era uno dei portavoci, e che si prometteva di rinnovare "il modo di fare politica". Quest'ultimo accettò volentieri il sostegno sollecito e senza controparte della LCR. E finalmente nel 1995, la direzione della LCR ha proposto fino all'ultimo il suo sostegno a Dominique Voynet, nonostante il suo rifiuto sprezzante e ripetuto.

Da parecchi anni -si può anche parlare di decenni- la LCR tenta di influenzare il discorso di quelli con chi lei vorrebbe allearsi, chiedendo di essere parte nei dibattiti necessari ad una chiarificazione delle idee a sinistra. Ahimè, il successo non c'è. Ma anche se fosse riuscita a modificare il discorso del PS o del PCF, per parlare solo delle principali componenti di quel raggruppamento, questo non cambierebbe niente. Il programma comune firmato dal PCF e dal PS, poi dai radicali di sinistra, nell'autunno del 1972, conteneva molto più promesse, ben più precise, che non ne contiene il programma (si fa per dire) portato avanti dal PS in queste settimane. In questo programma comune c'era molto più materia ad alimentare le speranze -o piuttosto le illusioni- dei lavoratori e degli elettori di sinistra che nei dieci punti dell''"intesa della speranza" della LCR. Abbiamo visto il risultato, nello stesso modo che potremo vedere rapidamente, nelle prossime settimane e prossimi mesi, cosa valgono gli impegni di Jospin e dei socialisti. Non si può incastrare gli opportunisti, di cui i riformisti di oggi sono solo i miseri fantasmi, con delle formule. Ma questa volta, non ci sono neanche formule !

Dobbiamo constatare lo stesso che la "ricomposizione", l'intesa ricercata dalla LCR, è finalmente nata... ma senza lei, e sotto forma di un governo che non si definisce d'"unione della sinistra" perché la formula ha piuttosto cattiva stampa, ma ne ha l'andatura.

La LCR certo non è responsabile di ciò che si è prodotto. Non controlla gli avvenimenti e le scelte di forze che non la prendono in considerazione. Invece, è responsabile nei confronti dell'ambiente che rappresenta, e al di là nei confronti di chi guarda all'estrema-sinistra, della cauzione che dà ai politici sedicenti di sinistra che oggi sono al governo : Chevènement, ex ministro nei governi socialisti e tra l'altro ministro della Difesa tra 1988 e 1991, e ormai ministro degli Interni ; Voynet, la stessa che appena due anni fa rifiutava con disprezzo l'appoggio della LCR e rifiutava di considerarsi di sinistra ; o Hue e Jospin. Il ruolo dei rivoluzionari non è di dare credito a tale gente, nemmeno con qualche riserva, nella loro falsa parte di rappresentanti degli interessi della classe operaia. E' invece di preparare i lavoratori ai loro tradimenti, alle loro future capitolazioni.

La LCR è dunque andata all'indietro a queste elezioni, lamentando la cattiva volontà dei suoi eventuali alleati, rassegnandosi a mettere in piedi con difficoltà, laddove era possibile, delle candidature "unitarie", qualche volta con l'AREV, qualche volta con la CAP o questo o quel rappresentante di un comitato locale, e in qualche caso con tutti alla volta. Nel campo elettorale queste candidature non hanno fatto la dimostrazione che permettevano di raccogliere più voti, poiché in più della metà delle situazioni in cui i candidati di Lutte Ouvrière erano confrontati a queste candidature unitarie, hanno ottenuto risultati migliori, e nella maggior parte degli altri le seguono di poco. La dimostrazione che "l'unità" in un accordo circostanziale, politicamente ambiguo, avrebbe avuto almeno il merito di pagare elettoralmente, non è stata fatta a dispetto di quanto credono, e ripetono, i dirigenti della LCR.

La LCR ha caratterizzato la campagna di Lutte Ouvrière, almeno prima dei risultati, come impressa di un "anticapitalismo astratto", o perfino di un anticapitalismo "disincarnato". Questo rimprovero non è nuovo. La LCR l'aveva già espresso per l'elezione presidenziale del 1995. Tutto sommato, meglio vale per i rivoluzionari fare una campagna anticapitalista, anche astratta, che schierarsi come lo fa la LCR dietro chi denuncia il "liberalismo" o "l'ultraliberalismo" solo per evitare di prendersela con il capitalismo stesso. Ma che cosa c'è d'astratto nel fatto di fare propaganda per il divieto di licenziare, per il controllo dei conti delle imprese e dei loro dirigenti, e di denunciare l'atteggiamento dello Stato nei confronti del padronato e dei lavoratori ? I compagni della LCR contrappongono il nostro procedimento al loro, che consiste nell'interpellare -invano- le forze di sinistra, per iscriversi -dicono- in una dinamica che consentirebbe all'estrema-sinistra di giocare il ruolo di stimolo, e condanna infatti la LCR ad essere la famosa mosca cocchiera... di una vettura che rifiuta di andare nella buona direzione.

Il nostro approccio mira a pesare sugli avvenimenti, allo scopo di aprire delle prospettive alle lotte dei lavoratori, diverse dai vicoli ciechi proposti dalle direzioni riformiste. Utilizzare le elezioni per pesare sulle forze che, di destra come di sinistra, dominano la vita politica, può aiutare ad andare in questa direzione. Per questo occorre cogliere tutte le occasioni -e le elezioni ne sono una, tra le altre- per fare la dimostrazione, non solo che i rivoluzionari sono presenti, bensì che le loro idee e le loro proposte si differenziano da quelle dei riformisti, e trovano un sostegno nella popolazione.

E' in questo modo, sebbene non sia l'unico e neanche quello più decisivo, che si contribuisce a costruire il rapporto di forze tra i rivoluzionari e gli avversari dei lavoratori, di destra o di sinistra.

I risultati ottenuti da Lutte Ouvrière, sebbene inferiori a l numero dei voti ottenuti da Arlette Laguiller nell'elezione presidenziale del 1995 -ma le condizioni delle elezioni legislative sono diverse- segnano un progresso limitato ma significativo.

Questi risultati sono insufficienti per potere pesare sulla situazione politica, ma dimostrano che le idee che difendiamo conquistano un credito in una parte dell'opinione operaia. Tale credito, pensiamo, potrà aiutare i rivoluzionari a giocare la loro parte nell'orientazione delle future lotte della classe operaia.

La scelta del nostro intervento in queste elezioni, la politica che abbiamo portata avanti in questa campagna e nelle campagne elettorali precedenti, si inseriscono in questa prospettiva