La presenza di ministri "comunisti" in un governo dell'immediato dopoguerra può certo sorprendere. Il PCF non la deve soltanto al numero dei propri elettori. La impone De Gaulle nel 1944, sia alla borghesia francese che all'imperialismo americano. "L'alleanza" coi comunisti è uno dei più importanti elementi della sua politica d'indipendenza.
Essa gli dà l'appoggio popolare indispensabile perché possa realizzare l'unanimità nazionale intorno al suo governo e si possa così imporre nei confronti degli USA.
Tale politica è, ovviamente, resa più facile dalla situazione internazionale. In previsione della fine della guerra e degli eventuali disordini che potrebbero accompagnarla, l'alleanza militare tra gli USA e l'URSS si è trasformata in un vastissimo connubio controrivoluzionario che mira a mantenere l'ordine per mezzo dell'occupazione militare nell'Europa "liberata".
Benché la partecipazione di ministri comunisti al governo di un paese della zona d'influenza occidentale non piaccia molto agli americani, essa non contraddice però la strategia internazionale che ufficialmente proclamano.
In quanto al PCF, sta vivendo momenti eccezionali. Può conciliare apertamente la sua vocazione nazionalista e la fedeltà a Mosca. Può nello stesso tempo servire la politica internazionale del Cremlino ed essere "reintegrato" nella comunità nazionale francese.
Sta quindi adoperandosi a dimostrare alla borghesia francese che è un vero partito di governo, un partito responsabile che entra lealmente nel gioco della "democrazia" borghese.
De Gaulle gli renderà omaggio in questi termini nelle sue Memorie (tomo 3: La salvezza) : "Sicuramente, giorno dopo giorno, i comunisti gareggeranno in promesse e moltiplicheranno le invettive. Tuttavia non tenteranno nessun movimento insurrezionale. Meglio, mentre sarò al governo, non ci sarà neanche uno sciopero"."In quanto a Thorez, pur sforzandosi di fare andare avanti gli affari del comunismo, renderà servizio in più occasioni all'interesse pubblico. Fin dall'indomani del suo ritorno in Francia, aiuta a porre fine agli ultimi resti delle milizie patriottiche, che alcuni dei suoi, si ostinano a mantenere in una nuova clandestinità. Nella misura in cui glielo consente l'oscura e dura rigidità del suo partito, si oppone ai tentativi di scavalcamento dei Comitati di Liberazione e alle violenze che dei gruppi sovreccitati cercano di attuare. A quelli numerosi - tra gli operai, specialmente i minatori, che ascoltano le sue arringhe, dà senza tregua la consegna di lavorare tanto quanto è possibile e di produrre, costi quel che costi".
Ma se De Gaulle ha potuto fin dal 1944 appoggiarsi al PCF per tentare di affermare una relativa indipendenza dall'imperialismo US, se ha pagato tale appoggio con qualche posto ministeriale e sostanziosi vantaggi sindacali, la borghesia francese nel suo complesso continua a diffidare dei "comunisti" ed a accettarli soltanto come un male necessario e eminentemente transitorio.
I legami con Mosca li rendono tanto sospetti che, passato il periodo critico dell'immediato dopoguerra e della restaurazione dell'ordine, la santa alleanza contro rivoluzionaria URSS-USA, divenuta meno utile, comincia naturalmente a incrinarsi.
L'11 marzo 1947, in un discorso rimasto famoso, Truman, presidente degli Stati Uniti, indica la nuova tonalità delle relazioni internazionali, protestando contro "la coercizione e i procedimenti attuati in Polonia, in Romania e in Bulgaria", e annunciando la sua intenzione di aiutare "i popoli liberi che resistono attualmente alle manovre di qualche minoranza armata o alla pressione comunista".
Il piano americano di aiuto all'Europa annunciato nel frattempo, il piano Marshall, sta d'altronde per precipitare l'evoluzione verso ciò che verrà chiamato più tardi la "guerra fredda".
Di questo piano Marshall si parla già in Europa, nel marzo 1947. Una parte sempre più importante della borghesia francese guarda, in effetti, verso gli USA. De Gaulle, l'uomo della politica d'indipendenza nei confronti dell'imperialismo americano, ha dato le dimissioni nel gennaio 1946. Il suo abbandono non ha cambiato nulla di fondamentale nella politica interna, né nella politica estera francese. Il tripartitismo, ossia la coalizione PCF-PS-MRP che gli è succeduta rappresentava non soltanto la "sacra unione" di tutti i partiti che si sono fatti difensori dell'ordine borghese per rimettere in piedi il capitalismo francese, ma anche la volontà, da parte di questo ultimo, a proseguire la stessa politica nei confronti dell'URSS e degli USA per salvaguardare la propria indipendenza. Ma nel 1947 la situazione del capitalismo francese gli permette di esaminare la possibilità di accettare il piano Marshall, senza rischiare di doversi sottomettere, corpo e anima, all'imperialismo USA. Tanto più che la rinascente tensione Est-Ovest non può che incitarlo a rendere più stretti i legami con gli onnipotenti USA.
Nell'ambito del nuovo rapporto di forze che sta per instaurarsi nel mondo, la presenza di ministri comunisti nel governo borghese di un paese occidentale diventa sempre più anacronistica. Da questo punto di vista, l'esclusione dei ministri PCF, seppure non era ancora all'ordine del giorno nell'aprile-maggio 1947 è tuttavia già iscritta nell'evoluzione dei rapporti internazionali che porterà alla rottura Est-Ovest nel 1948.
Lo sciopero Renault anticiperà in qualche modo questa evoluzione.