Testo del discorso di Arlette Laguiller allo "Zenith" di Parigi, il 6 giugno 1999

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Documenti sulle elezioni europee del 1999 in Francia
Giugno 1999

Lavoratrici, lavoratori

Comincio così tutti i miei discorsi perché voglio rivolgermi a tutte quelle e tutti quelli che hanno solo il loro lavoro per vivere. Ovviamente, intendo anche gli anziani, i pensionati, tutti quelli che sono stati sfruttati tutta la loro vita e che sono oggi costretti a vivere con una pensione sempre più ridotta da prelievi come la CSG (Contributo Sociale Generalizzato), con i quali tutti i governi successivi hanno cercato di sopraffarli. Intendo anche parlare della gioventù del mondo operaio, che prova sempre più difficoltà ad entrare nella vita attiva altrimenti che penando per ottenere piccoli lavori e contratti precari. E chiaramente, intendo anche parlare dei disoccupati, di questi milioni di lavoratrici e lavoratori che un'economia demente condanna all'inattività totale o parziale e alla precarietà. Sono i loro interessi e solo questi, che difendiamo in queste elezioni.

Sì, siamo tra quelli che non hanno abbandonato il linguaggio della lotta di classe. Perché malgrado tutto quello che ci viene detto, non solo la lotta di classe esiste, ma la borghesia la conduce con ferocia.

La divisione della società in classi, raramente è stata così evidente come oggi. Ognuno può constatare che il reddito del lavoro è in regresso catastrofico per causa della disoccupazione, della generalizzazione del lavoro precario e del blocco dei salari, mentre i redditi del capitale aumentano in modo scandaloso.

Le grandi imprese annunciano tutte, o quasi tutte, profitti arroganti. Patrimoni considerevoli si sono costruiti in pochi anni. Quanti avventurieri della borghesia, quali Arnault, Pinault, Bolloré, si sono tagliati imperi col ricomprare imprese a basso prezzo, facendo tagli nel loro organico, trasformando lavoratori in disoccupati, con l'incoraggiamento dei poteri pubblici. Incoraggiamenti in contanti, perché in generale, è lo Stato, con sussidi ed aiuti finanziari che permette agli imbroglioni del grande capitale di trasformare le imprese in fallimento in imprese redditizie.

Ma è l'insieme della borghesia che ha conosciuto, nel corso di questi ultimi anni, un periodo di arricchimento come ne ha conosciuti raramente nella sua storia.

Le grandi dinastie borghesi dimostrano da parecchi anni un aumento annuale del 20, del 30 %, addirittura di più, delle loro fortune. Ma perfino la fanteria della classe privilegiata ha approfittato di questi anni, che sono stati così duri per la classe operaia.

Il vincolo è diretto tra gli alti profitti delle imprese, l'arricchimento di una minoranza privilegiata e dall'altra parte la situazione deteriorata del mondo del lavoro. E' in nome del rendimento finanziario che le grandi imprese licenziano o sopprimono posti di lavoro.

Per esempio, annunciando la volontà di raddoppiare i suoi profitti, la società petrolifera Elf ha deciso di sopprimere quasi 2000 posti di lavoro, tra i quali 800 nella città di Pau.

E tra i lavoratori cacciati fuori, ci sono operai e tecnici, così come ingegneri e informatici altamente qualificati. Il che, ne approfitto per dirlo, risponde alla domanda che ci viene fatta così spesso, di sapere chi fa parte della classe operaia. Ebbene, Elf fa la dimostrazione che, secondo il padronato, dal manovale all'ingegnere, siamo tutti solo carne da profitto, cacciati fuori appena questo pensa sia il suo interesse. Ecco perché tutti quelli che cercano di dividerci sono nemici nostri.

Ci dicono che viviamo in democrazia. Il Presidente della Repubblica, i deputati e sindaci sono eletti da noi. Ma, dal giorno in cui Elf ha deciso da sovrano di sopprimere alcune centinaia di posti di lavoro e di chiudere uno stabilimento come si sbatte la porta di una macchina, i deputati ed i sindaci della regione, qualunque siano le loro idee politiche, sono ridotti a firmare petizioni e a comprare inserti pubblicitari nei giornali per spiegare le catastrofiche conseguenze dei progetti di Elf per la città di Pau e per tutta la regione, confessando la loro impotenza. Perché la decisione non appartiene agli eletti. Appartiene a un consiglio di amministrazione il cui funzionamento è occulto, che non è né eletto né responsabile nei confronti di nessuno, eccetto nei confronti dei grossi azionisti dell'impresa sua. Ed è lo stesso per le Renault, Peugeot-Citroën, Michelin, Alcatel, Usinor e tante altre tra tutte le grandi imprese del paese.

Ebbene è proprio questo potere che bisogna togliere ai padroni !

In queste condizioni, come si può non essere schifati ascoltando François Hollande, che guida la lista del Partito Socialista, rimpiangere l'atteggiamento di Elf in un discorso elettorale e fare finta di compatire per i futuri licenziati.

Ma il suo partito è al potere ! Come mai Jospin non vieta all'impresa Elf e alle altre di licenziare ?

Contro le catastrofe naturali, ci sono piani d'emergenza. Lo Stato si da i mezzi per intervenire a favore di una regione sinistrata o minacciata di esserlo. Allora, perché il governo non interviene per impedire il sinistro che un irresponsabile consiglio d'amministrazione sta per provocare ? Questa è volontaria non assistenza a persone in pericolo !

Il costo del mantenimento dei posti di lavoro rappresenta solo una piccola frazione dei giganteschi profitti di Elf. Anzi, sarebbe un uso del denaro più conforme agli interessi della società, invece di spenderlo per comprare uomini politici, ministri, e di mantenere coi soldi della corruzione un piccolo ceto che la presenza di alcuni alti personaggi dello Stato non rende meno fetide !

Ecco la causa della disoccupazione. Ecco perché sei milioni di donne e uomini sono condannati in questo paese a sopravvivere con sussidi sociali minimi. A patto però di avere compiuto 25 anni, poiché prima non si ha diritto a niente. Ecco come ci fanno tornare decine d'anni indietro, sotto l'aspetto sia morale che materiale. Ecco come si generalizza la miseria. Mentre la Borsa e le banche giocano con i miliardi, i lavoratori sono trasformati in disoccupati, i disoccupati in poveri, ed un crescente numero di poveri sono buttati sul lastrico e perdono perfino la loro casa.

Ma l'aumento della disoccupazione significa anche una pressione maggiore su quelli che lavorano. Significa che il numero di quelli che sono in situazione di mettere il coltello alla gola del padronato diminuisce. La disoccupazione e la pressione che esercita mettono il padronato in situazione di aggravare le condizioni di lavoro, di aggirare e poi privare di senso quello che, nella legislazione sociale, protegge un po' i lavoratori.

I disoccupati che protestano per difendersi hanno ragione di farlo. Ma sul problema della disoccupazione, si potranno fare indietreggiare il padronato ed il governo, solo se quelli che lavorano e producono lottano. Questo perché anche se i borghesi fanno e disfanno fortune in Borsa, la ricchezza che si dividono viene lo stesso dalla produzione, cioè dallo sfruttamento dei lavoratori.

E tra le classi popolari e i poveri, la disoccupazione favorisce l'aumento della disperazione e dello scoraggiamento. E, ciò che forse è peggio, questo favorisce di per sé l'aumento delle idee reazionarie, idee razziste, credenze irrazionali, integralismi religiosi, che sono reazionari e stupidi, dividono i lavoratori tra di loro e li distolgono dalle battaglie da condurre.

Ma sono certa che abbiamo ancora mezzi per cambiare il rapporto di forze. La classe operaia ha preso gravi colpi nel campo sia materiale che della coscienza politica, ma non ha subito nessuna grave sconfitta.

Il governo della "sinistra plurale" attua esattamente la stessa politica antioperaia che i suoi predecessori di destra. I dirigenti del Partito Comunista mi rimproverano di non vedere differenze tra il governo Jospin e quello di Juppé.

Invece queste differenze le vedo ! I Juppé, Sarkozy, senza poi parlare di quelli che stanno ancora più a destra, sono i naturali portavoci dei possidenti grandi o piccoli. Sono apertamente reazionari e antioperai, ma quelli che danno loro il voto lo fanno con cognizione di causa. Per quanto riguarda Jospin invece, esso sta al governo perché ha beneficiato, in modo diretto o con l'aiuto del Partito Comunista, dei voti dei lavoratori ! E' ancora più indegno e rivoltante che il governo Jospin sia così servile nei confronti del grande padronato, per difendere gli interessi della borghesia e così antioperaio nei suoi provvedimenti di quanto lo era il governo di Juppé !

Nella sua campagna elettorale ufficiale, il Partito Socialista ha avuto la sfacciataggine di denunciare l'Europa dei 18 milioni di disoccupati e dei 50 milioni di poveri. Ma qui in Francia, cosa ha fatto il governo della sinistra plurale, socialisti, comunisti e verdi, per porre fine alla disoccupazione ? Pochissimo ! Gli impieghi giovanili (analoghi ai lavori socialmente utili creati in Italia) hanno permesso a 170 000 giovani di trovare un lavoro, pure precario, ed è tanto meglio per loro. Ma si tratta di impieghi provvisori e soprattutto, in quantità irrisoria rispetto all'ampiezza della disoccupazione. E l'azione del governo contro la disoccupazione si ferma qui.

Malgrado le affermazioni di una chiassosa campagna mediatica, la disoccupazione diminuisce solo nelle statistiche manipolate, mentre la precarietà aumenta.

Peggio, accettando i piani di soppressioni di posti di lavoro del padronato, il governo incoraggia le grandi imprese a creare disoccupati. Ha aggravato se stesso la disoccupazione in modo diretto, col riprendere per conto suo la politica della destra che consiste nel ridurre l'effettivo ed i crediti per la sanità, l'educazione, i trasporti pubblici.

Per il resto, la politica della sinistra è simile. Ha realizzato più privatizzazioni di quanto ne avevano fatte i governi di Balladur e Juppé riuniti e continua a smantellare i servizi pubblici indispensabili alla popolazione.

Diminuisce i rimborsi della previdenza sociale e prepara l'attacco contro le pensioni. Prima delle elezioni legislative, la sinistra aveva promesso di ridurre l'IVA, aumentata dalla destra. Non ha mantenuto questa promessa.

La legge Aubry sulle 35 ore di lavoro è un ottimo esempio. La prima legge era già un regalo per il padronato, poiché dava la possibilità d'imporre una più grande flessibilità degli orari di lavoro, cioè il diritto per il padrone di imporre gli orari che vuole, senza neanche pagare straordinari. Non solo questo non creerà posti di lavoro, bensì finirà col sopprimerne, poiché la meta dell'operazione è di permettere al padronato di affrontare i sobbalzi della produzione senza dover reclutare. Ed ecco che con la seconda legge, il governo sta per ridurre gli oneri sociali sui salari inferiori ai 12 000 franchi al mese. E siccome i padroni non la smettono di lamentarsi, perché sanno di essere ascoltati, probabilmente ci saranno altri regali.

I lavoratori sono gli unici ai quali non si fanno regali.

Da più di vent'anni, tutti i governi hanno moltiplicato i ribassi degli oneri sociali o gli sgravi fiscali per i padroni, sotto il pretesto di "incitarli" a creare occupazione. Questo non funziona. Ognuno può constatarlo. Ma il governo Jospin prosegue su questa strada perché è meno preoccupato di lottare contro la disoccupazione che di permettere ai capitalisti di arricchirsi di più.

Ecco perché, dopo due anni di governo della "sinistra plurale", i ricchi sono ancora più ricchi e i poveri più numerosi.

E la gente che attua questa politica vorrebbe che i lavoratori votassero per lei ! Ma ci prendono in giro !

Allora sì, bisogna dare una battuta d'arresto e costringere il governo a cambiare politica.

La principale ragione d'essere della nostra lista è di permettere ai lavoratori, all'elettorato popolare che non sopporta più, che non accetta più la politica che gli è imposta, di pronunciarsi sull'insieme delle misure di emergenza suscettibili di porre fine alla disoccupazione.

Queste misure sono evidenti :

Bisogna vietare i licenziamenti alle grandi imprese, sotto pena d'immediata espropriazione, senza indennità né riacquisto.

Bisogna che lo Stato smetta di sopprimere ospedali, reparti di maternità nelle piccole città e dispensari. Deve smettere di sopprimere linee ferroviarie, smettere di chiudere classi nelle scuole. Deve smettere di applicare ai servizi pubblici la nozione di rendimento, il che è un'assurdità per l'educazione, un orientamento nocivo per i trasporti e rivoltante nel campo della sanità !

Invece di diminuire l'organico dei servizi pubblici, bisogna al contrario che lo Stato assuma nuovi lavoratori ovunque quest'organico è drammaticamente insufficiente. E' questo l'interesse dei lavoratori dei servizi pubblici, ma anche l'interesse di tutti gli utenti, è quello della stragrande maggioranza della popolazione.

E poi, da tanti anni, la costruzione di alloggi popolari ristagna o è in regresso. Non si può tollerare che ci siano tante persone che vivono in tuguri o senza tetto. Il diritto alla casa è il diritto alla vita. Genitori che abbandonano un figlio, è una cosa ignobile, ma spesso è il frutto della miseria e della decadenza, e tale atto viene pesantemente condannato dai tribunali, in particolare del resto, quando è la madre ad essere in causa. Ma un paese, un governo che abbandona centinaia di migliaia dei suoi figli sul lastrico, o ai tuguri, deve essere condannato molto di più : è molto peggio di un prefetto che ordina di bruciare un ristorante di spiaggia in Corsica, eppure non indigna né la destra, né la sinistra e nessuno chiede un voto di censura a proposito dell'assenza di politica a favore delle persone che non hanno un alloggio decente.

Bisognerebbe che lo Stato, senza rivolgersi agli avvoltoi dell'edilizia, si prendesse la carica della costruzione d'alloggi, e del resto di tutto quello che vi è collegato, vale a dire gli impianti collettivi, i locali per i giovani, ecc.

Bisogna che lo Stato assuma se stesso muratori, architetti, manovali, tecnici, senza arricchire nello stesso tempo proprietari, promotori o imprese edilizie.

Allora sì, ci sono tante cose da fare. Si possono impiegare tutte le categorie di lavoratori, dai manovali ai più diplomati. E nessuno venga a dirci che non ci sono soldi, che il bilancio è già troppo difficile da pareggiare !

Lo Stato potrebbe disporre immediatamente di centinaia di miliardi, semplicemente abolando tutti i sussidi, tutti gli aiuti che il governo, le regioni, i dipartimenti, le comuni danno ai capitalisti affinché questi gli facciano il favore di creare l'occupazione che appunto non creano !

La fiscalità è un vero scandalo. Negli incassi dello Stato, l'imposta sul reddito, unica imposta un po' proporzionale, rimane molto inferiore all'IVA e alla CSG. Per quanto riguarda la tassa sulle grandi fortune, dà meno rendimento del canone tivù... Mai come oggi sono state così vere le parole dell'Internazionale : "Le tasse dissanguano i poveri" !

Allora, sono i redditi del capitale che bisogna tassare pesantemente e l'IVA sui prodotti di base che bisogna sopprimere.

Invece di diminuire le spese della previdenza sociale, incluse quelle che sono indispensabili, bisogna ripristinare le sue risorse col riportare i contributi padronali al livello precedente, molto più alto. Bisogna sopprimere la CSG sui salari più bassi e sulle pensioni. Bisogna, invece, estenderla tra l'altro ai grossi redditi del capitale, addirittura con forte progressività.

Tutte queste misure sono semplici misure di sopravvivenza. Ma queste rivendicazioni, anche soddisfatte, rimarrebbero senza futuro se non si imponessero delle misure che ne garantiscano l'efficienza e la durata e facciano diminuire rapidamente la disoccupazione.

Bisogna rendere pubblici la contabilità di tutte le grandi imprese ed i conti dei loro grandi azionisti. Bisogna che si sappia ciò che guadagnano, ciò che pagano e a chi. Bisogna poter vedere qual'è la parte dei salari, qual'è la parte dei profitti, qual'è il dividendo pagato dalle imprese agli azionisti, quanto pagano alle banche. Questo permetterebbe di mettere tutte le loro piccole ruberie alla luce del sole, ma anche di chiudere i rubinetti della corruzione.

Bisogna togliere al gran padronato questo diritto sovrano di disporre come vuole del denaro e dei profitti che derivano dal lavoro di migliaia e migliaia di lavoratori.

Sarebbe, questo, un danno alla libertà di intraprendere ? Questa gente grida alla politica autoritaria quando si vogliono imporre alcune regole, forse fare pagare loro il poco di tasse che debbono. Ma quando un padrone chiude l'impresa e licenzia, con conseguenze drammatiche per gli operai, non è forse una misura autoritaria ? Quando il governo ed il padronato impongono il blocco dei salari, non è forse una misura autoritaria ? E come mai non si potrebbero bloccare i redditi del capitale per non bloccare i salari ?

Questa gente decide senza controllo della vita degli altri. Protetti dal segreto commerciale come lo sono, rubano ai consumatori ed allo Stato. Tutto questo, secondo loro, è democrazia. E toccare a tutto questo sarebbe un'autoritarismo insopportabile. Ma quando va male per loro, sono tra i primi a rivolgersi allo Stato.

Sì, è tempo di imporre al gran padronato delle misure autoritarie per impedirgli di rovinare la società con l'aumento della disoccupazione.

E questo non è un semplice programma elettorale, è innanzitutto un'insieme di obiettivi di lotta per i lavoratori. Perché tutta la storia del passato lo attesta : nessuno regala niente ai lavoratori, e tutte le cose importanti da noi ottenute, le abbiamo ottenute dalla lotta !

E i nostri obiettivi sono uguali per l'Europa e per il paese.

Perché il problema essenziale per i 150 milioni di lavoratori d'Europa non è di sapere come rendere meno brutte le attuali istituzioni europee, pur conservandole, o se bisogna mantenere un'esercito europeo contro i popoli, ma come porre fine alla disoccupazione e alla degradazione delle condizioni d'esistenza dei lavoratori.

Su scala del paese, come su scala dell'Europa, l'unico modo di riassorbire la disoccupazione, sta nel costringere il padronato a dedicare una parte dei suoi profitti al finanziamento dei posti di lavoro utili che mancano.

Ma, ovviamente, abbiamo altre rivendicazioni da portare avanti.

Oggi, per esempio, i padroni si servono delle differenze di salario tra i vari paesi d'Europa per dividere, per brandire la minaccia della delocalizzazione. Questo è solo ricatto ! Ma l'unico modo di rovesciarlo è di battersi per allineare i salari minimi, ovunque in Europa, sul livello più alto, e di unificare dappertutto la legislazione del lavoro e le norme contrattuali al livello più interessante per tutti.

Rivendichiamo anche la soppressione di tutte le disuguaglianze, di tutte le segregazioni, in funzione delle origini o della nazionalità. Rivendichiamo gli stessi diritti per tutti i lavoratori, nati in Europa o immigrati, e la regolarizzazione di tutti i "senza visto". Siamo tutti discendenti di immigrati, basta risalire nel tempo. La classe operaia in Francia è formata da lavoratori di ogni origine. Nelle fabbriche, negli uffici e sui cantieri, producono tutti per la stessa economia e sono sfruttati dagli stessi capitalisti, qualunque sia la loro lingua o il colore della loro pelle. Gli unici che sono estranei al mondo del lavoro sono la minoranza di parassiti che sfruttano i lavoratori !

Combattiamo anche, ovviamente, la discriminazione in funzione del sesso, rivendicando l'uguaglianza reale dei salari ed opponendoci a tutte le regole giuridiche ed a tutte le difficoltà economiche che vietano il diritto elementare per le donne di disporre del proprio corpo, di ricorrere all'aborto se ne fanno scelta.

Tutte queste rivendicazioni mirano ad unificare le condizioni di salario e le condizioni d'esistenza dell'insieme delle lavoratrici e lavoratori d'Europa, e così a contribuire a fare sì che tutti quelli dell'Unione europea si sentano parte di una stessa classe operaia.

Perché la chiave dell'avvenire si trova nella capacità della classe operaia d'Europa di riprendere fiducia in se stessa, di ritrovare la combattività per contestare il potere senza controllo del gran padronato sull'economia.

L'Europa che hanno costruita non è fatta per i lavoratori. E' concepita per accrescere i profitti delle multinazionali europee a danno dei loro salariati, ed anche grazie alla miseria dei popoli dei paesi più poveri e del terzo Mondo.

E anche a danno dei consumatori, come ce l'ha appena ricordato il caso di questo prodotto di gran consumo quale il pollo alla diossina. Dopo il tortuoso caso della mucca pazza, questo nuovo caso ci ricorda che le pignole regolamentazioni delle istituzioni europee in materia mirano innanzitutto ad armonizzare le condizioni della concorrenza tra i consorzi agroalimentari, e non a proteggere i consumatori contro la sete di profitti di questi consorzi. E adesso la stessa cosa va avanti con la carne di maiale. Per fare un po' più di soldi, questa gente è pronta a giocare con la salute dei consumatori. E per nascondere i loro misfatti, si rifugiano dietro il segreto commerciale ! Allora non c'è ragione di lasciarli avvelenarci !

E poi, la loro Europa, è anche ciò che succede nell'ex-Jugoslavia.

Non voglio ripetere ciò che ha detto Alain Krivine sul Kosovo. Al contrario di tutti i guerrafondai riuniti in una vergognosa sacra unione, destra e sinistra insieme, abbiamo protestato sin dall'inizio, contro l'infamia della pulizia etnica di Milosevic e contro il bombardamento della Serbia e del Kosovo da parte delle grandi potenze. Se queste grandi potenze avessero dedicato tutto il denaro speso in missili, bombe, aerei o navi da guerra, per fare uscire i Balcani dalla povertà e dal sottosviluppo ; se non avessero spinto, in tutto il passato, le peggiori forze nazionalistiche l'una contro l'altra, questa regione d'Europa non sarebbe nella sua situazione di oggi.

Non so su che cosa sboccheranno le negoziazioni cominciate per porre termine alla guerra. So che ci sono state migliaia di morti e che alcune città della Serbia sono state trasformate in un campo di rovine ; che il Kosovo, che le grandi potenze pretendevano aiutare, offre l'immagine di un paesaggio lunare, dove ciò che resta dei Serbi e dei Kosovari albanofoni prova a sopravvivere nelle macerie.

So anche che i ponti, le costruzioni, le infrastrutture distrutte faranno la fortuna di tutti i Bouygues d'Europa e d'America, che già si precipitano come sciacalli sui contratti di ricostruzione. Ma questo porterà ad un indebitamento mortale della Serbia e del Kosovo, già poveri. In quanto all'Albania, alla Macedonia e al Montenegro, ancora più poveri, non avranno neanche la possibilità di indebitarsi, perché nessuno pensa che qualche giorno potranno rimborsare. Le grandi potenze che hanno costretto questi paesi a sopportare da soli il fardello dell'accoglienza ai profughi, li lasceranno ancora più sprovvisti che mai.

So anche che una parte di queste centinaia di migliaia di profughi kosovari che le grandi potenze si sono rifiutate di accogliere, non potrà tornare nel Kosovo. Perché se è vero che le grandi potenze manderanno delle truppe nel Kosovo, continuano a negare agli abitanti di questa regione il diritto di disporre del loro proprio destino collettivo, incluso il diritto all'indipendenza se lo vogliono.

E so infine che per tutti i paesi dei Balcani ci vorranno anni per rimettersi, sia dal punto di vista materiale che politico, dalla situazione catastrofica che il cosiddetto "aiuto" dell'Occidente imperialistico non ha fatto altro che peggiorare.

Allora, posso solo provare uno sdegno senza limiti contro la coppia Chirac-Jospin che ha condotto questa guerra in compagnia dei suoi compari delle altre grandi potenze ; non posso provare altro che disprezzo nei confronti dei politici che l'hanno sostenuto e giustificato, dalla destra alla sinistra, passando dai Verdi che sono pacifisti solo quando non c'è la guerra.

In quanto all'unificazione dell'Europa, sì, come comunisti, come internazionalisti, siamo favorevoli ; e non solo per la parte occidentale dell'Europa. Siamo per gli Stati-Uniti socialisti d'Europa, ma con questa parola non intendiamo questa coalizione di governi socialisti che, da Jospin a Tony Blair, certamente non faranno, su scala dell'Europa, meglio della politica antioperaia che ognuno conduce a casa sua.

Siamo per un'Europa senza frontiere, e ciò è perfettamente compatibile con la massima decentralizzazione sia regionale che locale, così come è compatibile con il diritto di ogni popolo di gestire i propri affari. E quando parlo di popoli, non penso all'attuale divisione del continente dove i confini risultano da un passato di guerre, di massacri e pulizie etniche. Un'Europa davvero unificata potrebbe permettere a dei popoli oggi sparpagliati tra parecchi Stati di costituire delle comunità uniche, che decidano del proprio destino, pur facendo parte di una comunità europea più vasta le cui risorse verrebbero messe a disposizione di ogni comunità.

Siamo per un'Europa veramente democratica, il che implica un controllo dal basso verso l'alto, e anche l'elezione e la revocabilità di tutti i responsabili a tutti i livelli e ad ogni momento.

L'Europa, oggi, non è democratica, perché dietro queste istituzioni, europee e nazionali, il vero potere appartiene a gruppi finanziari ed industriali che nessuno può controllare.

Lavoratrici, lavoratori,

L'interesse principale delle elezioni del 13 giugno è di permettere all'elettorato popolare di dare il suo parere sulla politica del governo, e sulla politica di quelli che vorrebbero governare domani. Nessun lavoratore cosciente può dare il suo voto all'una o all'altra delle liste di destra, perché votare per loro sarebbe votare direttamente per il padrone. A maggior ragione, anche tagliata in due parti dai fratelli siamesi Le Pen-Mégret, l'estrema destra rappresenta la peggiore minaccia per i lavoratori come per la società.

Ma votare per le liste della "sinistra plurale" col pretesto di votare contro quelle della destra o dell'estrema destra, sarebbe approvare tutta la politica ripresa da Jospin a Juppé e Balladur.

Le campagne elettorali spingono chi governa a promettere di fare domani ciò che non ha fatto ieri e non fa oggi. Il Partito Socialista parla come se fosse nell'opposizione e dichiara la sua volontà di un'Europa sociale con meno disoccupazione. Il Partito Comunista e i Verdi, altre componenti del governo, affermano che ormai faranno sentire le loro differenze, pur rimanendo al governo.

Ma la cultura della differenza dura solo qualche tempo, il tempo di una campagna elettorale. Dopo ci sarà l'unanimità, o un silenzio di complicità, dei ministri e dei deputati.

Vorrei rivolgermi particolarmente alla gioventù, innanzitutto alla gioventù operaia, alla quale l'attuale società non lascia altre speranze che una vita di sfruttamento, e per chi anche questa vita di sfruttamento, cioè avere un lavoro, risulta molto spesso un sogno inaccessibile.

Ma dico a questa gioventù operaia che i paradisi artificiali o la violenza sterile non sono una scappatoia. E tanto meno il ripiegamento etnico o religioso, o la falsa solidarietà demagogica dei vari integralismi.

Diciamo ai giovani lavoratori, ai giovani disoccupati : "se non volete subire questa società, avete solo una scelta : trasformarla."

Per combattere la miseria materiale e il marciume morale imposti dalla società capitalistica, non c'è altro mezzo che la solidarietà operaia, la solidarietà di classe, contro lo sfruttamento capitalista e tutte le sue conseguenze degradanti.

Sarà in questa battaglia per l'avvenire che i giovani lavoratori troveranno la dignità : la dignità di appartenere alla classe sociale che fa funzionare la società attuale e che, sola, ha la forza e i mezzi per trasformarla domani.

E sarà in un partito che lotti per l'emancipazione della società che potranno sfuggire all'individualismo e trovare la fratellanza a la cultura che la società gli rifiuta.

Ma ci rivolgiamo anche alla gioventù tout court, compresi gli intellettuali, gli studenti, quelli a cui la legge della giungla sociale non ha distrutto l'idealismo, la sensibilità alle ingiustizie, il desiderio di fare della sua vita qualcosa d'utile agli altri.

Ebbene, dico a tutti questi giovani : "raggiungeteci, raggiungete la battaglia per l'emancipazione del mondo del lavoro".

Per caricaturare le nostre idee, veniamo descritti come gente che aspetta non si sa quale "grande giorno". Ma ciò che vogliamo nell'immediato, è che la classe operaia diventi di nuovo una forza politica per poter pesare sulla vita politica in funzione dei propri interessi, che sono quelli di tutte le classi popolari.

Bisogna che questo partito sia presente nelle grandi imprese, nelle piccole, nei quartieri popolari, nelle scuole. Solo così potrà esprimere le aspirazioni della popolazione e nello stesso tempo difendere l'idea di un vero cambiamento sociale.

La borghesia, il padronato sono rappresentati da una moltitudine di partiti. Questi partiti possono dare prova di un interesse più o meno grande, e innanzitutto più o meno sincero, per i lavoratori. Ma una volta al governo, fanno la politica richiesta dal gran padronato, come è stato verificato attraverso tutti i cambiamenti di governo di questi venti ultimi anni.

Allora, sì, bisogna che la classe operaia utilizzi la sua forza, cioè il suo numero e ancora di più la sua insostituibile posizione nell'attività economica, per pesare sulla vita politica e sulla vita sociale.

Ma solo un partito che non abbia vincoli con il padronato, che non abbia paura di prendersela con il funzionamento stesso dell'economia capitalistica, con la proprietà privata delle grandi imprese e delle banche, può rappresentare in modo conseguente anche gli interessi più quotidiani del mondo del lavoro.

Questo era il ruolo del Partito Socialista all'inizio di questo secolo, questo era il ruolo assegnatosi dal Partito Comunista alla sua nascita.

Ma l'esempio del Partito Socialista e del Partito Comunista dimostra che i partiti che smettono di essere rivoluzionari, che abbandonano la volontà di lottare per la trasformazione della società, diventano sostegni di questa società e servitori del capitale.

Si può agire, anche nel senso del semplice progresso sociale, solo se si resta rivoluzionari.

Allora, sì, occorre ai lavoratori un vero partito comunista rivoluzionario !

Robert Hue ci accusa dall'inizio della campagna di volere l'indebolimento del Partito Comunista. Ma sono lui stesso e la sua politica di accodamento suicida al governo socialista che indeboliscono il suo partito. E non sarà coll'annacquare il suo programma e con l'allontanarsi ancora di più dalle classi lavoratrici che il Partito Comunista ritroverà la sua influenza elettorale, e soprattutto il credito di cui disponeva presso i lavoratori.

Se la nostra lista, presentata da due organizzazioni d'estrema sinistra le cui forze militanti sono molto inferiori a quelle del PCF, ottenesse in queste elezioni un risultato vicino a quello del PCF, sarebbe la dimostrazione che se difendesse la stessa politica radicale contro padronato e governo, il PCF non si isolerebbe, anzi si rafforzerebbe !

Lavoratrici, lavoratori, e voi che siete disoccupati,

Contro la catastrofe della disoccupazione, principale calamità che tocca o minaccia la maggioranza della popolazione, occorrono misure radicali, innanzitutto contro quelli che sono responsabili della situazione e ne approfittano.

Il governo socialista, comunista e verde aveva promesso di fare meglio della destra, ed ha fatto come lei.

Ha lasciato al gran padronato il potere, col chiudere una fabbrica, di rovinare tutta una città, una regione e migliaia di famiglie.

Ha privatizzato ancora di più che Balladur e Juppé insieme, provocando ulteriori licenziamenti.

Per diminuire i contribuiti dei ricchi, lascia gli ospedali, la pubblica istruzione, i trasporti pubblici quasi nella miseria.

Diminuisce le prestazioni della previdenza sociale e si attacca alle pensioni.

La sua legge sulle 35 ore crea meno posti di lavoro che non ne sta sopprimendo tramite la flessibilità degli orari lavorativi.

Risultato, i ricchi sono ancora più ricchi e i poveri ancora più numerosi.

Allora, per costringere questo governo a cambiare di politica, votate per l'estrema sinistra, l'unica che difende veramente gli interessi dei lavoratori e delle classe popolari.

I sondaggi prevedono per la nostra lista un risultato superiore a quello dell'elezione presidenziale e superiore ai risultati delle liste LO e LCR nelle elezioni regionali.

Se i vostri suffragi confermeranno queste previsioni, sarà un'avvertimento per il governo.

Lavoratrici, lavoratori,

Se c'è un voto utile il 13 giugno, è il voto per l'estrema sinistra.

Il 13 giugno, votate Arlette Laguiller, Alain Krivine.