La risposta agli attacchi del governo è venuta senza dubbio dal settore dove questo meno se l'aspettava. Mentre tutto sembrava filare liscio e forte della sua maggioranza al parlamento, il governo poteva pensare di avere la strada libera e che il suo progetto sulle pensioni passasse senza grosse difficoltà, sicuro, credeva, del consenso delle confederazioni sindacali. Ma il personale dell'educazione nazionale e più particolarmente gli insegnanti, diede fuoco alle polveri, poiché furono gli iniziatori e la punta avanzata di un movimento che, per la sua ampiezza, la sua durata e la sua determinazione, ha contribuito a modificare la situazione. E ben al di là di questo solo settore.
Il movimento di scioperi e di manifestazioni nell'educazione nazionale si è sviluppato in questi ultimi tre mesi, dalla fine di marzo, per i primi partiti in lotta, alla metà di giugno. Si è opposto alle misure del governo relative alla decentralizzazione ed alla riforma delle pensioni e ha toccato l'insieme del paese. Questa mobilitazione è stata disuguale secondo i quartieri, le città, le regioni. A volte è stata più forte nelle scuole primarie, a volte nelle medie, nei licei e negli istituti tecnici. Ma si è strutturata dappertutto intorno ad una minoranza determinata che, mano a mano, estendeva lo sciopero rinnovabile e trovava incoraggiamento e nuove truppe grazie alle giornate di azione programmate dai sindacati degli insegnanti in alcuni casi, e dalle confederazioni sindacali per quelle che riguardavano la lotta contro gli attacchi sulle pensioni che interessavano l'insieme dei salariati.
Il personale dell'educazione nazionale conta più di un milione di salariati. Secondo le cifre fornite dal ministero per il 2001 ( personale del pubblico e privato abilitato ), 358 000 sono insegnanti del primario, circa 508 000 sono insegnanti del secondo ciclo e 80 000 esercitano nel superiore. Gli istituti scolastici funzionano anche grazie al lavoro di circa 290 000 "non insegnanti" appartenenti a categorie molto diverse: sorveglianti, documentalisti, consiglieri di educazione, consiglieri di orientazione-psicologi, impiegati dei servizi centrali, ecc.; i tre quarti di questo personale non insegnante sono raggruppati con la sigla ATOSS ( amministrativi, tecnici, operai, personale di servizio, sanitario e sociale) . La frazione più numerosa e la meno pagata di questi ATOSS -cioè quasi 110 000 persone- è costituita dai TOS: operai della manutenzione, tecnici e personale della ristorazione. Queste categorie erano direttamente toccate dalle misure di decentralizzazione che dovevano tradursi in una modifica del loro statuto poiché, da agenti dell'educazione nazionale, dovevano passare sotto la responsabilità dalla provincia o della regione. Ma è l'insieme del personale dell'educazione nazionale, ed in primo luogo gli insegnanti, che ha denunciato questa riforma considerata come l'inizio dello smantellamento del servizio pubblico dell'educazione.
Il malcontento del personale insegnante dell'educazione nazionale: da anni, una spina nel piede dei governi
I giornalisti, i responsabili politici, i sociologi e altri pennivendoli di ogni sorta hanno evocato un "malessere degli insegnanti", formula usata regolarmente nei periodi di sciopero che l'educazione nazionale ha conosciuto a diverse riprese nel corso degli ultimi dieci anni.
Sciopero nella provincia della Seine-Saint-Denis nel 1998 per ottenere più mezzi. Movimento contro la riforma del ministro Allègre nel 1999, che proponeva di ridurre alcuni orari di insegnamento e progettava di "sgrassare" il "mammut" che era divenuto, secondo lui, l'educazione nazionale. Sciopero nel 2000 essenzialmente nell'insegnamento tecnico per le condizioni di lavoro e contro le economie previste sulle spalle degli allievi. Movimento dei maestri nel 2000 per reclamare 1000 posti nella regione della Alta Garonna. E ben altri movimenti ancora.
Gli insegnanti dunque hanno reagito a diverse riprese all'assenza di mezzi che si fa sentire tutti i giorni. Scarsezza di personale, classi troppo affollate, assenza di crediti, locali vetusti in molte scuole medie e istituti tecnici. Assenza di sorveglianti e di maestri ausiliari. Malcontento di fronte al non rinnovo dei contratti-giovani che saranno solo parzialmente sostituiti e di cui 20 000 dovevano e devono tuttora essere licenziati. Progetto di non compensare con nuove assunzioni quanti partono in pensione, nell'educazione come nell'insieme della funzione pubblica. Minaccia di aumento del numero di anni di contributi necessari per accedere alla pensione a tasso pieno, come per gli altri salariati.
Sempre più insegnanti contestavano la politica del governo, non solo perché questa gli rendeva l'attività professionale sempre più difficile ma anche perché il degrado della scuola pubblica contribuiva ancora di più all'aggravamento delle condizioni di vita delle famiglie, a cui i loro allievi appartenevano, nei quartieri popolari. La diminuzione, o addirittura la soppressione, dei fondi sociali che permettevano in particolare ai ragazzi delle famiglie più povere di prendere almeno un pasto al giorno alla mensa e di partecipare ai viaggi scolastici se i genitori non potevano pagare, è apparsa come un'ingiustizia intollerabile. I progetti di riduzione del personale non insegnante nelle scuole furono risentiti come una misura capace di aggravare ancora le tensioni in seno agli istituti. Gli insegnanti dei quartieri popolari vivono quotidianamente le conseguenze delle scelte padronali e governative, che si tratti di licenziamenti e di disoccupazione, della precarietà nel lavoro o dei problemi di alloggio. E non è un caso se il movimento di protesta contro i piani governativi è nato spesso in scuole del cuore delle periferie "difficili" delle grandi città.
L'anno scolastico 2002-2003 era stato segnato da qualche giornata di azione. Si sapeva già dall'inizio che i contratti-giovani, che esercitano la funzione di aiutanti-educatori, sarebbero stati licenziati. Si sapeva anche che 5600 posti di studenti-sorveglianti sarebbero soppressi e che le loro condizioni di lavoro, i loro orari, sarebbero peggiorati con la creazione di un nuovo statuto di assistente di educazione, più precario. Le organizzazioni sindacali degli insegnanti si erano accontentate di promuovere giornate d'azione simboliche il 17 ottobre, 26 novembre, 8 dicembre e 28 gennaio. Durante l'inverno, in alcune città come Tolosa o Marsiglia ed in Corsica, uno sciopero rinnovabile di una minoranza di MI-SE (sorveglianti...) a cui si giunsero dei contratti-giovani era rimasto relativamente isolato.
Fu la decentralizzazione e in particolare il modo in cui fu annunciata, che mise fuoco alle polveri.
In effetti, i 28 febbraio Raffarin annunciò a Rouen che i TOS, gli assistenti sociali, i consiglieri di orientazione-psicologi e i medici scolastici sarebbero stati decentralizzati nel 2004. Ciò voleva dire che cambiando lo statuto, potrebbero non essere più assegnati ad un determinato istituto scolastico, o addirittura sparire completamente dagli stabilimenti, secondo le scelte dei consiglieri locali. Inoltre incombeva la minaccia che, come in altri settori già decentralizzati, ci si orientasse verso una privatizzazione di alcuni servizi.
Le categorie interessate reagirono, come anche i sindacati insegnanti che decisero una giornata di azione contro queste misure, il 18 marzo. Una settimana dopo, un appello allo sciopero rinnovabile fu lanciato da diverse assemblee generali e, là dove il movimento esisteva già, anche da qualche direzione provinciale del sindacato insegnante SNES, in occasione di una giornata di azione che interessava il personale decentralizzato. Ma gli obiettivi del movimento nascente andavano ben al di là dei problemi categoriali iniziali. Il movimento più generale e più ampio di sciopero rinnovabile contro la decentralizzazione e la riforma delle pensioni si innescava.
All'inizio, nella regione parigina, fu una minoranza di insegnanti in una decina di stabilimenti del secondo grado di Saint-Denis che si mise in sciopero. A Tolosa, lo slancio fu dato da un'assemblea generale di 140 insegnanti ( soprattutto maestri), venuti essenzialmente da quartiere del Mirail, il più popolare della città, dove gli insegnanti avevano condotto nel 2000 uno sciopero di tre settimane per ottenere l'assunzione di 1000 maestri in tutta la provincia. A Marsiglia, alcuni maestri del centro e dei quartieri Nord votarono lo sciopero. La stessa cosa accadde a Le Havre, a Montpellier, a Rouen e Bordeaux o nell'isola della Riunione. Diversi focolai presero avvio in modo indipendente e dappertutto il movimento si mostrava contagioso.
In un certo numero di questi istituti, in tali quartieri o in queste città, gli insegnanti si erano forgiati nel corso delle lotte passate un'esperienza e alcune tradizioni di organizzazione; convocarono delle assemblee generali senza aspettare le iniziative sindacali. Fin dall'inizio, si sparse l'idea che una minoranza di scioperanti di uno stabilimento poteva coinvolgere una minoranza simile nella scuola elementare o nella scuola media vicina e, mano a mano, crescere a valanga.
Un movimento di scioperi che si generalizza in tutta l'educazione nazionale.
Mentre prima delle vacanze di Pasqua, gli scioperanti tentavano di coinvolgere alcune minoranze nello sciopero rinnovabile, i dirigenti dello SNES e localmente quelli dello SNUIPP per le scuole elementari (i due raggruppati in seno alla FSU) adottavano una posizione di sostegno agli scioperi già in corso. Lo SNES della Seine-Saint-Denis per esempio annunciò il suo sostegno allo sciopero rinnovabile fin dal 27 marzo. Poi, in seguito al successo di una giornata di azione il 3 aprile, a Tolosa, lo SNES del dipartimento adottò la stessa attitudine. Tuttavia non militava attivamente per sviluppare il movimento di scioperi. Gli scioperanti temevano che le vacanze di Pasqua non diano un colpo di freno al movimento, tanto più che il susseguirsi dei periodi di vacanze non coincideva da una regione all'altra, e avrebbe potuto dividere il movimento. Ciononostante, la FSU aveva fissato al 6 maggio una giornata nazionale contro i progetti di decentralizzazione e contro la riforma delle pensioni.
La ripresa del movimento non aspettò questa scadenza. Mentre la regione parigina era ancora in vacanze, a Tolosa, a Le Havre, nell'isola della Riunione, lo sciopero continuava. E fin dalla fine delle vacanze nella regione parigina, lo sciopero ripartì con la stessa ampiezza di prima. Qui si estese rapidamente all'insieme della Seine-Saint-Denis, poi progressivamente, agli altri dipartimenti della regione. Manifestazioni ebbero luogo il giovedì 24 aprile successivo alla ripresa delle lezioni, e si successero tutti i martedì e i giovedì; le giornate specifiche di lotta nell'educazione nazionale si articolarono con delle giornate che inglobavano altre categorie mobilitate contro la riforma delle pensioni.
In questa fase del movimento, i sindacati degli insegnanti, e in particolare il più forte, la FSU, invitarono a sviluppare il movimento senza farsi carico dell'estensione dello sciopero. Ma le loro dichiarazioni aiutavano gli scioperanti a mobilitarne altri, soprattutto quelli che non concepivano uno sciopero senza lo SNES. Un po' dappertutto alcune minoranze anticiparono la scadenza del 6 maggio. Il fatto che la giornata del 6 maggio fosse stata un immenso successo in tutto il paese fece sì che il numero di istituti in sciopero si moltiplicò il 7 maggio e i giorni seguenti, creando una dinamica e suscitando un entusiasmo contagioso. I sindacati si fecero carico più direttamente dell'estensione dello sciopero, in particolare nelle regioni dove non era cominciato. Lo SNUIPP prese in mano la situazione nelle regioni dove il personale dell'insegnamento primario era ancora esitante.
Dal 6 al 13 maggio, e ancor più nei giorni successivi, si passò da qualche regione impegnata nella lotta all'estensione dello sciopero a tutto il paese. Ciò non vuol dire che tutti gli insegnanti erano in sciopero rinnovabile ogni giorno. Ciononostante, dappertutto centinaia di insegnanti s'impegnavano a loro volta nel movimento. La determinazione aumentava. Le riunioni e le discussioni con i genitori degli allievi per spiegare le ragioni del movimento, o anche per associarli e concertarsi con loro per risolvere i problemi, si moltiplicarono poiché numerosi istituti erano chiusi.
Gli scioperanti dell'educazione nazionale cercano di coinvolgere i salariati degli altri settori nello sciopero.
Fin dall'inizio del movimento, gli scioperanti più determinanti avevano coscienza del fatto che per fare indietreggiare il governo su due problemi così importanti quali la decentralizzazione e le pensioni, era necessario che il movimento si estendesse ad altri settori. Alcuni avevano in mente le esperienze vissute nel 1995, si ricordavano delle assemblee generali dei ferrovieri, degli agenti della RATP (trasporti parigini), dei postini ed altri, alle quali alcuni insegnanti avevano partecipato.
Queste idee erano tanto più presenti nello spirito che in molte città, dei militanti sindacalisti (SNES, CNT o SUD) e dei militanti di estrema sinistra legati a Lutte Ouvrière, alla LCR, o al PT militavano fin dall'inizio del movimento in questa prospettiva.
Durante la settimana dal 6 al 13 maggio e soprattutto a partire dal successo del 13, dappertutto, nella regione parigina, ma anche da Lilla a Tolosa, da Bordeaux a Marsiglia, da Nantes a Lione, non solo nelle grandi città ma anche nelle medie, addirittura nelle più piccole, si videro gruppi di scioperanti dell'educazione nazionale intervenire al di là degli stabilimenti scolastici. Non organizzavano più solamente le visite delle scuole medie, dei licei e delle scuole elementari, ma anche quelle degli uffici postali, dei centri di smistamento postale, dei depositi ferroviari, dei depositi dei trasporti urbani come anche delle imprese private. E l'accoglienza accresceva l'entusiasmo dei partecipanti.
Insegnanti che, fino ad allora, non erano né militanti sindacalisti, né militanti politici, diventarono col passare dei giorni militanti di un movimento che oltrepassava il quadro dell'educazione nazionale.
Insegnanti partecipavano ad assemblee generali dei ferrovieri, che invitavano reciprocamente alle proprie assemblee generali. A volte, si formalizzarono assemblee generali interprofessionali. Altrove, si sono tessuti legami come con agenti della RATP a Parigi o del tram a Marsiglia, dei postini, dei salariati delle imposte o ancora dei salariati comunali. Volantini per invitare alle manifestazioni distribuiti alle porte delle imprese, sui mercati o nelle cassette delle lettere, manifestazioni locali comuni, telefonate per informarsi reciprocamente, tutto ciò faceva parte del quotidiano delle attività degli scioperanti. Quando, occasionalmente, la polizia è intervenuta per evacuare un deposito di autobus o un centro postale, è bastata una telefonata affinché i partecipanti ad un'assemblea generale di stabilimento o di città vengano alla riscossa.
Insegnanti, che da settimane affermavano nelle loro parole d'ordine sui loro striscioni il rifiuto delle scelte sociali del governo e nel padronato e che scandivano spesso "basta con questi burattini, che chiudono le fabbriche, che chiudono le scuole", si rivolsero anche alle imprese private: le piccole che si trovano nei quartieri, nelle piccole città, dove agirono spesso gomito a gomito con i militanti sindacali, in particolare quelli delle unioni sindacali di zona, felici di ricevere forze vive in aiuto; ma anche verso le più grandi aziende, quelle che, se si fossero messe in sciopero, avrebbero potuto creare le condizioni di un movimento infinitamente più potente. Nella regione di Marsiglia, insegnanti si sono rivolti, tra l'altro, verso le imprese private della grande zona industriale dello stagno di Berre; a Rouen verso Renault-Cléon o Rhône-Poulenc; nella regione parigina, verso Citroën, Alstom o la SNECMA; a Tolosa verso Motorola, Siemens o Air France. E si tratta solo di qualche esempio. Ma se l'accoglienza era calorosa, solo piccolissimi contingenti di salariati del privato hanno cessato il lavoro per partecipare alle manifestazioni.
Questa volontà di trascinare i salariati di altri settori per fare cedere il governo sui propri progetti non è bastata per generalizzare le lotte e gli scioperi e per creare un rapporto di forze capace di costringere il governo ad indietreggiare.
Coscienti che il governo cercava di dividere il movimento di protesta, gli insegnanti denunciarono a più riprese gli annunci sul rinvio del piano di decentralizzazione e continuarono ad affermare e a dimostrare che la loro lotta contro la decentralizzazione si inscriveva nella stessa prospettiva della lotta per il ritiro della riforma pensionistica. Ciò si vide il 19 maggio quando il governo annunciò l'intenzione di iniziare discussioni bilaterali con i sindacati. Si vide il 27 maggio quando evocò il rinvio e lo scaglionamento delle date di attuazione della decentralizzazione. Ciò si vide anche a partire dal 10 giugno quando il governo annunciò di cedere sulla decentralizzazione dei consiglieri di educazione, degli assistenti sociali e dei medici scolastici ma non sulla decentralizzazione dei TOS né su altro. Questo stesso giorno la polizia disperse coi gas lacrimogeni migliaia di manifestanti sulla piazza della Concordia a Parigi e arrestò alcuni manifestanti che si erano rifugiati nel teatro dell'Opera.
Si può dire che, durante diverse settimane, nel paese migliaia di scioperanti dell'educazione nazionale hanno militato attivamente per l'estensione del movimento. Speravano che le confederazioni sindacali, in particolare la CGT, indicessero uno sciopero generale e contribuissero a sviluppare lo sciopero nell'insieme del settore pubblico e nel settore privato. Molti di loro, incoraggiati dai militanti di estrema sinistra che credevano un po' troppo all'efficacia degli appelli ai sindacati, pensavano che i dirigenti delle grandi confederazioni si orientassero verso uno sciopero generale. Di fronte all'attitudine dei dirigenti della CGT che, all'indomani del 13 maggio, si opposero alla continuazione dello sciopero in differenti settori della SNCF e della RATP, molti insegnanti si misero di nuovo a sperare nell'estensione del movimento all'indomani della grande giornata interprofessionale della domenica 25 maggio, poi di nuovo nella giornata interprofessionale del 3 giugno. Durante tutto questo tempo, lo sciopero degli insegnanti si era senza dubbio un po affannato, ma continuava con l'idea che bisognava fare di tutto per coinvolgere gli alti settori nello sciopero. Un gran numero di scioperanti rimaneva orientato verso gli altri settori. Ma la fine rapida dello sciopero dei ferrovieri e della RATP apparse a molti come la prova che l'estensione tardava a venire. E il 12 giugno, il discorso di Thibault a Marsiglia pose fine ad ogni speranza di vedere la CGT sostenere la generalizzazione dello sciopero.
Il movimento dell'educazione nazionale restava di nuovo solo nella lotta. Scioperi, manifestazioni, assemblee generali continuarono ma né i sindacati insegnanti, né gli scioperanti scelsero seriamente di bloccare gli esami di maturità. In ogni caso, le vacanze ormai prossime diventavano una scadenza inevitabile.
Un vasto movimento in cui la base si organizza e decide
A seconda dei periodi, delle regioni, delle città e delle categorie di personale che entrano in lotta, i responsabili sindacali, i semplici militanti sindacali, i militanti politici hanno giocato un ruolo differente nello sviluppo del movimento ma, nel corso dei tre mesi di mobilitazione non c'è stata rottura né scontri rilevanti tra le diverse componenti del movimento.
Se, tra il 18 marzo e il 5 maggio, la centrale sindacale più influente dell'educazione nazionale, la FSU, rappresentata dallo SNES nell'insegnamento secondario e dallo SNUIPP nell'insegnamento di primo grado, ha accompagnato gli scioperi rinnovabili ben più che non li abbia estesi, consacrandosi soprattutto al successo delle giornate di lotta, questa ha realmente sviluppato il movimento di sciopero dopo il 6 maggio su scala nazionale tramite le decine di migliaia di militanti sindacali a chi lo sviluppo del movimento, l'entrata in lotta di migliaia di giovani insegnanti davano speranza e coraggio.
L'ampiezza della mobilitazione differiva secondo le regioni e le città. Ma, anche se lo sciopero rinnovabile è rimasto minoritario e, a seconda dei periodi, in media non ha interessato che tra il 10 e il 20% del personale di tutta l'educazione, con grandi disparità secondo le regioni e le città, sulla scala del paese erano diverse decine di migliaia a praticarlo mentre altre centinaia di migliaia scioperavano nelle giornate di lotta o alcuni giorni soltanto. Ma dappertutto, gli scioperanti incontravano la simpatia della popolazione, delle famiglie, e risentivano la solidarietà di larghi strati della popolazione. Si battevano per ben altro che i loro interessi in quanto insegnanti, affinché qualcosa cambi nella società, ed ebbero spesso la sensazione che l'opinione, o almeno una grande parte, aveva capito il senso della loro lotta. Ciò fu per tutti gli scioperanti qualcosa di decisivo dal punto di vista morale.
I " tempi forti " che vedevano una larghissima partecipazione alle manifestazioni hanno fatto sì che, in numerose scuole, rari sono quelli che non hanno partecipato al movimento.
Ma la forza del movimento è venuta anche dalla partecipazione fin dall'inizio di numerosi scioperanti alle assemblee generali larghe e vive, dove gli scioperanti che diventavano militanti attivi dello sciopero, "seminavano" sempre più largamente. Per molte settimane, l'assemblea generale della regione parigina ha riunito tra 300 e 800 partecipanti mentre, in ogni provincia di questa regione, altre assemblee generali ne hanno riunito tra 200 e 400, a volte 600 persone. Parallelamente si tenevano anche assemblee generali di città o di distretto. Nello stesso tempo, a Tolosa per esempio, l'assemblea generale della città riuniva fino a 800 persone, quella di Nantes fino a 1000 persone. Aperte, larghe, queste accoglievano militanti di altri settori.
Ma il più significativo, e senza dubbio il più promettente per l'avvenire, è che lo stesso fenomeno, la stessa volontà di tessere legami attraverso questo movimento, di giocarci un ruolo attivo, di decidere insieme le iniziative da prendere, esisteva anche in alcune città più piccole dove le riunioni degli insegnanti sono diventate degli appuntamenti per i lavoratori ed i militanti operai della città. Nell'Aude, nell'Isère, nella regione di Clermont-Ferrand, nell'Alta Garonna, in Bretagna, non mancano esempi di questo slancio dato dal movimento del personale dell'educazione nazionale.
Questa importante partecipazione degli insegnanti alle assemblee generali di ogni sorta, che queste siano state all'iniziativa dei responsabili sindacali, dei militanti locali o dei militanti politici di estrema sinistra, è incontestabilmente un aspetto positivo di questo movimento, anche se non ha fatto cedere il governo.
L'idea che il personale dell'educazione nazionale non poteva da solo imporre l'arretramento del governo era largamente condivisa. E le posizioni moderate della FSU sulla tenuta degli esami di maturità, l'iniziativa della ripresa del lavoro nelle scuole di primo grado decisa dal sindacato, molto maggioritario in questa categoria, non incontrarono l'opposizione della maggioranza degli scioperanti. Tanto più che i dirigenti sindacali si guardarono bene dal parlare di successo o dall'ostacolare il movimento che in ogni caso, si trovava confrontato alla scadenza delle vacanze.
E al di là di una certa delusione per non essere riusciti a coinvolgere altri settori e delle interrogazioni sul ruolo delle grandi centrali sindacali, l'idea che in futuro bisognerà preparare delle lotte generali si è largamente diffusa.
24 giugno 2003