La fine dell'URSS e le sue conseguenze

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50 anni dopo la morte di Stalin, 15 anni dopo la perestroika, 11 anni dopo la scomparsa dell'Urss, dove va la Russia ? - Cercle Léon Trotsky
25 aprile 2003

Gli anni di Gorbaciov furono quelli della decomposizione del potere politico e della frantumazione aperta della burocrazia in clan rivali. Fu praticamente un implosione della burocrazia, senza intervento militare esterno e anche, d'altra parte, senza rivoluzione proletaria. Questa evoluzione fu rapida proprio perché la dittatura della fine degli anni Breznev non aveva fatto altro che mascherare un già inoltrato processo di decomposizione della burocrazia.

La dittatura personale di Stalin era nata a suo tempo per rispondere ad una profonda necessità sociale : preservare il potere e i privilegi della burocrazia contro la borghesia, ma ancora di più contro la classe operaia, in nome della quale la burocrazia si era accaparrato il monopolio del potere. La dittatura proteggeva collettivamente il ceto burocratico contro le due classi, proletariato è borghesia, tra le quali si sarebbe deciso il futuro dell'Urss. Ma aveva anche un'altra funzione, interna alla burocrazia. Ci voleva un arbitrio supremo per decidere chi, e in quali proporzioni, avrebbe potuto accedere all'usufrutto collettivo, e per costringere la burocrazia, a pena di morte, a rispettare tale disciplina. Perché questa casta ovviamente non era democratica, neanche al suo interno.

La posizione di ogni burocrate, il suo potere e i privilegi che ne derivavano, erano strettamente fissati dall'alto, mentre i burocrati non volevano altro che potere approfittarne senza intralci. Da sempre avevano avuto tendenza a completare la loro remunerazione gerarchica con la corruzione, o con le malversazioni quando era possibile . Ora, queste possibilità aumentavano con l'ammorbidimento della dittatura sotto Krusciov e dopo di lui.

Sotto Stalin i burocrati avevano paura per la loro vita , e sotto Krusciov per il loro posto ; sotto Breznev non avevano più niente da temere e niente limitava le loro attività da predatori. Queste attività hanno creato sempre più incrinature nella burocrazia tra le reti di interessi, secondo le relazioni tra le direzioni delle imprese, le autorità locali, la polizia ed altri pezzi, locali o centrali, dell'apparato dirigente.

Già sotto Krusciov l'edificio burocratico era stato sottomesso a forti tensioni che minacciavano di frantumarlo, anche se non apparivano ancora apertamente. Ognuno degli alti burocrati alla testa dei numerosi ministeri dell'economia tendeva a favorire i suoi interessi settoriali rispetto agli organismi di direzione politica. Come riflesso a questa incrinatura dall'alto in basso della macchina dello Stato tra i vari apparati, un altro tipo di sfaldatura, orizzontale questo, apparve negli anni sessanta in seno alla burocrazia territoriale.

Di fronte al peso dei ministeri economici, Krusciov volle sostituirli con organi di coordinamento regionale dell'economia, i Sovnarkhoz . Si diceva che si sarebbe dato più scioltezza alla gestione dell'economia col sostituire un mucchio di ministeri che agivano autonomamente gli uni dagli altri, e gli apparati centrali di pianificazione che decidevano a Mosca di tutti i particolari dell'approvvigionamento di tutte le imprese del paese.

Questo sembrava derivare dal semplice buonsenso, ma corrispondeva anche ai desideri della burocrazia che, nelle regioni, non sognava altro che sbarazzarsi di ogni controllo centrale. Alla fine, senza neanche indebolire gli apparati centrali, questa riforma portò ad un altro tipo di frantumazione del regime, assicurando alle burocrazie locali il controllo delle "loro" imprese.

Ai tempi dell'Urss, ognuna delle strutture dirigenti, centrale o territoriale, aveva al suo vertice un alto esponente che era capofila di una piramide di comandi. Legati da una comunità di destino politico e di interessi, questi raggruppamenti hanno avuto molte forme diverse man mano dell'evolversi delle relazioni nella burocrazia e tra le istanze del potere.

Sotto Breznev, si erano costituiti in quanto stati nello stato, il più delle volte sotto la direzione di un membro dell'ufficio politico che gestiva il suo mondo senza interferenza dei colleghi, a patto che ognuno rispettasse la stessa regola.

C'era una rivalità permanente tra questi apparati centrali . La necessaria cooperazione tra di loro comportava sempre di più un permanente mercanteggiamento, per esempio tra i ministeri industriali, gli apparati di pianificazione e le grandi imprese, per ottenere in tempo, e in quantità sufficienti, le forniture previste dal piano.

Ognuno di questi apparati era naturalmente portato a ricercare la massima autonomia. Ma questa corsa all'autonomia comportava un formidabile spreco. La società sovietica, cioè le sue classi lavoratrici, pagava il prezzo non solo di ciò che la burocrazia prelevava per il suo uso personale, ma anche delle condizioni che consentivano questi prelevamenti : il rifiuto di ogni controllo dal basso, la ricerca di scappatoie rispetto al controllo venuto dall'alto.

Per di più, i mercanteggiamenti tra gli apparati burocratici generarono un intero ceto di intermediari, in parte ufficiosi se non ufficiali, e in parte illegali. Pur non appartenendo alla burocrazia stessa, questi intermediari le erano però indispensabili. Arrangiavano gli affari per conto dei burocrati e al tempo stesso si arricchivano. Questo ambiente di intermediari era anche, per la natura stessa delle sue attività, qualche volta legato all'ambiente criminale stesso. Le mafie erano il prolungamento naturale del sistema burocratico.

Sotto Breznev si vide un'esplosione di questo fenomeno. La più famosa di queste mafie politico-criminali, la cosiddetta mafia del cotone, aveva come padrini i dirigenti della Repubblica dell'Uzbekistan, e soprattutto il genero di Breznev e vice ministro degli interni.

Quando Gorbaciov a sua volta arrivò al segretariato generale, ereditò quindi un potere già ben minato. La crisi di successione poteva solo aggravare quella del potere. Per sistemare il suo, Gorbaciov provò a raccogliere il sostegno di alcuni ceti della burocrazia. Ma la demagogia verso le aspirazioni di numerosi ceti della burocrazia liberò delle forze che erano rimaste relativamente contenute, emananti dalla burocrazia stessa. Il confronto pubblico e i maneggi occulti tra queste forze avrebbero segnato tutto il periodo ulteriore.

La mischia si sarebbe allargata con l'entrata in lizza degli intellettuali. Sotto Breznev quelli più attivi formavano la dissidenza che denunciava gli aspetti più odiosi del regime in generale, in nome di idee che riflettevano le aspirazioni della piccola borghesia sovietica ad avere lo stesso modo di vita dei suoi omologhi dei paesi capitalisti sviluppati.

All'inizio Gorbaciov ebbe il sostegno di questa dissidenza. Ma essa non si limitò a plaudire la sua volontà di riformare : cominciò a sognare ad alta voce a quello che riteneva essere la libertà, quella che hanno le sue sorelle occidentali di idealizzare il regno del denaro e la proprietà privata.

I primi ad approfittare della situazione furono i movimenti nazionalisti. Sin dal 1987, si svilupparono in certe repubbliche periferiche, si opposero al Cremlino e spesso, più drammaticamente, alle minoranze di queste regioni : Azeri contro Armeni, Abkhazi contro Georgiani, ecc... Anche oggi, è difficile misurare fino a che punto questi movimenti riflettevano le reali aspirazioni popolari e fino a che punto erano favoriti, o addirittura suscitati dai burocrati desiderosi di sbarazzarsi del controllo centrale. Comunque, fu tra le istanze dirigenti delle repubbliche che le tendenze nazionaliste trovarono, il più delle volte se non sempre, i loro rappresentanti o capifila.

Questo fece scoppiare guerre che non hanno finito di dilaniare gli stati nati dall'unione sovietica, la cui frantumazione in quindici paesi indipendenti non ha dato la libertà ai loro popoli. A parte i paesi baltici, annessi all'Urss nel 1944, le altre repubbliche periferiche sono regimi autoritari, o perfino dittature che opprimono i loro popoli e ancora di più le loro minoranze nazionali.

Nel campo economico, Gorbaciov si attaccò a certi blocchi che frenavano la produzione.

Trascurare i beni di consumo, o produrli solo in quantità insufficiente e di bassa qualità, era per la burocrazia un modo di ridurre la parte delle classi popolari nel prodotto nazionale. Diversificare l'approvvigionamento e migliorarne la qualità era certamente un'aspirazione di tutte le categorie sociali, ad eccezione dell'alta burocrazia che si riforniva nei negozi riservati, o addirittura in Occidente.

Al contrario di ciò che dicono i denigratori del comunismo, questi blocchi non derivavano dalla pianificazione stessa, bensì dal suo carattere burocratico. La pianificazione ha bisogno del controllo dei consumatori, della popolazione. Ma i privilegi economici della burocrazia sono incompatibili con questo controllo.

Nel dibattito economico che cominciò sotto Gorbaciov, come nel dibattito politico, la liberalizzazione si tradusse con l'emergenza di una moltitudine di tendenze, fra cui alcune chiedevano la liquidazione dell'economia statalizzata. Ma l'economia non era soltanto l'oggetto di una discussione astratta. Mentre politici e intellettuali ne stavano discutendo, altri agivano.

Nel 1988, Gorbaciov aveva autorizzato le cooperative e la piccola proprietà privata. Difatti aveva preso atto di un fatto compiuto poiché, sotto Breznev, ben che ufficialmente rifiutate, le pratiche affaristiche erano diventate una potente realtà, e avevano anche ricevuto un nome : l'economia dell'ombra. Ormai questa si ostentava alla luce del sole. Ma il personale subalterno dell'economia dell'ombra, dai maneggi di basso livello, ci guadagnò molto meno, e per meno tempo, della burocrazia.

Gli apparati burocratici che avevano già delle agenzie e società fantasma all'estero fecero evadere gran parte di quello che poterono raccogliere prima dell'inizio ufficiale delle privatizzazioni, e ancora di più dopo. Si sa come i reucci locali della burocrazia approfittarono della frattura orizzontale dello Stato. Ma quelli che avrebbero approfittato di più dell'occasione sarebbero stati i grandi apparati centrali -Kgb, alto apparato del partito, dogane, ministeri settoriali, innanzitutto quelli dell'energia- che raggrupparono sotto il loro controllo i più redditizi pezzi dello Stato e dell'economia.

Quelli che sarebbero stati chiamati dopo "oligarchi" o "nuovi russi", questi nuovi ricchi che riuscirono in tre o quattro anni a costruirsi fortune stravaganti, erano spesso una specie di agenti dei clan burocratici.

Non possiamo fare l'elenco di tutte le varietà tecniche del saccheggio. Ma se ne possono dare alcuni esempi. Un tale Abramovic, considerato uno dei più importanti nuovi ricchi del paese, con un piede nella burocrazia come governatore di una regione, un altro nella mafia, cominciò la sua carriera rubando carburante all'esercito e rivendendolo all'estero. Certo, bisogna essere in posizione di farlo e beneficiare di numerose complicità per mettere la mano sul carburante, trasportarlo, passare la dogana, ecc..

Potanin , famoso miliardario russo attuale, era un giovane burocrate sotto Gorbaciov. La sua carriera negli affari cominciò a questa epoca sotto la protezione di padrini dell'alta gerarchia del partito e del governo rimasti nell'ombra. Uno dei suoi pari, Gussinski, costituì allora il gruppo Most intorno alla banca omonima controllata dall'apparato del Kgb, la polizia politica, rappresentata al suo consiglio d'amministrazione dal suo primo vicepresidente.

Era l'epoca in cui l'ottenimento di licenze d'esportazione di materie prime consentì alla gente che aveva il posto giusto di acquisire in poco tempo fortune considerevoli . Questi prodotti erano comprati al prezzo interno russo, poi rivenduti all'estero al prezzo mondiale, tra cinque o dieci volte superiore. Ad ogni operazione, gli esportatori moltiplicavano di altrettanto il loro investimento, e così anche le autorità che lo permettevano.

Un altro dirigente, Berezovski, si servì di queste differenze di prezzi, ottenendo il monopolio della vendita delle macchine Lada che pagava alla fabbrica al prezzo russo e vendeva all'estero al prezzo occidentale, facendo così un beneficio del 3000% ! Lo stesso Berezovski, accompagnato dal genero di Eltsin, riuscì a mettere la mano sulla vendita in Occidente dei biglietti della compagnia Aeroflot. Era un'operazione d'oro ! Le spese erano fatte in rubli dalla compagnia e lui intascava le entrate, in valuta estera !

Fu la piccola borghesia a segnare con le sue aspirazioni economiche e politiche questo periodo di effervescenza piuttosto breve. La burocrazia espresse tanto più facilmente le sue aspirazioni in quanto alcuni dei suoi settori, da molto tempo legati alla piccola borghesia, le condividevano. E per quelli, venuti in generale dall'alto apparato dello Stato e del partito, che stavano davvero per approfittare del periodo, le aspirazioni della piccola borghesia potevano fare da paravento. La loro volontà di sbarazzarsi di ogni controllo centrale prendeva la maschera della democrazia. Invocavano "l'economia di mercato" per mettere la mano sul settore dell'economia di cui avevano la direzione.

Ci furono numerosi scioperi ma la classe operaia non era in situazione di approfittare dell'effervescenza per tentare di fare prevalere, fosse in modo parziale o embrionale, una propria visione dell'organizzazione dell'economia e della società. Bisogna dire che, massacrando tutti quelli che avrebbero potuto trasmettere l'eredità rivoluzionaria dei bolscevichi e la loro alta coscienza di classe, Stalin aveva facilitato le cose ai suoi lontani successori. Ma bisogna anche dire che l'intellighenzia, che avrebbe potuto ritrovare questa eredità e trasmetterla alla classe operaia, aveva occhi solo per l'Occidente capitalista. Questa intellighenzia russa che, un secolo prima, era stata capace di far nascere parecchie generazioni di rivoluzionari, questa volta era completamente assente.

Per i rivoluzionari il problema non era di speculare sulle possibilità dei lavoratori di intervenire in questa situazione (non più che in nessun altro paese). Avevano da difendere il programma dell'indipendenza politica della classe operaia, in modo che il dibattito sul futuro dell'Urss non fosse deciso tra le forze che rappresentavano sia la preservazione del dominio della burocrazia sulla società, sia il ritorno al capitalismo.

Contro il rafforzamento visibile e rapido delle correnti politiche favorevoli al ritorno al capitalismo, una tendenza proletaria avrebbe imperniato il suo intervento presso i lavoratori intorno alla difesa dalla proprietà di Stato contro i burocrati o i piccoli borghesi che volevano appropriarsi le imprese ; sulla difesa della pianificazione e del controllo del commercio estero contro l'anarchia capitalista ; sulla necessità di procedere a cambiamenti radicali nel funzionamento dell'economia, ma sulla base dell'economia pianificata.

Detto in altre parole, si sarebbero opposti ad ogni ritorno della borghesia come, e questo è in fondo la stessa cosa, all'imborghesimento di una parte della burocrazia. Cacciare i burocrati dai comandi, ridare vita al potere democratico della classe operaia e sottomettere l'economia al controllo democratico della popolazione, questi obiettivi già formulati da Trotski mezzo secolo prima, rimanevano pienamente validi.

Ma non fu così.

Il movimento sociale innescato dalla perestroika rimase limitato alla burocrazia, fiancheggiata dalla piccola borghesia. Non era un movimento diretto dall'alto, con un progetto politico, fosse quello della controrivoluzione borghese. La direzione politica della burocrazia non fece altro che seguire il movimento, sorvolando gli avvenimenti e lusingando le aspirazioni di un ceto burocratico che voleva che il potere centrale gli lasci il diritto di agire come voleva.

Su questo terreno Gorbaciov fu scavalcato da Eltsin che aveva preso la direzione della principale repubblica del paese, cioè la Russia.

Per indebolire quello di cui invidiava il posto, Eltsin stava per utilizzare gli stessi mezzi demagogici usati prima da Gorbaciov, ma su scala decuplicata. Alla piccola borghesia fece intravedere la prospettiva di instaurare la "democrazia" e il "mercato". Alla burocrazia delle repubbliche lanciò "prendete tanta autonomia quanto ne potrete ingoiare". E a tutti, lui che era stato membro dell'Ufficio politico si presentò come quello che avrebbe spezzato il monopolio del partito unico, detto comunista. Questo partito sparì come il guscio vuoto che era diventato.

Cercando di togliere tutto quello che rimaneva di potere a Gorbaciov, Eltsin comprometteva anche la propria posizione. Sparita l'Urss, ebbe un potere ristretto al solo territorio russo e qualche volta, come è stato detto, al solo perimetro del Cremlino.