Per la prima volta in questo paese, dei deputati dell'estrema sinistra sono eletti al Parlamento europeo.
I risultati ottenuti dalla lista Lutte Ouvrière - Ligue Communiste Révolutionnaire in queste elezioni europee costituiscono un successo.
Un successo, perché per la prima volta in questo paese, ci saranno deputati di estrema sinistra, deputati trotskisti, al Parlamento europeo. Peraltro è anche la prima volta da tanto tempo che l'estrema sinistra ha dei deputati in un qualunque parlamento. In ogni caso è la prima volta, almeno da quegli anni Venti in cui l'estrema sinistra era il Partito Comunista che si meritava ancora questo nome, perché il suo obiettivo era la difesa degli interessi politici dei lavoratori e la trasformazione rivoluzionaria della società.
E' un successo soprattutto perché l'elezione dei nostri cinque compagni non deriva dalle solite manovre o intrighi usati a destra come a sinistra, e che permettono a delle formazioni, anche poco rappresentative, di avere deputati e perfino ministri. I Verdi, per esempio, rivendicano oggi in modo fragoroso un "riequilibrio del governo", eufemismo che significa che vogliono tanto o più posti di ministri che il PCF, in ragione del 9,71 % da loro ottenuto nelle elezioni europee. Ma l'unico risultato elettorale ottenuto in proprio dai Verdi nelle elezioni precedenti, su scala del paese, era il 3,3 % di Dominique Voynet nell'elezione presidenziale del 1995. Il che è bastato perché il Partito socialista faccia ai Verdi il regalo di 6 posti di deputati nelle elezioni legislative del 1997, perché Jospin nomini Dominique Voynet ministra e perché i Verdi diventino una componente leale del governo della "sinistra plurale", a costo di transigere sul poco di idee progressiste o pacifiste di cui i suoi militanti si rivendicano.
Ebbene, i nostri candidati non hanno avuto bisogno di protezioni, né da parte del governo, né da nessuno dei grandi partiti che sognano di entrarci. Sono stati eletti sulla base delle loro idee e della difesa decisa, senza compromissioni, del programma di difesa degli interessi delle classi lavoratrici che è stato la piattaforma comune delle nostre due organizzazioni.
E il 5 % dei voti che era necessario per mandare deputati rivoluzionari al Parlamento europeo è tanto più notevole che non si tratta di un risultato casuale. Dall'elezione presidenziale del 1995, cioè da quattro anni, l'estrema sinistra rimane intorno a questo risultato e conferma il suo elettorato, che ha già permesso di mandare 22 rappresentanti di Lutte Ouvrière o della Ligue Communiste Révolutionnaire in alcuni Consigli regionali. Ed è lo stesso elettorato che ha dato all'estrema sinistra 914 680 voti, il 5,18 % dei suffragi espressi.
Questo elettorato si ritrova nel linguaggio della lotta di classe. Questo elettorato ormai non accetta più il ricatto che consiste nell'affermare che l'unico mezzo di opporsi alla destra e all'estrema destra, sia di votare per la sinistra di governo, anche quando questa sinistra al governo conduce appunto la politica filopadronale della destra che pretende combattere. Questo elettorato fa suo il programma da noi difeso da quando la disoccupazione ha preso l'aspetto drammatico che conosciamo oggi.
L'idea fondamentale di questo programma è che non ci sia altro mezzo di sconfiggere la disoccupazione che di attingere dai profitti capitalistici e dai patrimoni che la grande borghesia continua ad accumulare, in modo scandaloso, grazie alla crisi che spoglia le classi popolari.
Il 5 % ottenuto dalla nostra lista, è una media. In numerose città operaie, in regioni operaie quale la periferia di Parigi, il Pas-de-Calais, il Nord, la Lorena industriale, i nostri risultati sorpassano di gran lunga questa media. Invece, non abbiamo raggiunto risultati eccezionali nelle roccaforti borghese di Neuilly o del sedicesimo distretto di Parigi e, a dire il vero, ciò non ci rattrista per niente !
E' vero, il risultato della nostra lista ha un carattere di classe, e ne siamo fieri. Quelli che hanno votato per noi non l'hanno fatto per caso, ma proprio perché hanno capito o sentito che in queste elezioni, c'eravamo solo noi a difendere sul serio gli interessi dei lavoratori, dei disoccupati, dei giovani.C'eravamo solo noi a difendere gli interessi di tutti quelli costretti alla disoccupazione e alla miseria da un'economia capitalista ingiusta e demente, senza nessun'altra ragione che l'accumulazione di ancora più ricchezze da parte di una minoranza privilegiata e parassita.
I risultati dimostrano, a modo loro, come lo ha dimostrato l'accoglienza calorosa degli ambienti operai durante la campagna elettorale, che il nostro programma gode dell'ascolto di una frazione non trascurabile della classe sociale di cui difende gli interessi.
L'estrema sinistra risulta ormai una forza politica significativa e stabile, anche se finora solo dal punto di vista elettorale. E questo è importante per il futuro, e non solo nel campo elettorale.
Dal punto di vista del padronato, l'interesse politico dei partiti della sinistra è sempre stato nella loro capacità di ingannare, di sterilizzare gli elementi più combattivi del mondo del lavoro, in modo diretto o per il tramite dell'influenza delle confederazioni sindacali. Nel 1981, Mitterrand, che non aveva per niente bisogno del sostegno dei deputati comunisti nel Parlamento, li ha però chiamati al governo. Il Partito Comunista era allora quello di gran lunga più influente nella stragrande maggioranza dei militanti operai. Dare al PCF alcuni posti di ministri era il mezzo di evitare che questo diventasse il canale tramite cui si sarebbe espressa la contestazione della politica governativa da parte della classe lavoratrice. Il calcolo è riuscito : dal fatto che sono state decise da un governo socialista e comunista, è stato possibile presentare le misure più chiaramente antioperaie come delle misure inevitabili, necessarie, e proprio nell'interesse dei lavoratori stessi !
Si sa qual'è stato il prezzo pagato dalla classe operaia e dal Partito Comunista stesso per questa partecipazione al governo. Quanti lavoratori sono stati scoraggiati quando hanno visto un governo che godeva del sostegno e della garanzia del Partito Comunista, decidere provvedimenti favorevoli al gran padronato, alla Borsa e ai banchieri ? Quanti militanti, disorientati, hanno abbandonato la lotta in modo definitivo ?
Robert Hue propone, in modo più aperto ancora, la stessa vergognosa politica, funesta per l'insieme dei lavoratori, suicida per i militanti del suo partito.
Ebbene, i governi del presente e del futuro, che contano o conteranno sulla loro etichetta di "sinistra" per ingannare e disarmare i lavoratori, devono sapere che una parte molto minoritaria ancora, ma già significativa della classe operaia, incomincia ad identificarsi, almeno nel campo elettorale, con un'estrema sinistra che non vuol svendere gli interessi dei lavoratori per un piatto di lenticchie, cioè una partecipazione ministeriale.
Ovviamente, non ci siamo candidati solo per contarci, tramite la difesa di un programma, ma anche perché, in caso di radicalizzazione, il malcontento dei lavoratori e delle classi popolari in generale, abbia una possibilità di esprimersi senza ambiguità. Abbiamo ribadito durante la campagna elettorale che dei risultati in chiaro progresso rispetto a quelli ottenuti dall'estrema sinistra negli ultimi quattro anni, sarebbero stati l'espressione elettorale di tale radicalizzazione.
Alcuni mass-media hanno colto questo come una previsione da parte nostra. Tale previsione sembrava in parte confermata da alcuni sondaggi che davano alla nostra lista il 7% o addirittura l'8% dei voti.
Ma secondo noi, le elezioni sono solo il termometro che rispecchia le variazioni dell'opinione pubblica. Ma il termometro non crea la febbre e ovviamente, l'esistenza o meno della radicalizzazione non dipende da noi. E' chiaro che il nostro risultato come quello del PCF, e del resto l'insieme dei risultati, concordano per dimostrare che per ora non c'è tale coscienza generalizzata della necessità della lotta.
L'elettorato dell'estrema sinistra non si è sviluppato in modo importante rispetto a quello che rappresenta da quattro anni. Il voto a favore della nostra lista non è cresciuto abbastanza per indicare un'opposizione massicia alla politica del governo da parte delle classi lavoratrici. Non è in grado di preoccupare il governo al punto di fargli provare i nostri risultati come una pressione.
Ma è appunto perché teniamo conto di questa situazione, di questa assenza di spinta a sinistra, e perché secondo la nostra abitudine noi pesiamo le parole come pesiamo le cifre, che diciamo che il risultato da noi ottenuto è una leva per il futuro.
Divisioni e riflusso a destra, la sinistra plurale si mantiene, il PCF sempre piu giù sul piano elettorale
Le elezioni sono state segnate dall'implosione della destra, sotto la spinta delle rivalità e ambizioni personali.
Non solo la cosiddetta destra parlamentare si è divisa tra le due liste nate dal RPR, con risultati elettorali paragonabili (il 13,05 % per la lista Pasqua e il 12,82 % per quella di Sarkozy), e una lista Bayrou (UDF) che, con il 9,28 % non è molto indietro, ma complessivamente ha anche ottenuto nettamente meno voti rispetto all'insieme dei risultati di Chirac, Balladur e Villiers al primo turno della presidenziale del 1995 (il 35,15 % invece del 43,71 %). C'è anche un riflusso, pur minore, rispetto alle elezioni europee del 1994, poiché i voti complessivi di Baudis e De Villiers nel 1994 rappresentavano il 37,91 % dei suffragi espressi. Contemporaneamente, l'estrema destra, divisa tra la lista di Le Pen (5,69 %) e quella di Mégret (3,28 %), ottienne con un totale del 8,97 %, meno voti di Le Pen alla presidenziale del 1995 (15,27 %) oppure della lista Le Pen alle europee del 1994 (10,52 %).
L'elettorato della destra non si è ritrovato del tutto in una qualsiasi delle tre liste dell'opposizione di destra o delle due nate dal Fronte Nazionale. Parte di questo elettorato, davanti allo spettacolo offerto dai suoi propri partiti, ha certamente manifestato la sua disapprovazione votando per la lista dei cacciatori e, forse per alcuni, votando a favore della lista dei Verdi, meno compromessa politicamente ed il cui linguaggio a favore del liberalismo economico non poteva dispiacergli.
Ma quando il governo afferma che, per la prima volta, l'elettorato della sinistra plurale sorpassa quello della destra, non è una mezza verità ma una vera menzogna.
E' una menzogna nel campo della semplice aritmetica. Come accade spesso nelle elezioni, la sinistra plurale paragona i suoi risultati a quelli dell'opposizione di destra, senza però contare l'estrema destra. Il 38,45 % totalizzato dalle tre liste della "sinistra plurale" sorpassa infatti il 35,15 % totalizzato dai voti per Pasqua, Sarkozy e Bayrou. Ma anche se si aggiungono al risultato delle liste della "sinistra plurale", quelli della lista d'estrema sinistra (5,18 %), il 43,63 % così ottenuto rimane ancora inferiore al totale dei voti della destra e dell'estrema destra (44,12 %), senza neanche contare quelli a favore della lista dei cacciatori.
Bisogna dunque avere tutta la finezza gesuistica del Partito Socialista per costruire un confine invalicabile tra la lista di Pasqua o De Villiers da una parte e le liste Mégret e Le Pen dall'altra, col pretesto che lì passa il limite tra la destra chiamata "repubblicana" e l'estrema destra.
Tanto più che il calo dei voti a favore di Mégret e Le Pen riuniti, in parte si spiega col fatto che una frazione degli elettori tradizionali dell'estrema destra, schifati dalla lotta dei loro due capi, hanno dato i loro voti a Pasqua-De Villiers.
Ma il razzismo, la xenofobia, l'odio contro i lavoratori ed il conservatismo non sono migliori quando vengono espressi nel corretto linguaggio del nobiluccio reazionario De Villiers o in quello dell'ex responsabile del servizio d'ordine del movimento gollista Pasqua, che quando escono dalla bocca di Mégret o di Le Pen.
Se la "sinistra plurale" approfitta della dispersione dell'elettorato della destra, non c'è alcun motivo per rallegrarsi. Non c'è stata una "spinta a sinistra".
Il Partito Socialista si mantiene, ma il 21,95 % dei voti di cui si glorifica la sua lista Hollande rimane inferiore al 23,3 % ottenuto da Jospin al primo turno della presidenziale del 1995. Ovviamente, il confronto invece è lusinghiero con il calamitoso 14,49 % della lista socialista nelle elezioni europee del 1994. E' necessario però ricordare che la lista socialista del 1994 era guidata da Rocard, fatto a pezzi non dalla destra, ma dallo stesso Mitterrand che gli aveva messo un bastone nelle ruote con una lista radicale, guidata da un recentissimo aderente, Bernard Tapie.
Per quanto riguarda il risultato dell'insieme delle tre liste della "sinistra plurale", con il 38,45 % dei suffragi, ovviamente supera i risultati individuali di Jospin, Hue e Voynet nella presidenziale del 1995. Ma rimane di poco inferiore al totale di 38,8 % realizzato nelle elezioni europee del 1994 dall'addizione delle liste rappresentanti delle stesse formazioni politiche.
E soprattutto, se il Partito Socialista si mantiene bene, di fronte ad una destra in decomposizione organizzativa, non lo fa con una politica diversa da quella della destra, ma al contrario, perché Jospin ha ripreso per conto suo la politica di Juppé e di Balladur avendo finora un'efficienza maggiore dal punto di vista della borghesia. Tutto questo certamente non è segno di un'evoluzione a sinistra, tutt'al più è segno che una frazione dell'elettorato della destra si ritrova nella politica di Jospin e riconosce la sua capacità di condurre una politica di destra senza suscitare sussulti.
Allora, anche se c'è una disintegrazione organizzativa della destra, la politica della destra è, lei, sempre al governo !
Per quanto riguarda i Verdi, quelli che hanno tratto più vantaggio dal "riequilibrio" all'interno della "sinistra plurale", come partito politico non rappresentano in nessun modo gli interessi dei lavoratori, dei disoccupati e dei giovani, né con la loro politica, né con le loro preoccupazioni. E la loro pretesa di essere la "terza sinistra" dimostra soltanto la loro ambizione di costruirne una che sia identica alle due altre. L'unica differenza è che avrebbe la franchezza, od il cinismo, di rivendicarsi chiaramente dell'economia di mercato.
Infine, per i lavoratori non c'è da rallegrarsi dell'indebolimento del Partito Comunista, mentre i Verdi progrediscono, anche se tale indebolimento sanziona la politica della direzione di questo partito. Il riflusso del Partito Comunista, se rispecchia in un certo modo l'assenza di una radicalizzazione da parte dell'elettorato, esprime soprattutto il fatto che sulla strada dell'abbandono di quello che c'era ancora di comunista nel linguaggio, nell'etichetta, in alcune scelte del partito e nella sua sensibilità verso alcune aspirazioni dei lavoratori, anche se tutto ciò rimaneva superficiale da decenni, non c'è futuro per il PCF.
La sua partecipazione al governo allontana da lui quelli che sono scontenti della politica antioperaia portata avanti.
Invece, quelli che sostengono questa politica preferiscono dare il voto direttamente al Partito Socialista.
La direzione del Partito Comunista non può dire che ignorava questo fenomeno, poiché ha sempre giovato a favore del Partito Socialista a discapito del PC, dall'elezione di Mitterrand nel 1981 in poi. E per quanto riguarda questa politica che consiste nel pretendere di fare "del nuovo" e di fare "muovere l'Europa" solo col dire nello stesso tempo tutto ed il suo contrario, per cercare di guadagnarsi i voti più apolitici, bisogna concludere che su questo terreno Cohn-Bendit è stato più efficace.
La necessità di un partito che rappresenti gli interessi politici dei lavoratori, dei disoccupati, dei giovani.
La vita sta per diventare sempre più insostenibile per molte famiglie operaie e in tanti quartieri popolari. E anche chi ha ancora un lavoro vive coll'angoscia del prossimo piano di ristrutturazione, della prossima ondata di licenziamenti.
Se la disoccupazione si mantiene al livello attuale, malgrado tutte le menzogne del governo, malgrado le manipolazioni statistiche, la società si avvia verso la catastrofe.
Ecco perché ci rivolgiamo a tutti i militanti della classe operaia perché prendano coscienza che la politica di accodamento al governo volta le spalle agli interessi dei lavoratori.
Noi diciamo ai militanti del Partito Comunista, ai militanti delle organizzazioni sindacali, che devono agire per costringere le loro organizzazioni ad orientare la loro politica verso la difesa degli interessi materiali, morali e politici dell'insieme della classe operaia. E il modo migliore per esercitare questa pressione è di preparare le lotte a venire, le lotte indispensabili.
Il nostro obiettivo non è l'indebolimento delle organizzazioni a cui essi appartengono. Al contrario.
Siamo favorevoli all'unità di tutte le forze politiche e sindacali, per combattere il padronato, per combattere la politica di questo governo e per capovolgere l'evoluzione attuale con la modifica del rapporto di forze.
Ecco il senso della nostra attività nell'imediato futuro.
Ma ci rivolgiamo anche a tutti quelli che pensano come noi che i lavoratori di questo paese sono privi di un partito che rappresenti davvero i loro interessi politici e sociali. Ci rivolgiamo a loro perché si impegnino, con noi o in modo parallelo se gli conviene di più, perché tale partito possa nascere al più presto.
Le lotte iniziate nel campo economico e sociale potranno effettivamente avere esito, cioè cambiare veramente il rapporto di forze, solo se sboccheranno in una lotta che sia anche politica. Una lotta politica nel senso che non si scontrerà solo con padroni isolati intorno a rivendicazioni diverse, ma si scontrerà nello stesso tempo con l'insieme del padronato e dello Stato, in base ad esigenze comuni di tutti gli sfruttati.
Ma tale lotta richiede un partito che rappresenti gli interessi della classe lavoratrice, un partito che difenda i suoi interessi politici in permanenza, e non solo al momento delle elezioni.
La borghesia non smette mai di influire sulla politica dei governi, con i suoi soldi, la sua potenza economica, i numerosi collegamenti che mantiene in permanenza, tanto con la casta politica quanto con i responsabili dell'apparato di Stato che, da canto loro, non sono mai eletti : prefetti, alti funzionari dei ministeri.
E poi, il padronato e la classe ricca hanno a disposizione una pletora di partiti che rappresentano i loro interessi. In certi periodi, in alcune situazioni, questi partiti possono offrire diverse scelte politiche. Però le offrono sempre alla classe privilegiata. Ma nel corso degli ultimi vent'anni, nel loro succedersi al potere, la destra parlamentare e la sinistra non hanno neanche condotto politiche diverse. Si è passato da Rocard a Balladur e poi da Juppé a Jospin, senza neanche rendersene conto nella vita quotidianna.
Ma perché nasca un partito che rappresenti gli interessi della classe operaia, non bastano proclamazioni da stato maggiore politico. E' necessario l'impegno militante di decine di migliaia di donne, di uomini, di giovani. Bisogna che una frazione significativa della classe operaia si ritrovi in questo partito, non solo al momento delle elezioni, ma anche nelle diverse e molteplici lotte che deve condurre, nelle aziende come nei quartieri popolari, per far prevalere i suoi interessi.
Lutte Ouvrière, come la Ligue Communiste Révolutionnaire sono piccole organizzazioni. Siamo numericamente deboli. Non siamo presenti nella maggior parte del paese e neanche in tutte le grandi imprese. E là dove non siamo presenti, i lavoratori hanno l'occasione di ascoltarci solo ogni tanto, in particolare in occasione delle elezioni.
Un vero partito, rappresentante degli interessi della classe operaia e in grado di farsi ascoltare in questo campo dovrà essere largamente presente nel paese, ovunque ci sia una fabbrica, un'azienda, un quartiere popolare. Dovrà avere l'ambizione d'intervenire negli scioperi così come nelle lotte quotidiane delle aziende e nella vita quotidiana dei quartieri popolari. Dovrà infatti avere la sua parte nelle molteplici battaglie che si svolgono all'infuori delle aziende ma coinvolgono lo stesso i lavoratori, vuoi contro minacce di sfratto di famiglie operaie, vuoi contro l'attività di un gruppo dell'estrema destra, vuoi contro le bande organizzate o gli spacciatori di droga che impongono la loro legge nelle case popolari o in un quartiere popolare. Oppure per difendere ogni categoria di lavoratori alle prese con le ingiustizie o con la repressione, a cominciare dai lavoratori immigrati che sono stati trasformati in immigrati clandestini ("sans-papiers").
In tutti gli aspetti della vita sociale, questo partito dovrà opporre, alla politica dei partiti borghesi, quella che corrisponde agli interessi dei lavoratori.
Dovrà coltivare, educare tutti quelli che si rivolgono a lui o che incontra, adoperarsi per emancipare i lavoratori dall'influenza politica e morale della classe ricca e per dar loro le armi della conoscenza.
Un certo numero di associazioni come "Droit au logement" ("diritto alla casa"), "Agir contre le Chômage" ("agire contro la disoccupazione"), associazioni di "sans-papiers" e tante altre, combattono contro questa o quella forma di esclusione o questa o quella conseguenza dell'esclusione. Tanto meglio. Tutte queste battaglie parziali possono infatti completarsi, sboccare in una lotta più larga.
Ma questo, ancora una volta, a patto che ci sia un partito, la cui ragione di essere sia la lotta contro le cause profonde di questa esclusione, contro gli stessi meccanismi dell'economia capitalistica, contro lo sfruttamento.
Tale partito potrà formarsi, svilupparsi solo grazie alla gioventù.
Intendiamo : grazie alla gioventù operaia, la gioventù che lavora, come quella che aspetta di poterlo fare, ma anche la partecipazione e l'apporto di questa frazione della gioventù intellettuale che possiede altre ambizioni, nel senso vero della parola, che quella di riuscire una carriera in questa società ingiusta e di disuguaglianza.
Sì, c'è bisogno della gioventù, del suo entusiasmo, della sua energia e della sua volontà di trasformare il mondo !
Il partito necessario alla classe operaia non si costruirà, questo è ovvio, solo con i militanti e simpatizzanti di Lutte Ouvrière e della Ligue Communiste Révolutionnaire.
Ma sappiamo che si costruirà grazie alle idee comuniste rivoluzionarie di cui ci rivendichiamo entrambe, con il nostro programma trotskista, e di cui la Ligue Communiste Révolutionnaire si rivendica dal suo nome stesso.
E se affermiamo questo, non è per causa di una presunzione da organizzazione, perché siamo entrambe cosciente di essere solo piccole organizzazioni, con un bilancio assai modesto, sia politico che di lotte. Lo affermiamo perché, dalle nostre idee e dal nostro programma, rivendichiamo un eredità ben più ricca e vasta. Le nostre idee provvengono da questa eredità del movimento operaio che il Partito Comunista, per esempio, avrebbe potuto assumere et trasmettere con tanti più mezzi di noi, ma che la sua direzione ha abbandonata e tradita da tempo.
Costruire un vero partito al servizio della classe operaia significa ritrovare i valori di cui solo la classe operaia può essere vettore e che i due grandi partiti della sinistra, il Partito Socialista e poi il Partito Comunista hanno snaturato da tanto tempo in alcuni "valori di sinistra" insipidi.
Chiaramente, non si tratta di tornare al Partito Socialista dell'epoca del Fronte Popolare, anche se in quel periodo questi aveva ancora un vero radicamento operaio, perché è solo servito al governo di Léon Blum per tradire più facilmente i lavoratori.
Chiaramente non si tratta neanche di tornare al Partito Comunista dell'epoca staliniana, anche se raggiunse la sua forza massima nel periodo dell'imediato dopoguerra. Perché già in quel periodo, finché la borghesia gliene ha dato la possibilità, ha partecipato a dei governi in cui metteva la sua influenza al servizio degli interessi di questa borghesia. E poi, lo stalinismo di cui si rivendicava e di cui ebbe tante difficoltà a disfarsi in seguito, fu per il movimento operaio una vera catastrofe. E come trotskisti, siamo fieri di avere scelto di appartenere ad una corrente politica che lo ha sempre combattuto in nome del comunismo.
No, non si tratta di tornare a questi partiti. Bisogna tornare a ciò che rappresentava il movimento socialista nell'epoca, certo remota, della fine del secolo scorso e dell'inizio di quello presente, in cui esprimeva un potente slancio di tutta la classe operaia verso l'organizzazione sul terreno politico.
Bisogna tornare a questi anni, dopo la Prima guerra mondiale, quando il nascente Partito comunista a sua volta incarnò la presa di coscienza, da parte di migliaia e migliaia di lavoratori, della necessità di trasformare la società da cima a fondo.
Perché un partito può essere veramente al servizio della classe operaia, anche per difendere i suoi interessi fino in fondo, solo se si tratta di un partito che non è coinvolto per niente, né per l'interesse materiale, né per l'ideologia, nella società attuale. Per dirla come il Manifesto Comunista, nel combattere per porre fine alla società capitalistica, il proletariato non ha nulla da perdere, fuorché le sue catene.
L'economia basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sullo sfruttamento, sul profitto, sull'anarchia del mercato, va sostituita con un'altra economia, nella quale la produzione verrà organizzata e pianificata in rapporto ai bisogni della collettività.
Un partito che rappresenta gli interessi politici della classe operaia deve fare propria la convinzione che l'attuale forma della società non rappresenta il futuro dell'umanità, ma il suo passato.
Tali sono i nostri obiettivi a breve e a lunga scadenza. Ma, chiaramente, c'è un profondo vincolo tra i due aspetti delle nostre attività.
Lutte Ouvrière - Ligue Communiste Révolutionnaire : continuare nell'unità !
Al di là delle differenti posizioni che dovremo prendere, man mano che scopriremo cosa viene discusso e deciso nel parlamento europeo, possiamo impegnarci sul nostro orientamento fondamentale.
Sappiamo che il parlamento europeo è incapace di cambiare la sorte dei lavoratori. Non solo perché non ha nessun potere reale, bensì perché è un'istituzione fatta per servire gli interessi della borghesia.
Sappiamo che vi saremo minoritari, così come lo saranno i rappresentanti di tutti i gruppi che potremo eventualmente sperare di influenzare.
Ma ci impegnamo a sostenere le alcune rare decisioni che avranno qualche possibilità di favorire gli interessi dei lavoratori, e a combattere tutte quelle decisioni miranti a favorire gli interessi padronali, di qualunque nazionalità siano.
Ci impegnamo a rendere pubblico, al massimo delle nostre possibilità, ciò che viene discusso e il vero significato delle decisioni che verranno prese.
Ci impegnamo ad utilizzare le possibilità dateci da questa posizione di parlamentari europei al servizio dei lavoratori e delle loro lotte.
In quanto alle relazioni tra le nostre due organizzazioni, possiamo dire oggi a quel proposito che cercheremo di mantenere nel futuro questa unità di cui abbiamo dato prova durante la campagna elettorale.
Non sappiamo ancora se dalle nostre attività svolte durante questa campagna, dalle riunioni pubbliche, in particolare nelle città dove abbiamo poca presenza regolare gli uni come gli altri, o dai risultati elettorali stessi, conseguiranno rinforzi militanti. Ce lo auguriamo, ovviamente, perché questo è un elemento importante per determinare ciò che potremo fare insieme.
Durante la campagna, tutti hanno notato che Lutte Ouvrière e la Ligue Communiste Révolutionnaire si completano. Abbiamo delle sensibilità differenti da molti punti di vista, ma abbiamo anche un largo territorio comune. Questo territorio sociale comune fa sì che molta gente, lavoratori con un posto di lavoro o minacciati dalla disoccupazione, disoccupati, sfrattati o senzatetti, lavoratori immigrati, giovani, intellettuali, insegnanti, studenti, capiscono che esprimiamo fondamentalmente i loro propri sentimenti, e vedono che le critiche che facciamo di questa società e di quel governo sono quelle che fanno anche loro stessi.
Sì, ci completiamo. Ed è perché ci completiamo intorno ad un largo territorio comune che siamo un polo d'attrazione e sembriamo un cardine solido. Ed è stato dimostrato dai fatti che questo, solo le nostre due organizzazioni lo potevano fare.
Le nostre sensibilità diverse ci portano ad investire una parte dei nostri militanti in settori diversi, ad accordare delle priorità differenti alle nostre diverse attività, a prendere delle iniziative differenti ma che in realtà non si oppongono mai. E il buon svolgimento della nostra campagna lo ha dimostrato, questo è primordiale.
Riteniamo che dobbiamo stare, nel futuro, vicino l'uno all'altro, col mantenere stretti contatti a tutti i livelli. La piattaforma che ci ha riuniti durante la campagna potrà riunire domani le nostre due organizzazioni nei loro interventi.
In queste elezioni, siamo stati un polo, non solo perché ci siamo completati senza perdere la nostra identità, bensì perché eravamo fondamentalmente uniti. E' quindi l'interesse delle nostre due organizzazioni agire di conserva.
Vogliamo affrontare insieme tutti i problemi che si pongono e discutere insieme di tutte le iniziative possibili, per agire insieme quando è possibile, e agire in modo separato solo quando le nostre rispettive forze militanti sono troppo impegnate in attività diverse per potere ritrovarsi sullo stesso terreno senza dovere abbandonare, l'uno o l'altro, i nostri propri compiti. E' l'unico modo di fare sì che, col passare del tempo e delle situazioni, ciò che c'è di comune prenda il sopravvento su ciò che non lo è.
In breve, possiamo comportarci, sotto l'aspetto politico come sotto l'aspetto materiale, come due frazioni di uno stesso partito, anche se la proclamazione di un partito comunista non avrebbe molto senso senza il rinforzo di una nuova generazione di militanti, venuti dal mondo del lavoro e della gioventù, abbastanza numerosi perché siamo capaci di investire larghi settori dai quali oggi siamo assenti. Sarebbe questo rinforzo che potrebbe trasformare l'unione di due organizzazioni dalle dimensioni ristrette in un partito capace di influire realmente nella vita politica. E' anche questo che ci permetterebbe di arbitrare, se necessario, le nostre eventuali differenze, o meglio di agire contemporaneamente in tutti i campi in cui un vero partito avrebbe allora i mezzi di intervenire senza lasciare nessun terreno.
Ecco le prospettive che discutiamo. E man mano che le nostre due organizzazioni si ritroveranno sulle stesse posizioni, le faremo entrare nel campo della pratica.
Certamente, una vera dinamica verso un partito che rappresenti gli interessi politici dei lavoratori potrà innescarsi solo se c'è una ripresa della fiducia delle classi lavoratrici in se stesse. Sono le lotte che possono trascinare una nuova generazione di militanti nell'attività, e che permetteranno a questa nuova generazione di militanti di agguerrirsi.
Il successo della nostra lista in queste elezioni europee può però segnare una tappa. I nostri risultati elettorali da quattro anni, che ci hanno un po' portati sul proscenio nei confronti dei lavoratori, ci metteranno forse in migliore situazione per avere un ruolo nelle lotte che si produrranno. Queste lotte sorgeranno, è inevitabile. Tocca a noi essere capaci di fare fronte alle nostre responsabilità.