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Da Voz obrera (Voce operaia - Spagna - UCI)
Dall'inizio di ottobre, la vita politica in Spagna è segnata da una serie di tensioni e di conflitti. Domenica 1° ottobre, nonostante i tentativi del governo Rajoy di impedire la tenuta del referendum in Catalogna, la partecipazione è stata pari al 42%, con il 90% di sì all'indipendenza. Sono cifre che da un lato testimoniano l'ampio riscontro delle idee indipendentiste in Catalogna, dall'altro che rimangono minoritarie. Poi, domenica 8 ottobre, si è assistito in Catalogna, come nel resto del paese, ad una serie di manifestazioni dietro la bandiera nazionale, per l'unità della Spagna. Il governo Rajoy ha così riavuto la meglio, a tal punto che il dirigente catalano Carles Puigdemont ha rimandato a più tardi la sua proclamazione d'indipendenza.
Alcuni in Catalogna, che si situano a sinistra o che si dicono anticapitalisti, si sono rallegrati per il risultato del referendum sull'indipendenza, spiegando che il rafforzamento della corrente nazionalista catalana si deve considerare un fatto positivo. In realtà, i due nazionalismi si rafforzano reciprocamente e ciò li renderà più forti contro la propria classe operaia. Nello stesso tempo, quest'ultima si trova al contrario indebolita nel mettersi a rimorchio di dirigenti al servizio della borghesia, certamente rivali ma anche antioperai l'uno quanto l'altro.
Qualunque sia l'esito della crisi, le classi popolari ne faranno le spese se affideranno le loro speranze ed i loro interessi ad uno dei due campi. Si troveranno più divise, disorientate e indebolite di fronte ai loro nemici. Infatti, questi potrebbero avere più libertà per imporre il loro potere e la loro politica antioperaia, sia in Catalogna che nel resto della Spagna.
Pubblichiamo qui l'editoriale dei nostri compagni di Voz Obrera (Voce operaia, UCI-Spagna) scritto la sera del 1° ottobre.
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Il 1° ottobre, in Catalogna, molti si sono espressi a favore del referendum, tentando di votare o votando. La violenza poliziesca organizzata dal governo di Rajoy non può cancellare la mobilitazione di queste migliaia di persone che hanno così imposto la propria volontà di votare sulla questione dell'indipendenza. La reazione sproporzionata del governo nei confronti di una consultazione che, certamente, si svolgeva senza le necessarie garanzie democratiche per ampi strati della popolazione catalana, mostra ancora una volta il volto brutale del governo del Partito popolare, corrotto e repressivo.
Questo governo, per coronare la sua politica di tagli al bilancio, i suoi attacchi contro le condizioni di vita ed i diritti della popolazione lavoratrice, il furto permanente ed organizzato a vantaggio della borghesia, ha leso la libertà pubblica più elementare: quella di esprimere le proprie idee.
L'intensità della repressione poliziesca che si è potuta vedere in Catalogna il 1° ottobre mostra di cosa i dirigenti borghesi siano capaci quando si tratta di disconoscere i diritti della popolazione. È la stessa violenza con cui si scontrano i lavoratori quando tentano di difendersi contro il padronato ed i suoi politici.
Di fronte a questa situazione, possiamo soltanto ricordare qui il detto "non chiedere per chi suonano le campane, suonano sempre per te". Infatti, le mobilitazioni della classe operaia contro i tagli alla spesa sociale, contro le privatizzazioni o per difendere le pensioni, ecc, spesso vengono represse con questa stessa violenza, od una peggiore.
Il Partito popolare di Rajoy, assecondato da Ciudadanos e dal PSOE (Partito socialista operaio della Spagna), parla di democrazia, di Stato di diritto e d'uguaglianza: è una pura menzogna. Nelle loro mani, il sistema giudiziario, il parlamento, i media, i loro giornalisti e i loro politici si sono mobilitati per dissimulare la corruzione ed i colpi portati ai lavoratori. Tutto ciò incoraggia l'estrema destra che ha cominciato a scendere in piazza, esibendo la bandiera di una monarchia corrotta che lavora per la borghesia ladra.
In questo conflitto catalano, al semplice diritto democratico che hanno milioni di persone di decidere il loro futuro con il voto, le istituzioni spagnole oppongono una legalità lesiva, interpretata nel senso che conviene meglio a loro. Tra l'altro, è noto come la Costituzione sia stata modificata per sancire la precedenza alle banche per quanto riguarda l'estinzione dei loro debiti...
Non dimentichiamo però che, tra gli illusionisti che fanno a gara nel fuorviare le classi popolari del paese, pur di mantenere i posti nei consigli di amministrazione delle grandi banche e delle imprese, ai primi posti si trovano, appunto, quei politici che si riempiono la bocca di proclamazioni indipendentiste: Mas, ex-capo del governo regionale catalano, Puigdemont, suo successore e dello stesso partito di destra, Junqueras, di sinistra e vicepresidente del governo catalano, Forcadell, presidente dell'assemblea di Catalogna, Pujol, rampollo di una famiglia di politici catalani corrotti... Costoro non hanno mai smesso di prendersela con le classi popolari di Catalogna ed oggi inaspriscono un conflitto nazionalistico ben adatto a nascondere lo sfruttamento capitalista.
Lavoratrici e lavoratori di tutta la Spagna, non possiamo lasciarci trascinare negli attacchi contro i catalani, gli andalusi, i castigliani, i galiziani... poiché equivarrebbe lasciarci indebolire. Non possiamo cadere in questa trappola, che consiste nel dividerci perché la borghesia possa dominare.
Occorre lottare per i nostri diritti ed i nostri interessi di classe. Un cambio di nazionalità, l'indipendenza di un territorio non cambiano nulla allo sfruttamento, alla precarietà e alle disuguaglianze che aumentano. Il nostro nemico è il capitalismo, è la borghesia, sia quella spagnola che quella catalana, e solo la classe operaia ha la possibilità di risolvere il conflitto sociale lottando unita contro il capitale ed i suoi governi, ovunque questi siano.
Voz obrera