Germania : i lavoratori non devono accontentarsi di esprimere il loro malcontento nelle urne (da "Lutte de Classe n 91 - ottobre 2005)

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Germania : i lavoratori non devono accontentarsi di esprimere il loro malcontento nelle urne
ottobre 2005

Finalmente, una "grande coalizione" tra la CDU-CSU e l'SPD è stata creata in Germania, con Angela Merkel per cancelliere. Così i due grandi partiti, l'uno di destra e l'altro detto di sinistra, che si alternano al potere da mezzo secolo, si sono messi d'accordo per governare insieme la Germania nel prossimo periodo.

Eppure le elezioni legislative anticipate del 18 settembre scorso si erano tradotte in una duplice sconfessione, per il cancelliere socialdemocratico uscente Gerhard Schöder e per la candidata di destra Angela Merkel. Il partito socialdemocratico ha perduto 2 300 000 elettori in confronto alle legislative del 2002 e, col 34,2% dei voti, è sceso del 4,3%, mentre i suoi alleati Verdi abbandonano ugualmente 272 000 voti. Quanto alla CDU-CSU, che raggiunge il 35,2%, perde 1 850 000 voti e accusa una perdita del 3,3 %. Questa perdita non è stata compensata dalla progressione del suo partner abituale, il partito democratico liberale ( FDP). Per la prima volta dal 1953, i due grandi partiti che dominano la vita politica, insieme, non raggiungono il 70%. Bisogna anche notare che la partecipazione elettorale, se resta nettamente superiore a quella che si è potuto osservare in Francia in occasione di scrutini comparabili, è diminuita; col 77,7% raggiunge il livello più basso dalla fine della guerra.

Segni di malcontento

Il risultato dello scrutinio è innanzitutto il segno del discredito che esiste nella parte popolare dell'elettorato verso il cancelliere uscente e la politica che ha condotto. "Se non riusciremo a ridurre la disoccupazione in modo significativo, non avremo meritato di essere rieletti", aveva dichiarato Gerhard Schöder al momento della sua elezione nel 1998, dopo 16 anni di potere ininterrotto della destra. All'epoca, il paese contava, secondo le statistiche ufficiali, 4,2 milioni di disoccupati. Nel settembre 2005 ne erano censiti 4,7 milioni dopo che il capo simbolico dei 5 milioni, vale a dire il livello più elevato dal 1945, era stato sorpassato all'inizio dell'anno. Non solo Gerhard Schöder non ha ridotto il numero dei senza lavoro ma ha condotto, nel corso di questi sette anni, una serie di attacchi anti operai come non ce n'erano stati da molto tempo.

Nel quadro dell'Agenda 2010, che mira di fatto a diminuire le prestazioni che lo Stato apportava a quanti ne avevano bisogno per sovvenzionare meglio i padroni ed i ricchi, ha smantellato i sussidi di disoccupazione e la garanzia di un reddito minimo, subordinando gli aiuti ai disoccupati all'accettazione di qualsiasi impiego, compresi quelli creati recentemente e pagati un euro all'ora. Gerhard Schöder ha anche introdotto una privatizzazione parziale delle pensioni, "riformato" la cassa mutua introducendo una partecipazione finanziaria degli assicurati alle spese sanitarie ed ha gelato le pensioni da due anni.

Nel novembre 2001, ha impegnato la Bundeswher in Afghanistan in sostegno dell'esercito Usa che si apprestava ad invadere il paese. All'epoca, una sola deputata socialdemocratica ha votato contro tale decisione, che calpestava il sentimento pacifista di molti elettori dell'SPD, ed ha dovuto abbandonare il gruppo parlamentare del partito.

Solo la socialdemocrazia, mettendo tutto il suo peso nella bilancia, era capace di imporre alle classi popolari una tale cura di austerità. D'altronde bisogna notare che ciò si è prodotto sotto la direzione di due uomini la cui gioventù politica era stata marcata piuttosto "a sinistra", Gerhard Schöder e Joschka Fischer. Il primo aveva cominciato la sua ascesa nelle Gioventù dell'SPD, le Jusos, di cui diventò presidente nel 1978-1980, dopo essersi fatto notare prendendo una posizione "marxista antirevisionista"... prima di iniziare rapidamente una carriera politica nell'apparato dell'SPD della Bassa-Sassonia. Il secondo ha partecipato alle lotte della fine degli Anni 60, membro all'epoca di un gruppo chiamato Lotta rivoluzionaria, un movimento operaio presso Opel..., ed è diventato capofila dei Verdi e ministro degli Affari Esteri di una delle principali potenze imperialiste del pianeta.

Dopo aver fatto lo "sporco lavoro", Gerhard Schöder ha tentato, ricorrendo alle elezioni anticipate, di salvare il salvabile. Il suo "mestiere" di politicante l'ha condotto a riprendere, per qualche tempo, un linguaggio un po' più "sociale". E tramite una campagna elettorale molto personalizzata, è riuscito ad evitare la catastrofe elettorale che tutti i sondaggi gli predicevano fino all'inizio del mese di agosto, dopo una serie di arretramenti in tutte le elezioni regionali o municipali di questi ultimi anni, agitando il vecchio: "con la CDU sarà ancora peggio".

Dal lato suo la destra, sicura di sé, persuasa che una parte dell'elettorato dell'SPD avrebbe votato per lei per stizza, come era successo nelle elezioni della Renania del Nord Westfalia del maggio 2005, ha sfoggiato progetti più reazionari gli uni degli altri: imposizione sul reddito al tasso unico del 25%, soppressione delle esenzioni fiscali per i premi di notti, domeniche e giorni festivi, aumento dell'Iva dal 16 al 18% sui prodotti di largo consumo, nuove facilitazioni per licenziare, forfait individuale per la cassa mutua. Tutto ciò ha creato un effetto repulsivo e, finalmente, la CDU ha ottenuto un risultato molto al di sotto di quanto si aspettava.

Bisogna anche notare che, malgrado una leggera progressione (di 1,6 punti per raggiungere il 2,2% dei voti), l'estrema destra non ha effettuato l'avanzata che sperava e che potevano far temere i risultati ottenuti negli scrutini regionali nel corso degli anni precedenti ( 9,2% in Sassonia nel 2004, 6,7% a Brema nel 2003 ). In un contesto in cui la disoccupazione è alta, in cui la CDU ha fatto campagna contro l'entrata della Turchia nell'Unione Europea, fornendo un punto di partenza alla demagogia xenofoba, in cui i mass-media rilevano regolarmente il caso di lavoratori polacchi che lavorano ben al di sotto della tariffa legale, ci si può rallegrare del fatto che non siano le correnti più reazionari ad aver progredito, come sfortunatamente si è prodotto, nel corso degli anni passati, in Austria, in Svizzera, in Italia del Nord, nei Paesi Bassi o in Francia con Le Pen.

L'SPD e la CDU lasciavano dunque agli elettori la scelta tra approvare gli attacchi passati votando per il primo... oppure consentire agli attacchi futuri plebiscitando la seconda. Ebbene, si può almeno rilevare il fatto positivo che non hanno dato ragione a nessuno dei due. Inoltre la maggioranza dell'elettorato ha indicato che non vuole una politica ancora più a destra. E nessuno dei due blocchi ( CDU-FDP et SPD-Verdi ) ha ottenuto una maggioranza al Bundestag che gli permetta di governare da solo. Così sono stati obbligati a negoziare ed hanno scelto finalmente di formare una coalizione.

Il solo elemento nuovo dello scrutinio è l'emergenza elettorale del Partito di sinistra (Linkspartei) che ottiene 4,1 milioni di voti, cioè l'8,7% dei suffragi espressi e 54 deputati. Progredisce di 2,1 milioni di voti. All'Est, raggiunge il 25,3% e diventa il secondo partito dietro l'SPD. E se, all'Ovest, il suo risultato è ben più modesto (4,9%), ottiene i suoi migliori risultati nelle circoscrizioni popolari ( Duisburg, Gelsenkirchen, Essen, Herne e Bochum, nella Ruhr; ma anche nei quartieri operai di Amburgo, di Brema o di Kaiserslautern). E secondo i sondaggi effettuati all'uscita delle urne, su scala nazionale avrebbe ottenuto il 23% dei voti dei disoccupati ed il 12% di quelli degli operai.

Una frazione della classe operaia dunque si è servita del voto a favore del Partito di sinistra per esprimere la protesta contro le misure prese, la diffidenza nei confronti dell'SPD e la speranza di mantenere un certo numero di conquiste sociali. Anche se resta limitato, questo risultato è tanto più importante che è la prima volta che un partito che si colloca a sinistra dell'SPD ottiene un tale risultato. Per esempio, nel 1949, alle prime elezioni al Bundestag dopo la guerra, il Partito comunista non aveva ottenuto che il 5,7% dei suffragi, un risultato che non ha mai più raggiunto in seguito.

Ma questo risultato non deve assolutamente mascherare il fatto che il Partito di sinistra, tanto per le sue origini che per i dirigenti di cui si è dotato, è una nuova variante di partito riformista, ben lontano dall'essere un rappresentante politico intransigente della classe operaia, dei suoi interessi e delle sue lotte.

Dagli stalinisti riconvertiti in socialdemocratici...

In realtà, le liste che si sono presentate con l'etichetta di Partito di sinistra riposavano su una coalizione di diversi partiti.

La sua principale componente proviene dal Partito del socialismo democratico (PDS). Si tratta di un pezzo dell'apparato del vecchio partito stalinista al potere in Germania dell'Est dal 1945 al 1989, il Partito socialista unificato (SED). Dopo 44 anni di dittatura e 28 anni di esistenza del muro di Berlino avrebbe potuto non sopravvivere a tale passato e scomparire semplicemente. Nelle altre democrazie popolari, durante la svolta degli anni 1989-1990, il vecchio personale politico si è sparpagliato in tutto il ventaglio di partiti che sono apparsi in tale occasione, mischiando, a diversi gradi, politica ed affarismo puro e semplice. Ma in Germania, sul piano politico, a sinistra i posti erano già solidamente occupati dalla SPD che, dalla caduta del Muro si è estesa all'Est del paese. L'apparato della SED non poteva trasformarsi in partito socialdemocratico classico. Non poteva neanche riconvertirsi massicciamente in partito di affaristi. In effetti la grande borghesia dell'Ovest si è rapidamente impadronita, a basso costo, di tutto quello che, nel potenziale economico della RDA, gli sembrava interessante per far fruttare i suoi profitti, e la maggioranza delle altre imprese di Stato, combinat o aziende agricole collettive, è stata chiusa.

In tale contesto, un certo numero di quadri intermedi della SED, dei vecchi stalinisti sempre convinti che il Muro era una necessità, come quelli che si erano riconosciuti nella politica di perestroïka condotta da Gorbaciov nel corso degli anni 1985-1989, hanno tentato, dopo aver messo da parte i dirigenti più implicati nel vecchio regime, di mantenere un'esistenza politica sotto un nuovo nome creando il PDS. E siccome la situazione politica si è rapidamente degradata all'Est, con la comparsa di una disoccupazione di massa sconosciuta da decenni, questo partito è riuscito a conservare un capitale elettorale in quelli che si chiamano in Germania i "nuovi Länder", facendosi eco delle delusioni della popolazione, e apparendo per una parte di questa popolazione come il solo partito che la rappresenta mentre si sente abbandonata. Ma non è mai riuscito a sfondare all'Ovest, dove la situazione economica è meno catastrofica e dove la sua immagine di erede del Partito della dittatura stalinista perdura in tutta una parte dell'elettorato. Sui 70 000 membri che rivendica oggigiorno, ne conta solo 4000 all'Ovest. Per tentare di esistere in quella che corrisponde alla vecchia Repubblica federale, il PDS ha accolto nel suo seno un certo numero di militanti di estrema sinistra. E' così che l'ex responsabile della sezione tedesca del Segretariato unificato della Quarta internazionale, Winfried Wolf, è stato eletto al Bundestag su una lista del PDS dal 1994 al 2002.

Siccome per il momento non è stato associato al potere centrale, il PDS appare come più a sinistra dell'SPD. Ma nel corso dei suoi 15 anni di esistenza, non ha smesso, da un congresso all'altro, di modificare i suoi riferimenti al punto che non si differenzia più veramente dalla socialdemocrazia, mettendo sempre più in primo piano i discorsi sulla "solidarietà", la "giustizia" e la "democrazia", senza mai dargli un contenuto concreto. E non si è sentito imbarazzato nell'associarsi coll'SPD per gestire due Länder dell'Est del paese, Berlino ed il Mecklemburg-Pomerania occidentale. Qui dà la sua legittimazione ai drastici tagli effettuati dai governi di tali Länder nelle spese sociali e nei servizi pubblici.

Grazie al suo radicamento all'est, il PDS è riuscito alla fine a farsi un posticino in quanto apparato riformista. Ma restava senza prospettive al livello nazionale, con un numero di aderenti che si riduce regolarmente e con risultati elettorali incerti (alle legislative del 2002, era, col 4% dei voti, quasi scomparso dal Bundestag, conservando solo due deputati eletti nelle loro circoscrizioni di Berlino est).

... ai delusi della socialdemocrazia

La seconda componente delle liste che si sono presentate con l'etichetta Partito di sinistra proviene dall'SPD. Quando fu chiaro che in seno a quest'ultimo non c'era posto per la critica alla sua politica, e di fronte ai risultati elettorali calamitosi di Schöder, diverse iniziative sorsero per arrivare in un primo tempo ad un'associazione chiamata "Wahlalternative Arbeit und soziale Gerechtigkeit" (WASG), (Alternativa elettorale per il lavoro e la giustizia sociale). Tale raggruppamento è nato dalla fusione di iniziative di responsabili sindacali, essenzialmente di due federazioni appartenenti alla grande confederazione sindacale DGB, quella dei metalmeccanici (l'IG Metall) e quella dei servizi (ver.di), della rivista Sozialismus e di militanti altromondisti. Quella che in partenza era solo un'associazione, si è trasformata in partito nel gennaio 2005. L'SPD ha rapidamente decretato l'incompatibilità dell'adesione alla WASG con l'appartenenza all'SPD ed ha chiesto ai membri della WASG di uscirne, considerando quanti non avessero seguito tale decisione come esclusi dall'SPD.

La WASG si è data come portavoce Klaus Ernst, responsabile dell'Unione locale dell'IG Metall di Schweinfurt, una città media della Franconia, in Baviera. Ed ha anche accolto, a volte con reticenze, un certo numero di gruppi che fanno riferimento al trotskismo e che, dopo essersi investiti nel passato, gli uni nel movimento pacifista, gli altri presso i Verdi o nel SPD, si sono precipitati alla WASG.

Quanto ai suoi riferimenti politici, sono ancora meno radicali di quanto lo fossero quelli dei Verdi o del SPD ai loro inizi. Così, per esempio, nelle 28 pagine del suo programma non si trova una sola volta la parola "socialismo", ed il preambolo si accontenta di affermare: "la nostra azione politica si orienta verso l'idea direttrice della giustizia sociale". Frase che anche un politico di destra potrebbe riprendere.

Nei fatti, se si vuole l'espressione elettorale del malcontento che esiste nel mondo del lavoro verso le misure prese dal SPD, il nuovo partito non intende assolutamente sconvolgere l'ordine capitalista. Limita i suoi argomenti alla difesa dello "Stato sociale", termine utilizzato per magnificare la situazione esistente negli anni sessanta e settanta, epoca in cui l'SPD era già, da molto tempo, gestore leale del capitalismo ma in cui la situazione di quest'ultimo permetteva un certo numero di concessioni ai lavoratori. Ma la crisi, che da allora si è accentuata, ha condotto la borghesia a riprendere tutti i (piccoli) vantaggi che aveva concesso al mondo del lavoro. Accontentarsi di riproporre di ritornare, oggi, all'apparente conciliazione degli interessi del capitale e del lavoro che prevaleva allora, e che la borghesia ha abbandonato, è una pia speranza che non può fungere da politica per i lavoratori confrontati ad una classe capitalista sempre più aggressiva.

In partenza, la WASG non voleva lavorare col PDS, né presentarsi con lui. Alcuni dei suoi membri gli rimproveravano, in particolare, la sua partecipazione alla gestione "antisociale" dei due Länder dell'Est. Il piccolo gruppo della WASG di Berlino d'altronde proviene da una scissione del PDS di militanti scontentati da tale atteggiamento. Altri non vogliono mostrarsi con un partito che porta ancora troppo la marca dell'Est. D'altronde la WASG si è presentata contro il PDS in Renania del Nord-Westfalia nel maggio scorso, ed ha ottenuto il 2,2% dei voti, contro 0,9% al PDS.

E' lo scioglimento anticipato del parlamento, deciso da Gerhard Schröder subito dopo lo scrutinio regionale, che ha precipitato la conclusione di un'alleanza tra le due formazioni. I loro dirigenti rispettivi hanno capito subito qual'era il loro interesse: presentandosi separatamente rischiavano di non avere alcun eletto. Era evidente per il WASG che, da solo, non avrebbe raggiunto la barra dei 5% necessari per entrare al Bundestag. Il rischio esisteva anche per il PDS, anche se i sondaggi rilevavano un leggero aumento della sua quota.

Inoltre le loro forze erano complementari, il PDS disponeva ancora di una base importante all'Est, mentre l'insediamento della WASG si limita all'Ovest del paese, dove, anche se debole, poteva rappresentare un apporto prezioso per il PDS. Ci sono comunque voluti due mesi alle due direzioni per far accettare tale prospettiva dalle loro basi rispettive. Ed è in questo momento, giusto all'indomani dell'annuncio delle nuove elezioni, che il vecchio cavallo di ritorno della politica tedesca, Oskar Lafontaine, si è rifatto vivo. Ministro-presidente della Sarre dal 1985 al 1998, presidente dell'SPD nel 1995 e nel 1999, ministro delle Finanze del governo di Schröder nel 1998, si era messo in riserva nel 1999 uscendo dal governo ma era rimasto membro del partito. Se ne è dimesso solo il 24 maggio scorso per raggiungere la WASG e diventarne rapidamente la figura di spicco. Con Oskar Lafontaine, il nuovo raggruppamento ha guadagnato un politico di esperienza. Con lui, solo un altro responsabile di livello comparabile ha raggiunto la WASG : Ulrich Mauer, ex-segretario dell'SPD del Bade-Wurtemberg e deputato regionale in questo stesso Land, membro del Comitato direttore del partito dal 1990 al 2003.

Siccome la legge non autorizza le coalizioni di partiti a presentare candidati, la sola soluzione era che il PDS costituisca quelle che in Germania si chiamano "liste aperte", che possono accogliere candidati esterni. Ma la WASG non voleva figurare su liste intitolate PDS, un nome che, per lei, aveva ancora un odore di stalinismo. E' per questa ragione che il PDS ha cambiato nome, diventando a luglio il Partito di sinistra. Non è stato facile. Una parte della sua base voleva conservare il riferimento al socialismo ed è stato deciso che le liste del Partito di sinistra potevano continuare ad aggiungere l'etichetta PDS al loro nome. Ed è quello che è successo nei Länder dell'est del paese.

Infine, sulle liste comuni, qualche posto è stato riservato a candidati della Federazione delle unioni democratiche dei lavoratori turchi (DIDF) - che ha avuto un eletto - e del Partito comunista tedesco (DKP), il PC tedesco dell'Ovest che, dopo una profonda crisi nel 1989-1990 (ha perso a quest'epoca i due terzi dei suoi membri), ha rifiutato di giungersi al PDS ed ha ripreso un po' di vigore cercando di mantenere un'identità comunista.

Ricomposizione alla sinistra della sinistra o riedizione di uno scenario già noto?

Non si può aspettare nessun cambiamento politico e sociale dal risultato delle elezioni, ma al contrario la continuazione della stessa politica anti-operaia condotta nel corso degli anni passati dall'SPD e dai Verdi, questa volta sotto una direzione congiunta CDU/SPD. Ma almeno l'emergenza del Partito di sinistra apre una prospettiva alla classe operaia, per difendersi e cambiare il rapporto di forze?

Sfortunatamente no. Poiché se Gregor Gysi, dirigente del Partito di sinistra-PDS, ha esclamato la sera dello scrutinio: "finalmente esistiamo in Germania", ciò significava precisamente: come un partito che conta sul piano elettorale e parlamentare. Le prospettive dei dirigenti del Partito di sinistra non escono da questo quadro. Ed è così che hanno annunciato che agiranno in modo prioritario in tre direzioni: chiedere la revisione dell'Hartz IV (il pacchetto di misure anti-disoccupati), il ritiro delle truppe tedesche presenti in Afghanistan, e presentare un progetto di legge per un salario minimo (inesistente in Germania). Ma in modo evidente non hanno nessun mezzo parlamentare per far approdare tali misure, che restano comunque limitate... e soprattutto nient'altro da proporre ai lavoratori per riuscirci.

E se il 23 settembre, al momento della costituzione del loro gruppo al Bundestag, che ha preso il nome di La Sinistra, Lafontaine e Gysi hanno ripetuto che non cercavano di partecipare al governo poiché, per il momento, non c'è nessun partito che, come il Partito di sinistra "rigetta l'Agenda 2010 e gli impegni guerrieri della Bundeswehr", Oskar Lafontaine si è sbrigato di aggiungere: "se ci fosse una politica che potremmo approvare, saremmo obbligati ad accettare le offerte di discussione per la formazione di un governo". E' un punto di vista che è stato ripetuto da altri responsabili de La Sinistra e che sottintende che, per esempio, se l'SPD un giorno ritornato all'opposizione cambiasse linguaggio, sarebbe possibile governare con lui.

Non è la prima volta nella storia che un partito socialdemocratico, compromesso al potere e avendo condotto una politica troppo apertamente a favore dei possidenti, suscita, nel suo seno o ai suoi margini, un'opposizione che finisce per produrre una nuova formazione. Ma questi socialdemocratici di sinistra, critici a parole, si sono sempre accontentati di accompagnare il malcontento di una parte degli elettori popolari per canalizzarlo meglio nell'arena parlamentare.

E' un simile posto che aspirano ad occupare i dirigenti del Partito di sinistra. Questi ormai hanno l'intenzione di presentarsi insieme alle elezioni regionali che si svolgeranno nel marzo prossimo, nella Bade-Wurtemberg, in Renania-Palatina e in Sassonia-Anhalt, come anche a Berlino in ottobre. E di fondersi tra un anno o due. Ciò si realizzerà ? Senza dubbio è troppo presto per dirlo. Tanto più che le battaglie di apparati e di persone sono già in atto per spartirsi la presunta torta elettorale. Ma, al di là di queste querelle, ciò che li unisce è la preoccupazione comune di cercare di occupare lo spazio lasciato vuoto dall'evoluzione sempre più a destra dell'SPD, facendo da sfogo all'elettorato di sinistra deluso.

Ora, le classi popolari sono confrontate ad una situazione politica e sociale che necessiterebbe una risposta ad un ben altro livello. Il governo che si prepara accentuerà gli attacchi contro il mondo del lavoro, col pretesto di continuare le "riforme". E l'offensiva padronale continuerà. Dei trust come Volkswagen, Siemens e Mercedes hanno già annunciato migliaia di soppressioni di posti di lavoro.

In questo contesto sarebbe necessaria una reazione su un terreno di classe, contro le chiusure delle fabbriche, contro la disoccupazione, contro gli attacchi del governo. Poiché è nelle imprese e nelle piazze che i lavoratori rappresentano una forza considerabile, una forza che, sola, potrebbe dare un colpo di freno agli attacchi in corso e far indietreggiare la borghesia ed i politici al suo servizio.

D'altronde reazioni in questo senso si sono già verificate da due anni, con le manifestazioni contro le misure Hartz IV e lo sciopero spontaneo degli operai della Opel, rapidamente fermate dalla burocrazia sindacale. Ed ancora altri movimenti che non hanno fatto le prime pagine dei mass-media ma che non per questo erano meno significativi del malcontento operaio. Ed è anche questo che in un certo modo traduce la netta progressione dei voti registrata dal Partito di sinistra. Certo, tutto ciò resta limitato, ma testimonia del fatto che esiste una frazione della classe operaia che è pronta a reagire.

Questi lavoratori, questi militanti sindacali combattivi avrebbero bisogno nel prossimo periodo di un partito che li aiuti a ritrovare la strada della lotta di classe, ad organizzare le lotte necessarie, a coordinare e ad educare la classe operaia in questa prospettiva.

Tale prospettiva oggi può sembrare lontana in Germania. Ma non è certo col dare una legittimazione al progetto politico di un partito che ha alla sua testa politici come Lafontaine o Gysi, come hanno fatto un certo numero di militanti di estrema sinistra, non è mostrando il Partito di sinistra come esempio di una ricomposizione politica "alla sinistra della sinistra" oppure parlando come l'ha fatto Manuel Kellner, responsabile di uno dei gruppi tedeschi legati alla LCR, di una "data storica per il movimento operaio in Germania" a proposito del suo successo elettorale, che si potrà fare un passo in tale direzione.

11 ottobre 2005