Lotta Comunista, una strana scienza del marxismo

Yazdır
11 gennaio 2025

(Da Lutte de classe n° 245 - Febbraio 2025)

* * * * * * * *

Nell'ottobre 2024 si è svolto un incontro tra militanti di diversi settori d'intervento di Lutte Ouvrière e di Lotta Comunista. I due resoconti dell'incontro scritti da ciascuna delle organizzazioni contengono le loro valutazioni a dir poco diverse. Cerchiamo in questo articolo di ripercorrere le differenze politiche tra noi, che sono state in qualche modo confermate dall'incontro.

Nella situazione attuale, in cui l'esacerbazione della crisi e l'aumento della guerra rendono ancora più vitale che la classe operaia sia preparata a svolgere il suo ruolo e proporre le proprie soluzioni politiche per porre fine al capitalismo, l'esistenza di un'autentica direzione rivoluzionaria internazionale sarebbe ovviamente essenziale. A nostro avviso, questa direzione dovrebbe basarsi sulle conquiste del movimento operaio rivoluzionario, come proposto da Trotsky nel 1938, quando fu fondata la Quarta Internazionale e fu elaborato il Programma transitorio.

Purtroppo, le varie organizzazioni che oggi rivendicano il titolo di Quarta Internazionale sono ben lungi dal rappresentare la continuità con questo patrimonio politico. Lutte ouvrière, che continua a farci riferimento, non può realmente difendere le sue idee nell'ambito di questi raggruppamenti. Deve quindi farlo in modo autonomo, così come la tendenza internazionale a cui appartiene, l'Unione Comunista Internazionalista (UCI).

Scambi necessari

Non pretendiamo di essere la direzione che oggi manca ma lottiamo, al nostro livello, perché possa sorgere. Sappiamo anche che l'esistenza effettiva di una direzione rivoluzionaria del proletariato non può essere il risultato di un artificio; deve diventare un fatto politico, in determinate condizioni che nessun proclama di un'organizzazione o di un raggruppamento internazionale può sostituire. Ma la consapevolezza di questa situazione non deve in alcun modo impedire alle organizzazioni che si dichiarano comuniste rivoluzionarie di incontrarsi e discutere, scambiando esperienze e idee. D'altronde, senza questi scambi, sarebbe impossibile pensare di poter andare un giorno verso la costituzione di una vera e propria Internazionale.

La nostra organizzazione ha quindi sempre incoraggiato i propri militanti a confrontare le proprie idee e pratiche con quelle di altri gruppi che si dichiarano comunisti rivoluzionari. Questa esigenza è illustrata ogni anno alla festa di Lutte Ouvrière, dove gruppi francesi e stranieri, con i quali spesso non siamo d'accordo su molti punti, vengono a sostenere le loro idee. Ma al di là di questi dibattiti puntuali, riteniamo utile e necessario avere, ogni volta che è possibile, degli scambi più approfonditi con altre organizzazioni. Da questo punto di vista, l'incontro tra militanti di LO e LC è stato un evento positivo, non solo dal punto di vista teorico tra organizzazioni che si dichiarano trotskiste da un lato e leniniste tinte di bordighismo dall'altro (1), ma anche dal punto di vista pratico. Così si può valutare il modo in cui i principi teorici, che possono apparire più o meno generici o astratti, si traducono in una reale attività militante.

Quale intervento nelle aziende?

Entrambe le organizzazioni concordano sul fatto che il problema principale che devono affrontare i militanti dei piccoli gruppi, che vogliono svolgere una politica rivoluzionaria all'interno del proletariato, è innanzitutto quello di radicarsi effettivamente nella classe operaia. Ma se condividono la necessità di rivolgersi agli operai, non è nello stesso modo, né soprattutto per dire loro le stesse cose. In realtà, a nostro avviso, la pratica militante di Lotta comunista, nella classe operaia, non è davvero l'espressione di una politica comunista rivoluzionaria, così come dovrebbe essere in ogni situazione concreta che i lavoratori devono affrontare.

Un esempio lampante di ciò è stato dato dalla discussione sull'intervento nei sindacati. Secondo quanto scritto dai compagni di Lotta comunista nel loro resoconto della riunione di ottobre, i sindacati sono "uno strumento di classe in cui si combatte una battaglia per la direzione, attraverso la quale i rivoluzionari possono contrastarne l'uso da parte delle burocrazie social-imperialiste". Vedere nei sindacati, così come sono oggi, degli "strumenti di classe" è un'analisi quantomeno riduttiva della loro natura. Soprattutto nei Paesi imperialisti, essi sono integrati nei meccanismi di concertazione sociale e persino nell'apparato statale a tal punto da essere di fatto cogestori dello sfruttamento capitalistico al fianco dello Stato.

Naturalmente, i militanti rivoluzionari che intervengono nella classe operaia sanno che i primi passi compiuti dai lavoratori per difendere i loro interessi collettivi sono rivolti, il più delle volte, verso i sindacati. Sanno che nelle fabbriche i lavoratori più combattivi si rivolgono per primi, nelle aziende, alle organizzazioni sindacali. Ciò significa che queste ultime hanno, a dir poco, una doppia natura e che parlare dei sindacati in generale, che per loro stessa peculiarità sarebbero uno "strumento di classe" - e quindi della classe operaia - equivale a rifiutare di vedere che i dirigenti degli attuali apparati sindacali sono in realtà strumenti della classe borghese e del suo dominio.

La "battaglia sindacale"

Lotta comunista parla di "battaglia per (...) prendere la direzione" dei sindacati. Ma per i militanti rivoluzionari, la conquista della direzione di queste organizzazioni, che oggi non hanno una politica rivoluzionaria, potrebbe avvenire solo in un contesto completamente diverso, in cui la classe operaia fosse realmente impegnata nelle lotte e in cui l'esistenza di una base combattiva e cosciente desse ai militanti i mezzi reali per impegnarsi nella lotta contro le direzioni sindacali burocratiche. Tuttavia, le attuali centrali sindacali in paesi come la Francia e l'Italia non solo sono completamente integrate nella gestione del capitalismo, ma mancano anche di una tale base, e questi due aspetti sono ovviamente collegati. La volontà di assumere la guida di questi sindacati, come avviene nel periodo attuale, porta in realtà Lotta comunista a cercare di occupare posizioni nei loro vari organismi e di relazionarsi, senza la minima critica, con ogni tipo di dirigente sindacale, compresi quelli molto lontani da una semplice posizione di "lotta di classe".

Gli esempi abbondano nei bollettini sindacali che i militanti di LC pubblicano o a cui contribuiscono, presentandoli come un mezzo per rivolgersi ai lavoratori delle loro aziende e, più in generale, a tutti gli operatori del settore, anche oltre confine. È il caso del Bollettino di cooperazione degli ingegneri e tecnici dei militanti dell'azienda Leonardo di Genova, un'azienda di punta nel settore degli armamenti. Nel numero di giugno 2021, questo bollettino è composto da una serie di articoli della Fiom, la federazione metalmeccanici della CGIL, della Leonardo, nonché di responsabili della CFE-CGC della Airbus Francia. Ci si chiede quale sia il senso di questo "confronto di esperienze" per un militante operaio che voglia costruire un'organizzazione rivoluzionaria, con dirigenti di un sindacato che presenta i suoi orientamenti come segue sul suo sito Internet: "Alla contestazione sistematica e sterile, la CFE-CGC preferisce il dialogo costruttivo e la negoziazione, che soli permettono di elaborare accordi vantaggiosi per tutti i lavoratori". Nella stessa ottica, la CFE-CGC afferma di voler "Costruire il futuro, essere una forza propositiva sulle questioni economiche e sociali e perpetuare i rapporti di fiducia tra lavoratori, aziende e sindacati".

Stefano Bonazzi, militante di Lotta comunista e segretario generale della Fiom di Genova, risponde a questa domanda in uno degli articoli intitolati "Il senso del nostro confronto", che non contiene una sola parola di critica alla politica di collaborazione di classe della CFE-CGC. Al massimo, riconosce un "approccio molto diverso", ma questo ha più a che fare con la natura corporativa di questo sindacato di dirigenti aziendali che con la sua diserzione dal terreno della lotta di classe. Per quanto riguarda l'interesse che trova in questa discussione, esso si riduce all'importanza che i due sindacati attribuiscono all'aumento del numero di "colletti bianchi", ingegneri e tecnici, nelle grandi aziende dei Paesi sviluppati, e che comporta "per un sindacato che non vuole essere costretto alla marginalità, l'obbligo vitale di pensare a come intervenire in direzione di questi lavoratori".

È ovviamente legittimo che i rivoluzionari si pongano il problema di rivolgersi a categorie di lavoratori come i tecnici o gli ingegneri, anche attraverso un dibattito con i militanti o i membri della CFE-CGC, ma non è la stessa cosa discutere con i dirigenti di questo sindacato, che non consiglieranno loro altro che gettare la bandiera rossa nel dimenticatoio e scegliere la sedia più comoda per partecipare al "dialogo costruttivo" con la direzione!

L'esempio dei bollettini in cui gli attivisti della Fiom di Leonardo si esprimono a fianco dei funzionari sindacali della CFE-CGC o di Force Ouvrière della Thales di Cannes è lampante. Ma gli altri bollettini sindacali, presentati dai militanti di Lotta Comunista come strumenti di intervento tra i lavoratori, non forniscono ulteriori risposte a chi si chiede quale politica condurre contro il padronato. Così è pubblicato dall'ufficio internazionale della FIOM di Genova, in cui i militanti di Lotta Comunista svolgono un ruolo di primo piano, un Bollettino internazionale in collaborazione in particolare con il sindacato tedesco IG Metall e con il coordinamento europeo dei consigli di fabbrica dell'industria siderurgica. Il numero di aprile 2023 contiene un articolo sull'"acciaio verde", scritto da un dirigente sindacale della ArcelorMittal di Brema, in Germania. L'autore commenta l'evoluzione verso un ipotetico "acciaio verde", sostenendo che la decarbonizzazione non dovrebbe essere condotta contro la gente, ma con essa, come se questo potesse essere un obiettivo dei lavoratori in una società in cui la borghesia è al comando. Con un linguaggio molto simile a quello delle pubblicazioni padronali, l'autore limita le richieste sindacali alla "qualificazione dei colleghi per nuovi lavori, all'utilizzo di programmi di pensionamento anticipato e, soprattutto, alla creazione di nuovi profili professionali". Aggiunge che il ruolo dei sindacati è quello di "lavorare sulle soluzioni, consapevoli del loro ruolo nei confronti dei politici e dei padroni".

Un intervento politico... apolitico

È facile capire che i militanti di Lotta comunista, giustamente, non si accontentano di questo tipo di intervento nei sindacati, che di fatto è orientato verso i vertici di queste organizzazioni. Un altro obiettivo del loro lavoro è quello di attirare i lavoratori nei circoli operai, che stanno cercando di sviluppare nei quartieri, all'esterno delle aziende. È ovviamente legittimo e persino essenziale per un'organizzazione operaia cercare di reclutare lavoratori sulla base delle sue politiche. Tuttavia, in quanto organizzazione rivoluzionaria, il reclutamento dei membri non può essere fine a se stesso. Ha senso solo se cerca di aiutarli ad acquisire una coscienza politica e ad avere un intervento militante nella classe operaia, che sia orientato alla lotta contro la società di classe sulla base delle idee comuniste.

Anche in questo campo, le differenze di pratica tra le nostre due organizzazioni sono indicative di quello che consideriamo l'abbandono del terreno politico da parte di Lotta comunista. Certamente i militanti non nascondono la loro bandiera rossa né il loro giornale, che si preoccupano di vendere ai cancelli delle aziende, un giornale le cui analisi dovrebbero convincere i lavoratori della validità scientifica e strategica del partito. Ma non basta sbandierare una scienza "marxista", anche se corretta, davanti ai lavoratori per conquistare la loro fiducia e convincerli su una determinata politica. Le analisi marxiste generali non possono sostituire la denuncia quotidiana delle politiche della borghesia e dei suoi governi, così come i lavoratori le subiscono. Questa denuncia è totalmente assente dalle colonne del giornale Lotta comunista.

Il rifiuto di principio di questi compagni di candidarsi alle elezioni, in nome di un astensionismo "strategico", illustra la stessa riluttanza a esprimere la politica rivoluzionaria in termini concreti. È vero che le battaglie elettorali si svolgono per loro natura su un terreno "interclassista", come dicono questi compagni. Tuttavia, usare questo come pretesto per disertare questa attività significa privarsi della possibilità di rivolgersi all'insieme dei lavoratori per difendere un programma e delle idee che non siano "interclassiste" ma della loro classe, facendo leva sul loro senso del proprio sfruttamento e cercando di dargli un'espressione politica.

È stata probabilmente l'assenza di questo tipo di intervento propriamente politico a portare Lotta comunista a suggerire ai lavoratori, che frequentavano i suoi circoli operai, di partecipare ad azioni di "volontariato di classe", alle quali sembra attribuire grande importanza. Secondo un articolo apparso sul giornale Lotta comunista, queste azioni consentono di "portare una vera solidarietà, contro ogni razzismo e discriminazione". E si aggiunge che "Il lavoro di volontariato dei Circoli operai è un modo concreto di costruire un'opposizione internazionalista" (2) I militanti di Lotta comunista presentano questa attività come un modo per avvicinare i compagni di lavoro a loro e alle idee comuniste, offrendogli la possibilità di partecipare alle raccolte alimentari e alle distribuzioni che poi fanno alle famiglie in difficoltà, molte delle quali immigrate.

È normale che i lavoratori siano indignati per la crescente povertà nei quartieri popolari. Tuttavia, dovremmo interrogarci sul fatto che gran parte dell'intervento politico di un'organizzazione rivoluzionaria sia così confinato nell'ambito della carità. È vero che Lotta comunista risponde che il volontariato in questo caso è "di classe", ma non basta infilare un volantino in una distribuzione di cibo per trasformare un rapporto di beneficenza in un rapporto politico. Quanto al presentare questa attività come un modo concreto di combattere il razzismo e le divisioni tra i lavoratori, questo è fuorviante. Infatti questa attività stabilisce un rapporto di disuguaglianza tra i militanti che indossano il costume di buoni samaritani e i lavoratori, spesso immigrati se si capisce bene, che ricevono gli aiuti e sono quindi in debito con i primi. Sostenendo di aver trovato una "via concreta all'internazionalismo", Lotta comunista diserta di fatto l'arena politica per andare sul terreno delle organizzazioni caritatevoli cattoliche. Forse si conquisterà qualche convertito agli "Angeli rossi", come pare siano soprannominati alcuni dei suoi militanti, ma è dubbio che questo percorso porti davvero a un rafforzamento della coscienza rivoluzionaria di classe.

È lecito restare stupiti per l'abisso esistente tra le grandi analisi con tutti i certificati del "partito scienza" che rivendica una comprensione esatta del marxismo e questa "traduzione concreta" così lontana dal terreno politico. Ma queste sono solo le due facce, appunto, di una falsa comprensione del marxismo che impedisce a Lotta comunista di tradurlo in politica concreta. Condanna i suoi militanti, per quanto devoti e impegnati, a seguire semplicemente i vertici sindacali o, quando escono dall'arena aziendale, a ritrovarsi su un terreno umanitario e caritatevole. Nonostante i suoi proclami comunisti, ci si può domandare cosa differenzi la pratica di un'organizzazione di questo tipo da quella di un partito riformista.

Gli scambi e le discussioni tra i militanti delle organizzazioni comuniste rivoluzionarie sono utili e devono continuare, anche solo per confrontare le loro idee e i loro interventi. Ma se, come sottolinea Lotta comunista, l'obiettivo è quello di mettere la classe operaia in assetto di lotta per affrontare questo periodo di crisi e di guerre, allora ciò che è necessario e urgente è andare verso la costruzione di un'autentica Internazionale capace di essere una direzione rivoluzionaria del proletariato. Ci si può avviare su questa strada solo affidandosi al marxismo, ma a condizione di comprendere che esso non è solo una generica analisi dei meccanismi economici della società capitalista, ma va arricchito da tutto il capitale storico del movimento operaio rivoluzionario. Questo è ciò che il trotskismo rappresenta per noi, come trasmissione del capitale di esperienza della rivoluzione russa e del bolscevismo, della lotta contro la degenerazione stalinista, della lotta contro il fascismo, della comprensione del fenomeno imperialista e della rivoluzione permanente. Ignorando di fatto questo patrimonio, Lotta comunista si priva dello stesso "leninismo" che rivendica, a favore di un eclettismo senza metodo. Alla luce dei compiti urgenti posti dall'attuale periodo politico, sarebbe importante superarlo.

11 gennaio 2025

(1) Si legga su questo tema gli articoli "un carteggio tra Lutte ouvrière e Lotta comunista" e "Bordighismo e trotskismo" in Lotta di classe n° 24 di Ottobre 2017 e "Come Lotta comunista trasforma il marxismo" in Lotta di classe n° 26 di Maggio 2018 - Sito https://linternazionale.it

(2) Articolo "Apartheid all'italiana", Lotta Comunista n° 646, giugno 2024