L'ex Segretariato Unificato di fronte alla guerra in Ucraina

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L’ex Segretariato Unificato di fronte alla guerra in Ucraina
27 ottobre 2022

Da "Lutte de Classe" n° 227 - Novembre 2022

La guerra in Ucraina vede, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, la Russia confrontarsi con le potenze imperialiste. Una coalizione di una quarantina di Stati, la maggior parte dei quali membri della Nato, sta intervenendo attraverso l'esercito e il popolo ucraino. Questo blocco fu creato nel 1949 dagli Stati Uniti contro l'Unione Sovietica, ma quando essa si sciolse, nel 1991, la Nato non scomparì. Da allora, la Nato ha più che raddoppiato i suoi paesi membri e, dopo aver integrato paesi dell'ex blocco dell'URSS in Europa orientale, le sue forze si sono avvicinate ai confini russi. Per completare questo accerchiamento, Washington ha costantemente cercato di staccare l'Ucraina dalla Russia. Già nel 1991 i consiglieri della Casa Bianca e gli strateghi statunitensi spiegarono che questo era il modo migliore per impedire alla Russia di tornare a essere una grande potenza.

Un passo decisivo è stato compiuto quando il potere ucraino è passato alla parte occidentale nel 2014. Il Cremlino replicò amputando l'Ucraina della Crimea e poi di parte del Donbass, dove Kiev lanciò una guerra di riconquista con il crescente sostegno militare occidentale. Mentre Kiev si mostrava sempre più impaziente di aderire all'Unione Europea e soprattutto alla Nato, Putin attaccò l'Ucraina il 24 febbraio scorso.

In un contesto di aggravamento della crisi mondiale e di crescenti tensioni tra l'imperialismo e paesi, come Cina e Russia, che hanno i mezzi economici, statali, militari e demografici per non sottomettersi completamente ad esso, qual è la posizione della principale corrente di quella che si presenta come la Quarta Internazionale?

Diverse correnti pretendono di essere "la" Quarta Internazionale. Se nessuna di esse ha un bilancio concreto da presentare come corrente comunista rivoluzionaria, la più importante in termini di dimensioni è l'ex Segretariato Unificato (ex SU). A suo dire, esso federa, più o meno vagamente e in vari modi, gruppi in quaranta Paesi, tra cui l'NPA in Francia, Sinistra anticapitalista in Italia e, nell'ex URSS, due gruppi molto piccoli: RSD (Movimento socialista russo) e Sotsialny Roukh (Movimento sociale) in Ucraina (1).

Vogliamo qui discutere le posizioni di questa corrente (2), espresse dalla sua direzione, l'Ufficio esecutivo, il 1° marzo e il 24 maggio (3), nonché da alcuni dei suoi gruppi.

Questa corrente non ha, come d'altronde qualsiasi altra tendenza del trotskismo, i mezzi per influenzare gli eventi in Ucraina o altrove. Se ne parliamo, nonostante tutto, è perché ciò ha il merito di far luce sulla politica che essa conduce, o meglio segue, sulla scia di ambienti estranei o addirittura ostili alla difesa degli interessi della classe operaia.

Quando l'ex SU abbandona le analisi di Lenin e Trotsky

La Dichiarazione dell'Ufficio esecutivo della Quarta Internazionale sull'invasione dell'Ucraina, del 1° marzo, ha denunciato "l'invasione militare del territorio di una ex nazione oppressa da parte di un regime capitalista oligarchico, autocratico e imperialista il cui obiettivo è la ricostituzione dell'Impero russo".

Il SU, nel momento in cui riprendeva almeno formalmente l'analisi di Trotsky sull'URSS staliniana, definiva giustamente quel regime come uno Stato operaio degenerato. Ora descrive la Russia come un regime capitalista e imperialista. Eppure, per quanto ne sappiamo, non si è mai preoccupato di spiegare in modo convincente come uno Stato capitalista sviluppato, imperialista in senso marxista, possa essere sorto da una URSS che si era appena disgregata e la cui economia era in rovina. Più di un secolo fa, quando Lenin definì l'imperialismo come lo stadio più alto del capitalismo, si basava sull'analisi delle trasformazioni avvenute all'interno del capitalismo e della nuova modalità di dominio mondiale che ne era derivata, in relazione all'esportazione di capitali da cui le borghesie dei Paesi più ricchi non potevano più ricavare profitti sufficienti in patria.

La società e l'economia russa di oggi non sono il prodotto dell'evoluzione organica del capitalismo verso lo stadio imperialista. Certamente, la Russia sta "investendo" nell'ex spazio sovietico, e soprattutto lì. Perché è spinta da motivazioni principalmente politiche e non dagli imperativi della riproduzione estesa del capitale, come i Paesi imperialisti dell'Europa occidentale e del Nord America.

E questo è vero sotto molti aspetti. Ad esempio, da quando è diventato capo dello Stato russo, Putin ha periodicamente deplorato, invano, la fuga di capitali organizzata dai ricchi russi. A tal punto che la Russia dipende dalla buona volontà dei trust occidentali per modernizzare la propria economia. Il risultato è che questo Paese di 150 milioni di abitanti, che ha ereditato una certa base economica dall'URSS, ha un PIL vicino a quello della Spagna, che è tre o quattro volte meno popolata. Un risultato più preoccupante della guerra del Cremlino in Ucraina è che la Russia, relegata allo status di fornitore di materie prime nella divisione globale del lavoro, dipende in parte dalle imprese occidentali per ottenere i componenti indispensabili alla sua industria delle armi.

L'ex SU e le sue organizzazioni sono liberi di rivedere la definizione marxista di imperialismo. Liberi di ripetere incessantemente che sono contro l'"imperialismo" russo, menzionando raramente l'imperialismo occidentale. Si potrebbe certamente dire che usano la parola "imperialismo" nel senso in cui gli storici la applicano a formazioni così diverse nel tempo, nello spazio e nell'organizzazione sociale come l'Impero Romano, quello che i cinesi chiamavano Regno di Mezzo o l'Impero Napoleonico. Ma come può questo aiutare i militanti della classe operaia e della rivoluzione socialista mondiale a comprendere la posta in gioco in questa guerra, i rapporti tra le classi, la dinamica delle forze in gioco? In nessun modo.

Possiamo invece vedere ciò che l'ex SU può sperare: che ciò lo aiuti a trovare il favore di coloro che detestano il regime di Putin, ma che, vedendo nell'Occidente la promessa di un El Dorado, non hanno nulla da dire sulle azioni dell'imperialismo. Per non offendere le illusioni o i pregiudizi di queste persone in Ucraina, Russia e Occidente, l'ex SU ripete "imperialismo russo" come un mantra.

Non è la prima volta che l'ex SU si mette contro Lenin o Trotsky. Lo ha fatto così spesso che si potrebbe non accorgersene, se ciò non avesse implicazioni gravi in questo periodo di acuita tensione internazionale. La definizione militante di Lenin, infatti, ha permesso a generazioni di rivoluzionari di non cadere dalla parte del "loro" imperialismo. Ha permesso loro di orientarsi, di capire cosa significasse l'imperialismo in termini di barbarie per l'umanità e di inculcare nei lavoratori l'idea che ci sarà una vera emancipazione per loro solo se la classe operaia prenderà coscienza della necessità di abbattere il sistema capitalista nelle sue cittadelle imperialiste.

In realtà, dietro la rinuncia teorica di questa corrente, emerge l'abbandono della prospettiva socialista rivoluzionaria. È questo ciò che implica la sua scelta di riprendere quello che si dice e che piace nei circoli accademici, ecologisti, anarchici e progressisti e, in Europa dell'Est, nei circoli filo-occidentali più o meno di sinistra e che si avvicinano al nazionalismo... L'ex SU fa gli occhioni dolci a questa nebulosa che condivide lo stesso rifiuto del compito storico della classe operaia: rovesciare il capitalismo. Lo fa con tanto più zelo quanto più vorrebbe far dimenticare ciò di cui si rivendicava non molto tempo fa: per esempio, comunismo e rivoluzione, che la LCR esibiva nel suo nome, prima di cambiarlo con un "anticapitalismo" vago e consensuale negli ambienti a cui mira; o trotskismo, un termine di cui le organizzazioni dell'ex SU non si rivendicano più, perché evoca troppo la difesa dell'eredità dell'Ottobre che tanto irrita la maggioranza dell'intellighenzia piccolo-borghese.

Indipendenza e democrazia in stile imperialista

Alla vigilia della guerra in Ucraina, l'ex SU si pronunciava ancora "Contro l'escalation militare di Nato e Russia", mettendo i due protagonisti sullo stesso piano (4). Ma non appena la guerra iniziata, questi due campi non furono più messi sullo stesso piano. Così, la sua Dichiarazione del 1° marzo inizia enumerando a lungo gli episodi della "politica sciovinista e imperialista della Grande Russia iniziata [...] dopo la dissoluzione dell'URSS": guerre cecene, "guerra energetica", "strumentalizzazione dei conflitti tra minoranze nazionali", "guerra con la Georgia", "annessione della Crimea" e "creazione di 'repubbliche' separatiste nel Donbass ucraino controllato da mercenari filorussi", "sostegno militare [...] a Lukashenko in Bielorussia", "intervento militare" contro una rivolta popolare in Kazakistan...

Il potere della burocrazia russa è infatti responsabile di molti degli eventi che hanno insanguinato l'ex URSS negli ultimi trent'anni. Ma perché il testo qui citato non stila, per lo stesso periodo, un elenco almeno altrettanto lungo di misfatti commessi dalle grandi potenze europee e americane? Non cita nemmeno la politica aggressiva ed espansionistica dell'imperialismo nei confronti dei vari Stati nati dall'URSS e soprattutto della Russia.

Questa cecità intenzionale gli permette di contrapporre, in un modo che ricorda la propaganda dei media occidentali, "la Russia, [che] ha un regime parlamentare autoritario e repressivo, con deputati di estrema destra alla Duma" - che nessuno contesta - all'Ucraina, "un Paese indipendente che ha conservato un regime di democrazia formale" - che è discutibile.

Ucraina, un paese indipendente? Ma da chi, da cosa? Non dagli oligarchi che lo saccheggiano. Non da Zelensky, che è al servizio di questi predatori. E ancor meno dalle grandi potenze imperialiste, il cui aiuto finanziario è stato necessario allo Stato ucraino per far quadrare i conti per anni. L'Ucraina sta pagando un prezzo altissimo per questo: ha dovuto aprirsi completamente alla penetrazione del capitale occidentale, non proteggendo più le sue industrie e la sua agricoltura, e consegnando le sue classi lavoratrici ai gruppi internazionali, alla disoccupazione e alla miseria, finendola con le vecchie protezioni sociali. E poi, come potrebbe esistere un'Ucraina indipendente, quando la sua sopravvivenza dipende dal sostegno militare decisivo dei Paesi imperialisti?

Quanto all'affermazione che Kiev avrebbe preservato la democrazia, anche formalmente, questa è una favola. Le Monde del 18 ottobre ha riportato in dettaglio come Zelensky abbia imposto la legge marziale e una censura implacabile, controllando la televisione e offrendone diversi canali ai suoi amici oligarchi.

Certo, il testo dell'ex SU segnala di sfuggita che "le forze di estrema destra e fasciste erano molto visibilmente presenti durante le proteste della piazza Maidan nel 2014". Ma omette di dire che l'attuale regime, emerso da tali proteste, ha conferito il titolo di "padre fondatore" ed eretto statue a Stepan Bandera, un eroe del nazionalismo di estrema destra. Bandera, che si dichiarò nazista nel 1938, proclamò uno Stato ucraino indipendente, nella scia dell'invasione tedesca dell'URSS: Hitler lo gettò in prigione, prima di farlo uscire come alleato nel 1944. I Banderisti, che si unirono in gran numero alla polizia ausiliaria tedesca, si illustrarono in massacri di ebrei, polacchi e comunisti. Combattendo contro l'Armata Rossa, si opposero talvolta anche alla Wehrmacht, prima di riformare un'alleanza con essa nel gennaio 1944. L'altra corrente ultranazionalista, quella di Melnik, organizzò decine di migliaia di uomini nella divisione SS Galizia nel 1943 e in altre formazioni SS. Oltre all'esercito regolare, Kiev si è affidata a paramilitari di estrema destra che fanno appello a queste tradizioni per combattere nel Donbass dal 2014 e, dopo il 24 febbraio 2022, per istruire i volontari delle milizie di difesa.

Per sostenere la favola del regime democratico, la dichiarazione dell'ex SU tace il fatto che lo Stato ucraino di Poroshenko e poi di Zelensky ha abolito l'istruzione pubblica nelle lingue delle minoranze ungherese, rumena e polacca - un sistema che risale all'URSS - e nella lingua di gran parte dei lavoratori del Paese: il russo. Questa omissione da parte dell'ex SU ha lo scopo di placare Sotsialny Rukh (SR), che insiste sull'uso esclusivo dell'ucraino nella sfera pubblica (5). In questo, è in linea con la posizione dei nazionalisti e della piccola borghesia intellettuale, che sono più interessati a imporre il principio di "uno Stato, una lingua" che a rispettare la democrazia, anche se formale, per le classi lavoratrici.

In un'altro campo, la dichiarazione nasconde anche la promulgazione di leggi che vietano la promozione del "totalitarismo fascista e comunista". Nei fatti, il regime non nasconde la sua compiacenza con l'estrema destra, ma riserva i rigori della legge a chiunque si dichiarasse comunista, rivoluzionario o favorevole alla lotta di classe. I leader di SR hanno d'altronde bandito dalle loro apparizioni pubbliche qualsiasi sigla o riferimento vietato dalla legge sulla "decomunistizzazione", alfine, dicono, di non prestarsi alla repressione. L'ex SU non può ignorarlo, tanto più che SR aveva già invocato questa ragione nel 2015, quando decise di cambiare il proprio nome da Liva Opozytsia (Opposizione di Sinistra) al più neutro Sotsialny Roukh (Movimento Sociale), che gli consente di presentarsi come una ONG! (6)

La Nato fuori dal radar dell'ex SU

Solo a metà della Dichiarazione (capitolo 3) questa corrente menziona finalmente la Nato e ricorda di essersi opposta a questo "strumento dell'imperialismo americano e dei suoi alleati [...] fin dalla sua creazione". Questo è il meno che possa fare. Ma serve soprattutto a preparare ciò che segue: "La propaganda di Putin ha cercato di giustificare l'aggressione con l'allargamento della Nato a est, che avrebbe così messo in pericolo l'esistenza della Russia".

Dopo il 1991, tuttavia, i consiglieri dei presidenti statunitensi avevano previsto che, per indebolire definitivamente la Russia, sarebbe stato necessario non solo separarla dall'Ucraina, ma dividerla in diverse entità statali. L'ex SU lo sa, ma rifiuta a priori che l'invasione dell'Ucraina possa essere un atto di autodifesa del Cremlino. Ammettere questo non le impedirebbe di combattere la burocrazia russa, il suo regime e le sue politiche. Ma a tal fine dovrebbe anche porsi su un terreno di classe e non, come fanno le organizzazioni dell'ex SU e le loro pubblicazioni, partire da un punto di vista moralizzatore sul diritto degli aggrediti a difendersi, sulla democrazia di fronte alla dittatura, punto di vista che stravolge la realtà e soprattutto fa dimenticare ciò che è fondamentale per i marxisti: l'antagonismo di classe tra borghesia e proletariato.

Voler essere estranei alla lotta di classe si adduce perfettamente alla piccola borghesia intellettuale occidentale, russa o ucraina a cui si rivolge l'ex SU. Inoltre, in questa guerra, non si pone sull'unico terreno importante per i comunisti rivoluzionari: quello degli interessi dei lavoratori, siano essi ucraini, russi o di altri paesi.

Nel suo testo, l'ex SU mette sullo stesso piano la gracile CSTO (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva), composta dalla Russia e da altre cinque repubbliche ex sovietiche, e la Nato, il blocco militare delle potenze imperialiste. È vero che la dichiarazione rileva che con il suo "accumulo di armi sempre più potenti" la Nato è "osteggiata da gran parte della popolazione mondiale". Ma aggiunge, a spese del Cremlino, che "non è questo che preoccupa Putin" e, in difesa dell'imperialismo, che "in alcuni Paesi, colonizzati dallo zarismo o soggiogati dall'URSS, l'adesione alla Nato è stata sostenuta dalle popolazioni nella speranza che proteggesse la loro indipendenza".

Questa formulazione potrebbe essere applicata agli Stati baltici o alla Polonia. Ma l'Ucraina ha una storia diversa. Era oppressa dallo zarismo e le sue masse lavoratrici, durante la rivoluzione del 1917 e poi la guerra civile, scelsero di aderire alla federazione egualitaria di repubbliche sovietiche proposta da Lenin e Trotsky. Hanno potuto verificare che nel 1918-1919 i nazionalisti ucraini non avevano nulla di più urgente da fare che mettersi sotto la tutela della Germania, poi dell'Inghilterra e della Francia, e porre la loro popolazione sotto lo stivale delle vecchie classi possedenti.

Questi fatti storici, e ciò che essi implicano come verifica rivoluzionaria della politica bolscevica verso i popoli oppressi, Putin vieta di ricordarli in Russia, lui che accusa Lenin di aver tradito la Grande Russia "inventando" l'idea di un'Ucraina indipendente. In effetti, un divieto simile è in vigore in Ucraina, dove Zelensky e i suoi protettori occidentali vogliono cancellare ogni ricordo della Rivoluzione d'Ottobre e delle speranze che essa suscitò tra i lavoratori ucraini.

Gli scritti di Sotsialny Rukh (SR) vanno purtroppo in questa direzione: non fanno mai riferimento a questo periodo rivoluzionario della storia ucraina. Non che questi attivisti temano l'ira delle autorità, perché non mancano di coraggio individuale e collettivo. Lo hanno dimostrato in varie occasioni di fronte all'estrema destra. Ma con la guerra il coraggio fisico non basta più. Abbiamo bisogno di coraggio politico, il coraggio di rifiutare di marciare al passo, di allinearci con il nemico che è sempre nel nostro stesso Paese, secondo la formula, o quanto attuale, di Karl Liebknecht durante la Prima guerra mondiale.

Per quanto riguarda gli attivisti SR, oltre a considerare il regime di Putin come un nemico, dovrebbero vedere lo Stato ucraino come tale, lo Stato di Zelensky e degli oligarchi, lo Stato che è armato e ispirato dagli Stati imperialisti. E non è così. La Risoluzione adottata il 17 settembre dal loro congresso oppone i lavoratori ai diktat padronali, denuncia gli oligarchi e il loro potere, ma non prende mai in considerazione l'idea di rivolgersi ai primi per proporre loro l'obiettivo di spezzare il potere dei loro sfruttatori e di instaurare il proprio potere.

SR afferma: "Il nostro Paese merita un'organizzazione postbellica in cui il lavoro dignitoso, un sistema di assistenza sociale soddisfacente e l'accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria diventino una priorità". E aggiunge che difende un "progetto radicale di trasformazione della società sulla base di una completa liberazione della proprietà pubblica (citando come esempio le attuali ferrovie ucraine!) e della democrazia" (di cui abbiamo visto qui sopra di cosa si tratta).

Non è certo una cosa radicale, dal punto di vista sociale, e in ogni caso sarà per "dopo". Ma, soprattutto, non porre il problema del potere, di quale classe lo eserciti, e volere "giorni felici" per il "nostro Paese", ricorda il programma - che pretendeva di essere una trasformazione sociale sulla base della "vittoria" - del CNR stalinista-gollista per la Francia del dopoguerra. Un programma che significava tenere la classe operaia sotto il giogo affinché ricostruisse la Francia del capitale.

L'ex SU ha voluto mostrare solidarietà con SR. Una solidarietà che si traduce con un conformismo, un accodarsi, perché neanche l'ex SU ricorda nei suoi scritti cosa fosse e cosa significasse per le masse ucraine il potere dei soviet dell'epoca di Lenin e Trotsky. Tace, senza nemmeno poter dire che è a causa della censura. Un altro esempio di come l'ex SU e le sue organizzazioni seguano le correnti piccolo-borghesi: L'Anticapitaliste ha pubblicato il 14 aprile, senza commenti, ampi stralci della dichiarazione rilasciata il 7 aprile dall'RSD russo e dal Sotsialny Rukh ucraino. La loro posizione comune, purtroppo, ha poco di internazionalista. In sostanza, giustifica la Nato, dicendo: "È molto ingenuo chiedere la demilitarizzazione dell'Europa orientale [perché] questo renderebbe i Paesi più vulnerabili all'aggressione di Putin". Come se non fosse almeno altrettanto ingenuo credere che la Nato, il "braccio armato dell'imperialismo", come diceva una volta il SU, possa proteggere i popoli! Ma questo è ciò che affermano RSD e SR: "L'aggressore imperialista è la Russia, non la Nato, e se la Russia non viene fermata in Ucraina [in pratica, solo le potenze della Nato hanno i mezzi per farlo], continuerà certamente la sua aggressione [...] in Polonia, Lettonia, Lituania o Estonia".

L'ex SU non è così chiaramente allineata dietro il "nostro" imperialismo. Ma esso e le sue organizzazioni si mettono al seguito di piccoli gruppi dell'Europa orientale che si allineano sulla Nato e sul campo occidentale, quello dell'imperialismo.

Per discolparsi, l'ex SU invoca le "popolazioni di alcuni Paesi" che vorrebbero proteggere la propria indipendenza aderendo alla Nato. Le popolazioni? Ma in Ucraina e altrove in Europa centrale è soprattutto la piccola borghesia, imprenditoriale o intellettuale ma filo-occidentale, a chiedere l'"ombrello" della Nato. E anche se fosse vero che alcune popolazioni facciano lo stesso, da quando in qua i marxisti si piegano a ciò che "vogliono le popolazioni" quando ciò conduce a seguire i loro peggiori nemici di classe o a riprendere gli slogan della reazione più immonda? Questa posizione non è da comunisti rivoluzionari. E non dovrebbe essere quella della direzione di una corrente che rivendica, almeno sul suo sito, una filiazione con l'Internazionale fondata nel 1938 da Trotsky, lui che voleva costruire il futuro partito mondiale della rivoluzione proletaria.

Il diritto dei popoli rivisto dall'ex SU

Il resto del testo è di questa stessa stoffa: ha poco a che fare con la lotta per il socialismo internazionale e la difesa degli interessi della classe operaia, che è notevolmente assente dal modo in cui l'ex SU pone i problemi.

Dice: "La lotta contro l'estensione della Nato a est richiede [...] la difesa intransigente dei diritti nazionali e democratici dei popoli minacciati dall'imperialismo russo". Come se non fosse con il pretesto di difendere i diritti dei popoli contro la Russia che la Nato ha continuato ad espandersi! Il risultato concreto è che ovunque in Europa centrale i salari sono molto più bassi che in Germania o in Francia, la manodopera qualificata è consegnata ai grandi gruppi occidentali e, per garantire i loro profitti e la disuguaglianza sociale, le autorità stanno diventando sempre più autoritarie e reazionarie. Non fa eccezione l'Ucraina che, secondo SR, l'ex SU e il NPA, avrebbe imposto il suo "diritto all'autodeterminazione" permettendo l'insediamento di un governo filo-occidentale nel 2014.

La difesa del diritto all'autodeterminazione dei popoli oppressi dallo zarismo, uno dei pilastri della politica bolscevica, fu attuata dalle masse mobilitate, rivoluzionarie, delle nazioni oppresse e dell'ex nazione dominante, la Russia. Ed è solo in questo modo che tale difesa poté migliorare le loro condizioni. Ma la formula "diritto dei popoli all'autodeterminazione", che le organizzazioni dell'ex SU utilizzano in ogni occasione per giustificare il loro allineamento dietro la difesa dell'Ucraina da parte di Zelensky e della Nato, non contiene di per sé alcuna forza che garantisca i diritti degli oppressi. All'epoca della Rivoluzione russa, il rappresentante del principale imperialismo uscito vittorioso dalla guerra, il presidente americano Wilson, utilizzò spesso questo tema, anche con formulazioni molto simili, per gettare un velo pseudo-democratico sul ridisegno dell'Europa e sulla suddivisione delle colonie da parte degli Alleati in base ai loro interessi, che calpestavano i diritti dei popoli europei sconfitti e quelli dei popoli coloniali. Quanto alla neonata Società delle Nazioni, un "covo di briganti" come la definì Lenin, essa coprì il nuovo ordine imperialista con la bandiera del diritto all'autodeterminazione dei popoli.

Oggi, cosa significa quando l'ex SU afferma che la lotta per i diritti dei popoli porrebbe fine all'espansione della Nato verso est? L'ex SU parla di una lotta che non esiste, mentre ciò che è reale è che l'ex SU è in coro con le correnti nazionaliste di sinistra o democratiche all'interno della piccola borghesia ucraina. Quindi, dietro le parole, la sua affermazione è, nella migliore delle ipotesi, un pio desiderio e, di fatto, una rinuncia. E lo è su tutta la linea, quando leggiamo quanto segue: "L'imperialismo americano sta semplicemente approfittando della fuga in avanti del nuovo zar del Cremlino". L'imperialismo avrebbe quindi bisogno di un Putin per agire come tale? Non è una cosa seria.

Nel frattempo, l'ex SU fa appello alla responsabilità dei "militanti del movimento operaio e dei movimenti sociali [...] per sostenere la resistenza della nazione ucraina oppressa. Per fermare questa guerra, dobbiamo sanzionare il regime di Putin e aiutare l'Ucraina ad affrontare l'aggressione".

Su questi ultimi due punti, l'imperialismo sta facendo il suo lavoro: i pacchetti di sanzioni arrivano uno dopo l'altro, così come le forniture di armi. Ma, come ripete Biden, non è per fermare la guerra, ma per farla continuare; per dimostrare chi è che governa il mondo e qual è il costo per la Russia di non piegarsi abbastanza all'imperialismo.

L'ex SU dà il suo "sostegno alle sanzioni contro la Russia richieste dalla resistenza ucraina". Colui che chiede giorno dopo giorno armi e sanzioni è il presidente Zelensky, signore della guerra, che incarna la resistenza della "sua" nazione. La posizione dell'ex SU è quindi quella di allinearsi dietro ciò che vuole l'uomo dell'America posto a capo dello Stato ucraino.

L'ex SU non può nemmeno ignorare che le sanzioni che sostiene non sono tanto per gli oligarchi e i dignitari della burocrazia quanto per i lavoratori della Russia, che stanno pagando il prezzo dell'escalation della guerra condotta dall'imperialismo.

Per quanto riguarda la "resistenza della nazione ucraina oppressa", di cui si parla molto nel testo, essa è stata inquadrata dal 2014 da forze che difendono gli interessi dei nemici degli oppressi in Ucraina: i paramilitari di estrema destra, la borghesia imprenditoriale, gli oligarchi locali, i capitalisti occidentali e, soprattutto, le potenze imperialiste, tutti beneficiari e organizzatori dello sfruttamento dei lavoratori ucraini. Questi ultimi non hanno nulla da sperare da una vittoria di Putin. Ma far credere loro che la vittoria del campo di Zelensky-Biden potrebbe aprire la strada alla fine della loro oppressione, significa ingannarli, agire come un nemico dei lavoratori.

L'ex SU plaude alla Nato e all'Unione Europea

Il 24 maggio, l'Ufficio esecutivo ha pubblicato un nuovo testo : Guerra in Ucraina: solidarietà con la resistenza ucraina, contro tutti gli imperialismi.

Esso riprende le linee principali esposte il 1° marzo, con ancora meno riserve sul ruolo della Nato. Così, nel capitolo "La nostra posizione", si legge: "Gli ucraini stanno conducendo una lotta di liberazione nazionale contro l'invasione. Sosteniamo il loro diritto a resistere, anche militarmente [...] nel contesto di un nuovo conflitto inter-imperialista. In questa guerra, l'imperialismo occidentale, rappresentato dalla Nato e dall'UE, si è schierato e sostiene finanziariamente e materialmente la resistenza ucraina. Questo ha chiaramente rafforzato la resistenza e migliorato le sue prospettive".

L'ex SU può affermare di essere contro tutti gli imperialismi, ma in questo caso è contrapposto alla Russia ed è indulgente con gli Stati occidentali quando questi armano e finanziano lo Stato ucraino. Ma in che modo questo fatto migliora le prospettive della resistenza ucraina? Gli aiuti europei e americani hanno rafforzato a tal punto la capacità militare dello Stato ucraino da consentirgli di passare dalla fase difensiva a quella offensiva. Lo Stato ucraino e i suoi padrini possono vedere in questo un rafforzamento delle loro prospettive. Ma quale miglioramento vi è per le prospettive di resistenza popolare di cui parla l'ex SU? Possono i militanti della classe operaia credere e far credere che l'esercito russo debba essere cacciato dall'Ucraina per poi fare i conti con il regime degli oligarchi, che questa vittoria avrà rafforzato e che la Nato proteggerà?

Se così fosse, dovremmo combattere un'idea del genere, che è mortale per la classe operaia. E tanto più che sembra essere diffusa anche nell'estrema sinistra ucraina. Lo si può ascoltare in un video girato tra aprile e maggio (7), in cui vengono intervistati un sindacalista e militanti di estrema sinistra coinvolti nell'esercito di Zelensky.

Non è sorprendente che giovani o meno giovani militanti si illudano, sotto la pressione di un'opinione dominata da correnti difensive, guerrafondaie e nazionaliste. Il ruolo delle organizzazioni che non sono direttamente sottoposte a questa pressione, e soprattutto di un'Internazionale comunista rivoluzionaria e internazionalista, sarebbe proprio quello di aiutare questi militanti e giovani rivoltati dalla guerra e dall'ingiustizia sociale ad aprire gli occhi. Per fare questo, non bisognerebbe esitare a insegnare loro, in particolare, che il movimento comunista è stato costruito, durante il primo conflitto mondiale, lottando contro le politiche nazional-scioviniste e contro coloro che le promuovevano: i leader della Seconda Internazionale, che incatenavano i lavoratori al carro da guerra dei loro sfruttatori.

Invece, l'ex SU non dice nulla che possa turbare le illusioni dei militanti che dice sostenere in Ucraina, Russia o altrove. Canta loro la loro canzone, a meno che non sia il contrario. Questa corrente si è talmente abituata ad allinearsi sistematicamente sulle posizioni che soddisfano gli ambienti socialdemocratici o che riprendono ciò che è di moda in tale e tale strato della gioventù, dell'intellighenzia, per non dire della piccola borghesia, che non sembra più solo seguire questi ambienti. È diventata il riflesso di ciò che pensa questa categoria sociale, che rifiuta di prendere in considerazione l'opposizione fondamentale tra borghesia e proletariato.

Nel caso in questione, possiamo vedere da quali derive politiche ciò è accompagnato, quando l'ex SU riesce a trovare qualcosa di positivo nell'intervento delle potenze imperialiste europee e americane nel conflitto in Ucraina.

Si potrebbe dire che in questo caso l'Ufficio esecutivo, che copre con la sua autorità il suo opportunismo nei confronti del campo imperialista, sta facendo rivivere l'atteggiamento dei suoi antenati politici. In effetti, nel 1940-1941, nella Francia occupata da un imperialismo tedesco più potente, vedemmo la sezione più importante della Quarta Internazionale, abbandonata a se stessa dopo che un sicario di Stalin aveva appena assassinato Trotsky, sprofondare in una sacra unione con quella che chiamava "la borghesia pensante francese". Questa sezione francese, quasi interamente, buttò a mare tutto ciò che Trotsky aveva cercato di insegnarle, e mantenne tutto ciò che Trotsky aveva combattuto nelle giovani organizzazioni trotskiste, cercando di collegare alla classe operaia dei militanti certamente coraggiosi ma immersi negli ambienti della piccola borghesia riformista e socialdemocratica. Nel modo in cui i media, i governanti e purtroppo anche l'ex SU hanno contrapposto il buono, l'aggredito - l'Ucraina - e il cattivo, l'aggressore - la Russia - possiamo oggi vedere la ripresa di un copione ormai logoro. Infatti, prima e durante la Seconda guerra mondiale, gli stalinisti, i socialdemocratici ed altri avevano fatto di tutto per distogliere la classe operaia dalla rivoluzione sociale. A tal fine, le avevano presentato, come sostituto della lotta contro la borghesia, l'illusione della lotta tra due principi che si sarebbero dovuti escludere a vicenda e dai quali sarebbe dipeso il destino dell'umanità: la democrazia e il fascismo. In nome di ciò, avevano dispiegato tutti i loro sforzi per arruolare i lavoratori nel cosiddetto campo della democrazia, quello degli Stati imperialisti francese, inglese e statunitense, contro il campo dell'imperialismo tedesco e dei suoi alleati. In questo senso, possiamo dire che la storia balbetta.

La guerra è sempre stata un banco di prova per i rivoluzionari e il loro programma. Nelle circostanze della guerra di Putin e dell'intervento imperialista in Ucraina, possiamo vedere che, adattandosi alle idee di varie correnti della piccola borghesia, l'ex SU si sta allontanando sempre di più dal campo della rivoluzione socialista.

27 ottobre 2022

1 L'ex SU indica come membri l'NPA e l'RSD, non Sotsialny Rukh (SR); ma i gruppi affiliati all'ex SU presentano SR come "i nostri compagni".

2 Lo chiamiamo qui ex SU, il nome con cui è più conosciuto. Pierre Frank, Ernest Mandel, Livio Maitan, Alain Krivine furono tra i suoi dirigenti.

3 Il testo di queste dichiarazioni è disponibile sul sito web dell'ex SU.

4 La Dichiarazione del suo Ufficio esecutivo, pubblicata sulla rivista Inprecor n°693 e datata 31 gennaio 2022, porta questo titolo.

5 La Risoluzione adottata all'ultimo congresso di SR sviluppa questa posizione, anche se gli estratti pubblicati da L'Anticapitaliste (n. 633) non ne parlano.

6 Sostenendo la difesa dell'Ucraina da parte dell'esercito di Zelensky, SR compie anche azioni umanitarie (aiuti alimentari, vestiario per i rifugiati), che indica come esempio di resistenza popolare.

7 Il video Ukraine - Arms to the Left: Revolutionaries in War è disponibile sul canale Youtube della Rete europea di solidarietà con l'Ucraina (ESNU).