Il Belgio ha appena conosciuto la crisi di governo più lunga degli ultimi 40 anni, e non è ancora finita. Le divergenze tra i partiti politici fiamminghi e valloni hanno bloccato per sei mesi la formazione del governo federale dopo le elezioni del 10 giugno 2007.
La stampa belga, soprattutto francofona, si è prestata volentieri alle spacconate dei nazionalisti di ogni genere, alle provocazioni mediatiche e alle dichiarazioni sferzanti per evocare, alla fine, la possibilità di una scissione completa del paese.
In realtà, la smembramento del Belgio non è (o comunque non è ancora ) all'ordine del giorno. Ma dietro il problema linguistico a cui i mass media (nel Belgio e non solo) dedicano tanti commenti, si nasconde una minaccia contro tutti i lavoratori del paese, qualunque sia la loro lingua, perché sono tutti presi di mira dalle misure di austerità che i futuri governi, qualunque siano, non mancheranno di provare a varare.
Ovviamente questo non significa a che il problema linguistico non esista nel Belgio. Ha delle radici storiche. Ma è stato in gran parte inasprito dal fatto che tutti i dirigenti dei grandi partiti politici che hanno governato il paese, sia del Nord fiammingo che del Sud francofono, hanno mascherato la loro difesa degli interessi della borghesia sotto una escalation di pretesti comunitari e linguistici.
Le radici storiche del problema linguistico
Il Belgio è nato nel 1830 nel corso di circostanze che sono state il frutto dei mercanteggiamenti tra le grandi potenze europee e dei rapporti di forze tra di esse piuttosto che della volontà popolare. E' principalmente costituita da due regioni, le Fiandre al nord e la Vallonia al sud, situazione ancora più complicata dalla presenza di enclavi di lingua tedesca ad est.
Dopo il crollo dell'impero napoleonico che aveva inglobato per qualche tempo tutti i territori in riva al mare del Nord fino al dipartimento delle "bocche dell'Elba", sotto la prefettura di Amburgo, la Santa Alleanza aveva deciso di creare un regno dei Paesi Bassi che inglobava praticamente i territori dell'attuale Belgio.
Tale regno appariva come una costruzione artificiale, non solo perché inglobava territori francofoni, ma anche perché dal 17° secolo le province neerlandofone erano profondamente divise dal punto di vista religioso, tra protestanti al nord e cattolici al sud (le attuali Fiandre).
A questa divisione storica si aggiungevano potenti rivalità economiche. I porti di Anversa e di Rotterdam erano concorrenti. La Vallonia, entrata presto sulla strada dell'industrializzazione, aveva interessi diversi dall'agricoltura neerlandese. E poi l'assolutismo quasi assoluto di cui dava prova il re Guglielmo I suscitava un forte malcontento nelle province del sud. Soprattutto la sua volontà di imporre il neerlandese anche in Vallonia.
Come contraccolpo della rivoluzione francese del luglio 1830, una sommossa scoppiò a Bruxelles nel mese d'agosto, al termine della quale la "guardia borghese" rimase padrona della città. Il movimento si estese a numerose città in Vallonia ed anche nelle Fiandre. Non si trattava allora di indipendenza, ma di rivendicazioni da fare trionfare. Fu la volontà di Guglielmo I di risolvere i problemi con la forza ad innescare il processo che portò all'indipendenza del Belgio. Ma i Paesi Bassi difficilmente potevano imporre la loro volontà ad un paese come il Belgio, la cui popolazione numericamente era praticamente uguale alla loro.
Ma di fronte a tale situazione, le grandi potenze europee non rimasero a guardare. Nel sud del paese esisteva una corrente a favore dell'annessione alla Francia, ma la Gran Bretagna era completamente contraria. L'Austria, la Prussia, la Russia, l'Inghilterra e la Francia si riunirono nel novembre 1830 alla conferenza di Londra. Questa riconobbe l'indipendenza del Belgio, ma ne dettò le frontiere, costringendolo a rinunciare ad una parte del suo territorio, tra cui la parte del Lussemburgo che più tardi avrebbe dato luogo all'attuale "Granducato".
Rimaneva la questione di chi sarebbe salito sul trono del Belgio, poiché nell'Europa del 1830 non si poteva immaginare che il nuovo Stato avesse una forma repubblicana. Venne proposto un figlio di Luigi Filippo, ma l'Inghilterra lo costrinse a rinunciare. Dunque toccò ad un principe tedesco, Leopoldo di Saxe-Gotha, ereditare la corona.
La lingua ufficiale scelta per il nuovo Stato fu il francese, in modo esclusivo all'inizio. Può apparire strano in un paese dove i fiamminghi erano maggioritari. Ma in realtà le masse popolari valloni a quell'epoca non parlavano il francese più dei loro connazionali fiamminghi, anche se utilizzavano dialetti affini. E la costituzione belga istituì un suffragio censitario che riservava il diritto di voto ai più ricchi. La scelta linguistica fu determinata dalle classi dirigenti, francofone al Nord come al Sud. Non solo perché il francese godeva di un gran prestigio in tutta l'Europa del Settecento e dell'inizio dell'Ottocento, ma anche perché per i circa venti anni di annessione alla Francia sotto la rivoluzione e l'impero gli ambienti agiati nelle Fiandre come nella Vallonia avevano coltivato la lingua del potere e dell'amministrazione centrale.
La marginalizzazione della lingua fiamminga
Quelli che oggi vogliono che ci sia ancora più federalismo, come quelli che si pronunciano a favore della divisione del paese, per far valere le loro rivendicazioni prendono a pretesto il modo artificiale in cui fu costruito questo paese. Ma al contrario di ciò che si potrebbe credere leggendo la stampa attuale, all'inizio non furono i fiamminghi i fautori più accaniti della separazione amministrativa.
Certamente i mass media francofoni ricordano più facilmente lo slogan del Vlaams Blok "België Barst" ("crepi il Belgio" in fiammingo), più recente e più strepitoso delle dichiarazioni del 1912 del socialista vallone Jules Destrée nella sua lettera al re sulla separazione della Vallonia dalle Fiandre. Infatti quasi un secolo fa Destrée rivendicava già la separazione amministrativa delle due regioni col pretesto che un Belgio costituito dall'unione di due popoli "indipendenti e liberi" avrebbe formato uno Stato infinitamente più saldo di "un Belgio di cui la metà si crede oppressa dall'altra metà". Ma era un modo ipocrita di porre la questione perché la realtà sociale è che la borghesia, essenzialmente francofona all'epoca -anche nelle Fiandre- opprimeva davvero una popolazione fiamminga molto povera.
Almeno fino al 1873 gli operai e i contadini fiamminghi venivano processati e ricevevano ordini amministrativi in una lingua che non potevano capire. Ancora durante la prima guerra mondiale gli ufficiali davano i loro ordini in francese, una lingua che i soldati fiamminghi non potevano capire.
Jules Destrée non fu il primo dirigente politico vallone a negare i diritti della popolazione fiamminga -pure largamente maggioritaria- all'interno del Belgio unitario, rendendosi in questo modo alleato e complice della borghesia francofona che manteneva i lavoratori fiamminghi in soggezione, imponendo il francese come lingua unica. Il fiammingo era una lingua cosiddetta arretrata, buona solo per scrivere poemi! Era un modo ipocrita di preservare i posti amministrativi -tutti francofoni- dalla concorrenza fiamminga.
Infatti finché il neerlandese non fu finalmente riconosciuto come lingua ufficiale nel 1898, e addirittura fino alle leggi linguistiche del 1932 che -un secolo dopo la nascita del Belgio- istituirono il principio del monolinguismo regionale e del bilinguismo a Bruxelles, neanche la piccola borghesia fiamminga aveva accesso ai posti amministrativi del paese, né ai posti dirigenziali nelle imprese.
Infatti nel 1912 con la sua proposta di separazione amministrativa, Jules destrée non rivendicava altro che ciò che esigono oggi i dirigenti politici fiamminghi con pretesti ugualmente fasulli.
Il vero problema del Belgio non è l'eredità linguistica derivante dalle circostanze della sua fondazione. Il Belgio poteva benissimo essere uno Stato bilingue, e anche trilingue, neerlandese-francese-tedesco, che non avrebbe conosciuto più problemi linguistici della Svizzera, se il partito operaio belga (il POB, antenato del Partito Socialista) avesse avuto una politica giusta di fronte ad una borghesia francofona dominante, difendendo i diritti democratici degli operai e dei contadini fiamminghi.
Quando le Fiandre erano povere e la Vallonia era ricca
All'inizio dell'Ottocento, prima della grande ondata d'industrializzazione, le Fiandre erano già la parte più popolata del Belgio. La maggior parte della popolazione fiamminga viveva della coltivazione di piccolissimi appezzamenti di terra e di lavoro artigianale tessile a domicilio. La popolazione, nel suo insieme, viveva nella miseria.
Dagli anni 1840 in poi, la concorrenza della manifattura tessile britannica, tecnologicamente più avanzata, gettò decine di migliaia di famiglie di contadini e di operai fiamminghi in una miseria ancora più profonda e provocò parecchie carestie.
Nel 1887 un geografo fece questa descrizione delle Fiandre : "I macchinari che ci si aspetterebbe di trovare in quantità in un paese ben coltivato come il Belgio, sono rari. (...) E' nelle parti del Belgio dove la terra è meglio lavorata (le Fiandre) che i lavoratori del suolo sono i più mal nutriti. (...) nelle Ardenne i salari sono due volte più alti, a viveri stanno meglio".
La Vallonia da parte sua aveva conosciuto una crescita industriale a partire dal periodo napoleonico. Capitalisti francesi, poi belgi, cominciarono a sfruttare gli strati carboniferi valloni nella valle della Meuse (Mons, Charleroi, Liegi). Vi svilupparono un'industria metalmeccanica. Furono principalmente due grandi banche d'investimento di Bruxelles: la Société générale de Belgique, fondata nel 1822, e la Banque de Belgique, nata nel 1835, a controllare la maggior parte delle nuove industrie e miniere.
Il bisogno di manodopera da parte dei capitalisti faceva sì che le campagne valloni si svuotassero e che piccole città amministrative e artigianali valloni si trasformassero rapidamente in grandi agglomerati operai. Le dimensioni di città come Charleroi e Mons superarono quelle delle città fiamminghe, tranne Anversa, che beneficiava dello sviluppo delle attività portuali e di un'industria ad esse collegata.
Quando le popolazioni delle campagne valloni non bastarono più, fu nelle Fiandre che la borghesia andò a cercare i lavoratori, e questo fino alla seconda guerra mondiale. La miseria spinse decine di migliaia di fiamminghi a cercare lavoro in Vallonia, nelle miniere, nelle nuove industrie metalmeccaniche ed anche nell'agricoltura come braccianti.
Una parte di questa popolazione fiamminga si stabilì definitivamente in Vallonia. Ma a loro erano riservati i lavori più duri e meno pagati, perché la borghesia approfittava della loro situazione di miseria, del loro debole livello di organizzazione politica e sindacale e della loro ignoranza del francese. Questi lavoratori immigrati fiamminghi tanto più venivano sfruttati dalla borghesia francofona quanto più subivano anche un certo razzismo, come dimostra un detto popolare vallone ancora molto conosciuto nel periodo tra le due guerre: "Les Flaminds ci nin dès djins, ci dès biesses" ("i Fiamminghi non sono gente, sono bestie").
L'impoverimento della Vallonia
Ma negli anni 1950-80 la Vallonia stava per conoscere un repentino arretramento economico con la chiusura delle miniere di carbone e la crisi della siderurgia.
Le multinazionali straniere, soprattutto americane, diventarono dagli anni 60 la fonte principale degli investimenti in Belgio e impiegavano il 20% dei lavoratori belgi. Si insediavano nel paese per la sua collocazione geografica strategica al centro della Comunità economica europea. Con lo sviluppo di nuove infrastrutture (porto di Anversa, autostrade e centrali nucleari), queste multinazionali radicarono i loro nuovi insediamenti nelle zone rurali, principalmente nelle Fiandre dove la manodopera era abbondante, meno costosa e proveniva da ambienti rurali cattolici poco politicizzati e poco sindacalizzati. Inoltre i vasti terreni che le erano necessari erano a buon mercato.
Intorno a queste multinazionali si sviluppò un padronato fiammingo, spesso nelle attività d'appalto, o intorno a settori tradizionali quali il tessile e l'agroalimentare. Lo Stato belga contribuì a questo sviluppo con investimenti infrastrutturali. Le Fiandre conobbero allora una crescita più rapida della Vallonia e i salari fiamminghi raggiunsero quelli della Vallonia. La parte delle Fiandre nel prodotto interno lordo belga salì dal 44% nel 1955 al 56,5% nel 1976. L'emigrazione di lavoratori fiamminghi verso la Vallonia si fermò nel corso degli anni 60.
Bruxelles e il Brabante (la provincia che circonda la capitale) conservavano i centri amministrativi delle imprese. Questa zona raggruppava più della metà delle trecento maggiori imprese belliche all'inizio degli anni settanta e ospitava la maggior parte della grande borghesia. In seconda posizione la provincia di Anversa era ormai la sede di quasi il 20% di queste grandi imprese.
Le crisi capitalistica mondiale che iniziò nel 1973 col primo "shock petrolifero" stava per colpire i lavoratori belgi, ma ancor più duramente i settori del carbone e dell'acciaio. I lavoratori di questi settori sprofondarono nella disoccupazione e la miseria. La Vallonia non era la sola ad esserne colpita, lo fu altrettanto la provincia fiamminga del Limburgo.
La disoccupazione crebbe, dal 2.2% della popolazione attiva nel 1970 al 13,9% nel 1994. La maggior parte dei grandi gruppi industriali e finanziari belgi non disponevano dei mezzi tecnologici e finanziari per far fronte alla concorrenza internazionale delle multinazionali. Furono assorbiti nel corso degli anni 1980-1990. La Societé Générale passò sotto il controllo di Suez, le grandi banche belghe sotto controllo francese e olandese (ING, Fortis), la compagnia petrolifera Petrofina fu acquistata da Total-Elf.
Oggi rimangono solo come grandi imprese multinazionali a maggioranza belga solo la Solvay, l'UCB (chimica ed industria farmaceutica) e Delhaize (supermercati).
Dal Belgio unitario ad uno Stato federale
Nel periodo tra la creazione del Belgio, nel 1830, e la fine della seconda guerra mondiale le istituzioni avevano già subito molte evoluzioni. L'insegnamento di primo grado in neerlandese fu autorizzato nel 1850 ed esteso al secondo grado nel 1913. Il suffragio universale maschile fu instaurato nel 1893, ma moderato da un "voto plurimo" che dava parecchi voti ai più ricchi. Solo dal 1920 fu applicata la regola un cittadino, un voto. L'uso del neerlandese nell'amministrazione fu introdotto nelle Fiandre nel 1921, l'insegnamento in fiammingo all'università di Gand nel 1930, il riconoscimento del neerlandese come lingua ufficiale delle Fiandre e del francese in Vallonia nel 1932. Il suffragio universale fu esteso alle donne nel 1948. La maggior parte di queste evoluzioni si realizzarono tramite crisi e scontri violenti, sotto la pressione di movimenti fiamminghi che chiedevano l'uguaglianza nel trattamento del neerlandese e del francese.
Ma il rovesciamento del rispettivo peso economico delle Fiandre e della Vallonia negli anni 1950-1970 portò ad un'evoluzione ben più importante delle istituzioni belghe.
Durante lo sciopero generale dell'inverno 1960-61, i dirigenti sindacali valloni rilanciarono le rivendicazioni federaliste, presentandole come il miglior modo di difendere i posti di lavoro in Vallonia. E l'evoluzione verso uno Stato federale si realizzò progressivamente, con la scissione del ministero dell'Istruzione e della Cultura nel 1963-69, l'espulsione della sezione francese dall'Università cattolica fiamminga di Luvino nel 1968, la revisione della Costituzione del 1970 che introdusse il riconoscimento di tre comunità culturali: francese, neerlandese e tedesca, le revisioni successive della Costituzione nel 1980 e 1988-89 che definirono le regioni, per finire con le riforme istituzionali del 1993, del 2001, poi del 2003, che hanno segnato le principali tappe della formazione dell'attuale Stato belga .
Manifestazioni, scontri di piazza, soprattutto negli anni 1968-1980, crisi di governo a ripetizione (sei mesi per l'insediamento del governo nel 1988) hanno segnato la maggior parte delle tappe di questa marcia verso la regionalizzazione del Belgio.
Per riassumere: un re che ha come potere poco più della firma dei testi presentati dal primo ministro; un governo federale con due assemblee elette a suffragio proporzionale (ma con una soglia al 5%); tre regioni, le Fiandre, la Vallonia e Bruxelles-capitale (l'unica regione bilingue), ognuna con il proprio governo e il proprio parlamento eletto a suffragio proporzionale (anche lì con una soglia al 5%); tre comunità linguistiche, fiamminga, francese e germanofona, con il proprio governo e il proprio parlamento, tranne nelle Fiandre dove le strutture comunitarie regionali si sono fuse. Il paese è anche diviso in dieci province di cui nessuno conosce più bene la funzione.
Tale organizzazione politica porta ovviamente ad un'inflazione di ministri, di parlamentari e di consiglieri parlamentari, soprattutto al sud del paese, senza parlare dei battaglioni di eminenti giuristi messi di fronte ai rompicapi giuridici della ripartizione delle responsabilità tra i vari governi e alle molteplici contraddizioni delle loro attribuzioni.
Per complicare la situazione, Bruxelles e i comuni limitrofi ed alcuni altri lungo il confine linguistico, hanno uno statuto linguistico speciale legato al loro bilinguismo. Quanto al colleggio elettorale BHV -Bruxelles-Hal-Vilvorde- i suoi elettori possono scegliere tra liste francofone e fiamminghe. A parte questo caso, è possibile votare solo per le liste fiamminghe nelle Fiandre e per le liste francofone in Vallonia.
Ma lo statuto di questi comuni non era definito rigidamente dalla Costituzione. E' stato al centro di scontri che hanno ricevuto spesso l'attenzione mediatica, come il voto unanime (a parte un'eletta Verde) del Parlamento fiammingo a favore della scissione della circoscrizione BHV, nel bel mezzo della crisi di formazione del governo. Tale scissione imporrebbe agli elettori francofoni dei collegi di Hal e di Vilvorde -in regione fiamminga- di votare (il voto è obbligatorio nel Belgio) solo per candidati di liste fiamminghe.
Ma siccome la Costituzione prevede numerosi ricorsi sospensivi, questi daranno adito a numerosi scontri comunitari nei prossimi mesi, mentre i governi cercheranno di diminuire i redditi dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati.
Il declino del partito socialista in Vallonia
Negli anni 60, la chiusura delle miniere di carbone in Vallonia e i licenziamenti massicci nella siderurgia hanno portato ad una disoccupazione drammatica per gran parte della classe operaia vallone. Il PSB (Partito Socialista del Belgio) era elettoralmente il partito più potente in Vallonia fino al 2007. Insieme con la FCTB (Federazione Generale dei Lavoratori del Belgio), dominava la vita politica vallona. Ma non approfittò di questa potenza per organizzare la lotta dei lavoratori per fare pagare al padronato le spese della riorganizzazione della sua industria.
Al contrario, il PS e la FGTB chiesero che lo stato belga sovvenzionasse i padroni delle siderurgia perché mantenessero le loro industrie o che esso si sostituisse al capitale privato riacquistando le imprese che i padroni non volevano più.
I socialisti fiamminghi non avevano ovviamente nessun interesse a sostenere tale politica di investimenti a fondo perduto - perduto, per lo Stato, non per i capitalisti. Successe quello che doveva succedere. Al congresso del partito socialista del 1978, il ramo vallone si separò dal ramo fiammingo del partito. "Si può parlare di "slogan" o "fantasie" a proposito della volontà dei lavoratori valloni di ottenere un'iniziativa industriale pubblica e di prendere nelle mani la propria sorte di fronte alla carenza dei gruppi finanziari?" esclamò André Baudson, uno dei dirigenti del PS di fronte alle critiche di socialisti fiamminghi durante questo congresso. Ma a riprova del suo "socialismo" dichiarò: "Le mie preferenze andranno sempre ad un portuale di Anvers (nelle Fiandre) piuttosto che ad un borghese di Charleroi" (in Vallonia).
Tre anni dopo, tali precauzioni oratorie non erano più d'obbligo e Jean-Michel Dehousse, ministro dell'economia del primo governo regionale vallone nel 1981, socialista e sindacalista FGTB, diceva tranquillamente: "mi sento più vicino ad un padrone vallone che ad un sindacalista fiammingo".
Neanche il padronato fiammingo era favorevole alla politica del partito socialista vallone. Perché avrebbe dovuto accettare che importanti capitali fossero allontanati dalle Fiandre in piena fase di sviluppo, oltretutto per mantenere in vita delle "industrie zoppicanti", secondo i suoi rappresentanti, delle imprese cioè che non rispondevano più al livello di concorrenza capitalistica degli anni 70?
La riforma costituzionale del 1980 istituì le regioni, a cui furono attribuite competenze economiche importanti. I dirigenti socialisti valloni ebbero allora le mani libere per moltiplicare gli aiuti alle imprese e per fare delle finanze regionali un serbatoio cui il padronato vallone poteva attingere.
Questo portò i dirigenti socialisti a creare delle società di investimento miste -capitali della regione e capitali privati- che il più delle volte fallirono negli anni 90. La regione vallona stessa dovette procedere alla chiusura di imprese e a licenziamenti. Il credito del PS e della FGTB ne fu largamente intaccato. La corruzione, generatasi nelle file dei dirigenti socialisti francofoni tramite la gestione delle società a economia mista, quando venne a galla fece sprofondare il loro partito.
Inoltre la politica di austerità del governo federale, appoggiata, se non ispirata, dai ministri socialisti, non offriva niente di seducente per l'elettorato popolare.
Così, in una regione a maggioranza operaia, dove i socialisti avevano sempre disposto di un largo credito, oggi il partito liberale può superare elettoralmente il partito socialista.
La borghesia belga è in salute
I politici fiamminghi favorevoli alla scissione del paese dichiarano che "il Belgio frena le Fiandre". E' vero che oggi la ricchezza prodotta nelle Fiandre è maggiore di quelle della Vallonia e della regione di Bruxelles insieme. Lì la disoccupazione è meno importante che in Vallonia e i salari sono più alti.
Questo è il risultato dei massicci investimenti delle multinazionali, soprattutto americane, nelle Fiandre all'indomani della seconda guerra mondiale. E' anche il risultato del trasferimento di investimenti dalla Vallonia verso le Fiandre, attuati dal capitale privato e anche dallo Stato. Dopo la chiusura delle miniere negli anni 70, il trasferimento della siderurgia vallona verso la costa fiamminga ha portato in Vallonia a delle perdite massicce di posti di lavoro e nelle Fiandre ad una crescita della produzione. E questi trasferimenti industriali hanno anche coinvolto parecchie regioni francesi, soprattutto quando la siderurgia della regione di Valenciennes fu trasferita a Dunkerque. Gli azionisti di queste imprese beneficiavano così di carbone a minor costo, importato nei porti per via marittima.
Le caricature che circolano in Belgio attribuiscono ad una cosiddetta "pigrizia vallona" e al "dinamismo fiammingo" le differenze del livello di disoccupazione o di produzione tra le regioni del paese! In Francia però i lavoratori della regione di confine del Nord-Pas-de-Calais hanno fama di "lavorare duro". Questo non toglie che la disoccupazione -a seguito della chiusura delle miniere e della riduzione d'organico nella siderurgia- sia notevolmente più alta che nel resto del paese, al pari della Vallonia!
Da una trentina d'anni gran parte del capitale del Belgio è passato sotto controllo delle multinazionali americane, francesi e olandesi. Sono queste che, con finanze che superano di gran lunga quelle dei governi, fanno e disfanno l'occupazione, infondono dinamismo in una regione o la riducono alla miseria.
Rimane nondimeno un'insieme di famiglie belghe fortunate che detengono gran parte della ricchezza del paese e che, inoltre, hanno largamente investito nel capitale delle multinazionali.
Un caso tipico è quello di Albert Frère che, partito da una piccola impresa metalmeccanica ereditata dalla sua famiglia negli anni 50, adesso detiene una delle più grandi fortune del Belgio. Ha comprato a prezzo stracciato gran parte della siderurgia vallona in difficoltà negli anni 1970-1980, ne ha tratto il massimo profitto grazie all'utilizzo di pratiche monopolistiche, poi l'ha fatta riacquistare dalla regione vallona ad un prezzo conveniente, ed ha dunque diversificato i suoi investimenti in una moltitudine di settori redditizi, soprattutto petrolio (Total) e audiovisivo.
Altre grandi famiglie belghe quali Boël, Janssen, Solvay, Lippens, Bekaert, Gevaert, Leysen, Lambert, tramite numerose società di finanziamento, detengono posizioni importantissime nelle banche, nell'immobiliare, la grande distribuzione, la chimica, la farmacia, il petrolio, ecc, dopo avere fatto fortuna nella siderurgia e nello sfruttamento del Congo. Per questi capitalisti d'alto rango, le cui banche, imprese e negozi coprono tutto il paese, il problema delle rispettive competenze tra le Fiandre, la Vallonia e Bruxelles esiste solo nella misura in cui un territorio offre più profitti e meno imposte dell'altro.
Queste famiglie fanno parte del 2% delle famiglie belghe più ricche, che possiedono da sole il 32% della fortuna del paese. Giù nella scala sociale, il 50% delle famiglie meno ricche ne possiedono tutte insieme meno del 10%.
Sono queste poche decine di famiglie a decidere la politica del Belgio. Possono farlo con tanta facilità in quanto, direttamente o tramite alleanze, stendono le loro ramificazioni fino ai posti decisivi dell'apparato dello Stato. I loro membri non si candidano più alle elezioni, ma, come amministratori o consiglieri, sono loro a pilotare da trent'anni le politiche d'austerità a detrimento dei salariati.
I profitti delle loro imprese battono record anno dopo anno mentre l'immensa maggioranza dei lavoratori guadagna sempre meno, che siano operai esauriti dai ritmi di lavoro, impiegati a tempo e salario ridotto, disoccupati con bassi sussidi, o che finiscano la loro vita come pensionati poveri.
Questo fa sì che la Banca nazionale del Belgio, nel dicembre 2007, abbia riconosciuto che "le imprese hanno raggiunto un livello di redditività che non si vedeva da 20 anni". I benefici delle 30 000 società più importanti del Belgio sono raddoppiati in quattro anni e sono quintuplicati dal 1993!
In ogni caso il Belgio non rallenta i profitti, sicuramente non nelle Fiandre.
La regionalizzazione della previdenza sociale
La propaganda del Vlaams Blok (VB) a proposito dei trasferimenti della previdenza sociale dal Nord del paese verso il sud è demagogica. "Ogni famiglia fiamminga paga ogni anno il valore di una macchina ad una famiglia vallona", proclama il VB. In realtà, secondo le stime di organismi ufficiali, la parte che va alla Vallonia e Bruxelles sarebbe tra 3 e 5 miliardi di euro, cioè tra il 2,4 e il 4,2% delle ricchezze create nelle Fiandre ogni anno. Tali trasferimenti non sono superiori a quelli che esistono tra le varie regioni di molti paesi, come la Francia. Corrisponde ad un accrescimento del 7% circa della ricchezza della Vallonia, ossia circa quattro euro al giorno per ogni vallone.
Questo squilibrio della previdenza sociale è frutto del più alto livello di disoccupazione in Vallonia, ancora segnata dalla scomparsa delle vecchie industrie carbonifere e dalla forte riduzione dei posti di lavoro siderurgici. E' frutto anche del più basso livello dei salari in Vallonia e quindi delle trattenute più basse. E entro pochi anni, a trattenute uguali, le pensioni pagate nelle Fiandre potrebbero invertire questo trasferimento!
Ma dagli anni 90, il Vlaams Belang, erede del Vlaams Blok, non smette di conquistare nuovi elettori.Di colpo, tutti i partiti fiamminghi si sono dati ad una escalation regionalista, mentre i progressi elettorali odierni del VB piuttosto che dalla sua demagogia separatista provengono dalla sua denuncia nei confronti dei partiti di governo, "tutti marci". E ha un bel dire di aver ragione, dal momento che tutti questi partiti si ispirano al suo programma!
Per le elezioni federali del giugno 2007, tutti i grandi partiti politici fiamminghi hanno fatto quindi della regionalizzazione della politica occupazionale e della regionalizzazione della previdenza sociale il loro cavallo di battaglia. E' il caso dei partiti di destra fiamminghi, ma anche del partito socialista fiammingo. Come è espresso chiaramente dal programma del partito cristiano fiammingo, la regionalizzazione della previdenza sociale -in realtà innanzitutto quella relativa alla disoccupazione- consentirebbe una riduzione del costo salariale "con riduzioni regionali delle aliquote padronali di previdenza sociale". Cosa che non impedirebbe ai padroni di continuare ad aumentare le aliquote pagate dai lavoratori fiamminghi.
Anche la regionalizzazione delle imposte alle imprese è all'ordine del giorno. Tra l'altro fa parte delle basi d'accordo del futuro governo. E una richiesta ricorrente del padronato fiammingo, rieccheggiata dall'organizzazione padronale fiamminga delle piccole imprese, VOKA, da quella delle classi medie, UNIZO e da quella dei datori di lavoro cristiani, VKW. Le loro esigenze sono alla base di questa lunga crisi di governo, e hanno ottenuto in gran parte quello che chiedevano.
In un manifesto comune, queste organizzazioni padronali chiedono che la regione fiamminga sia resa competente, al posto del potere federale, in materia di riduzione degli oneri sociali, di straordinari, permessi di lavoro e di formazione. Progettano di retribuire i salariati non in funzione dell'anzianità, bensì in funzione dei loro sforzi, dei loro risultati e della loro competenza, cioè in modo completamente arbitrario.
Alcuni dirigenti padronali chiedono inoltre di regionalizzare la negoziazione dei contratti collettivi, facendo così a meno dei sindacati valloni dalla fama poco conciliante, il che forse è vero nella forma, ma purtroppo non nella sostanza.
Ma c'è una differenza di interessi tra le piccole imprese, il cui perimetro non supera i limiti delle Fiandre, e le grandi imprese i cui interessi vanno in generale al di là dei confini belghi. La federazione delle imprese del Belgio (FEB), equivalente belga del Medef francese o della Confindustria italiana, raggruppa le più grandi imprese del paese e non è favorevole a queste regionalizzazioni. Anche l'unione vallone delle imprese (UWE) e l'unione delle imprese di Bruxelles (UEB) sono contrarie, a causa della concorrenza che ne scaturirebbe a pochi chilometri di distanza.
La FEB fa notare che la politica vallona di "attivazione" dei disoccupati adottata in questi ultimi anni -cioè i provvedimenti per sopprimere i sussidi al maggior numero di disoccupati- ha avuto qualche risultato e che bisogna continuare in questa direzione, come nelle Fiandre! Effettivamente la Vallonia nel 2007, quanto al numero di sanzioni e di esclusione di disoccupati, ha raggiunto e anche superato le Fiandre.
Il ministro vallone dell'occupazione (PS) dichiara di essere meravigliato della richiesta di regionalizzare la gestione della disoccupazione mentre le tre regioni stanno appena cominciando ad istituire i servizi necessari perché i disoccupati valloni possano andare a lavorare nelle Fiandre, il che esige delle regole uniche!
Sono stati questi interessi contraddittori, rieccheggiati dai partiti politici, a rendere le negoziazioni per il nuovo governo così lunghe e sofferte.
Sulla modulazione regionale delle imposte delle società non c'è alcuna opposizione di principio tra i partiti fiamminghi e francofoni.
L'unico vero problema è che questo non rientra nel calendario dei partiti valloni. Sono impegnati da quattro anni in un "piano Marshall" di sovvenzioni alle cosiddette imprese innovatrici, ancora una volta col pretesto di sviluppare l'occupazione. Avrebbero anche potuto diminuire le imposte alle società -cosa che hanno fatto molte volte-, il che avrebbe avuto lo stesso effetto: aumentare i profitti delle imprese, senza che si possa misurare il numero di posti di lavoro creati. Ma le finanze non consentono di fare le due cose insieme.
Solo per trovare 1,65 miliardi di euro di sovvenzioni (il 7% delle finanze della regione) tutti i fondi sociali e culturali valloni sono già stati prosciugati. Ma tutti i partiti hanno dato il loro consenso a proseguire sulla strada di una modifica legislativa che permetta la regionalizzazione delle imposte delle società.
Invece la richiesta di regionalizzazione della previdenza sociale ha incontrato maggiori difficoltà, nella misura in cui la Vallonia e Bruxelles potrebbero trovarsi in gravi difficoltà senza i trasferimenti sociali provenienti dalla regione fiamminga.
Il venir meno della solidarietà delle persone attive nelle Fiandre verso i disoccupati valloni porterebbe ad un importante aumento delle trattenute in Vallonia. Ovviamente i padroni valloni rifiutano l'idea di dover ridurre i loro profitti a causa di maggiori trattenute. E i partiti valloni immaginano le difficoltà che avranno nell'imporre alla popolazione una forte riduzione del reddito attraverso l'aumento delle trattenute sociali, prima delle elezioni regionali del giugno 2009.
Sei mesi di negoziati
Stando alle tradizioni del Belgio, sarebbe stato normale che il nuovo governo federale fosse formato dai partiti che hanno vinto le elezioni, accompagnati dai loro omologhi dell'altra lingua. Essendo stato il partito cristiano fiammingo il gran vincitore di queste elezioni, toccava al suo presidente, Yves Leterme, fare il primo ministro. Insieme ai cristiani fiamminghi sarebbe stato naturale che andassero al governo i cristiani francofoni -anche se questi ultimi hanno sostituito la bandiera cristiana con la bandiera "umanista" per trovare più consensi. Sarebbe stato altrettanto naturale che l'altra famiglia della destra, quella cosiddetta liberale, avesse ottenuto il suo posto al governo federale. I due partiti socialisti avevano scelto, da parte loro, di rimanere all'opposizione per rifarsi una credibilità elettorale dopo la sconfitta.
Ma c'erano due problemi.
Prima, bisogna avere una maggioranza dei due terzi alla camera federale per avviare le riforme di regionalizzazione, e la coalizione delle due famiglie cristiane e liberali non raggiungeva questa soglia. Ci sono stati avvicinamenti agli ecologisti, che hanno risposto negativamente ed aspettano giorni migliori dopo lo schiaffo ricevuto nel 2003 in seguito alla loro partecipazione al governo.
Secondo problema, con più di 835 000 voti, i liberali francofoni avevano vinto largamente in Vallonia e avevano superato per la prima volta il partito socialista. Era stata una vittoria storica, ma il loro leader Didier Reynders spera innanzitutto di ripetere questo risultato alle elezioni regionali del 2009 per conquistare la presidenza del governo vallone al posto del partito socialista.
Ma è abbastanza evidente che con il partito socialista all'opposizione, mentre il nuovo governo federale prepara delle riforme che penalizzeranno fortemente il tenore di vita dei lavoratori, i risultati nel 2009 si potrebbero invertire e il PS potrebbe ritrovare la sua preponderanza elettorale.
Infine, poiché la commedia stava andando per le lunghe e il "buon popolo" si poneva delle domande, e soprattutto poiché i padroni ritenevano che l'immagine data dal Belgio stava diventando dannosa per i loro affari, tutti si sono messi d'accordo perché il re proponesse di concedere al primo ministro che aveva governato per otto anni, ulteriori sei mesi di proroga. E così Guy Verhofstadt si ritrova a dirigere un governo ad interim di tre mesi.
Nel marzo 2008 l'interim dovrebbe finire per lasciare il posto ad Yves Leterme che nel frattempo presiede un "comitato dei savi" incaricato di elaborare i cambiamenti costituzionali.
Questo significa che la prova di forze tra i partiti è ben lungi dall'essere finita. E tutti sono pronti a nascondersi dietro la demagogia comunitaria per proseguire i loro attacchi contro il tenore di vita dei lavoratori e moltiplicare i regali agli azionisti.
Il Belgio può scoppiare?
Nessun partito di governo propone nel suo programma la scissione del Belgio, cioè la creazione di due stati distinti, anche se alcuni politici ogni tanto avanzano questa provocazione atta a risollevare i mass-media... e forse gli elettori del Vlaams Belang.
Solo qualche piccola formazione nazionalisa, di destra o d'estrema destra, rivendica la fine del Belgio, ma quanto più eclatanti sono le loro sparate, tanto meno avranno conseguenze pratiche.
Durante le scorse elezioni federali il partito socialista fiammingo si era alleato con Spirit, una piccola formazione con un programma più regionalista del suo. Ma non ha avuto successo. La politica antisociale di cui sono complici, tanto al governo federale quanto al governo fiammingo, ha allontanato l'elettorato popolare. Da parte loro i cristiani fiamminghi avevano accettato un cartello con una formazione di destra, la NVA (Nuova Alleanza Fiamminga) che rivendica apertamente la scissione del paese. Ha avuto successo? Forse. Ma quello che è certo, è che gli eletti della NVA hanno fornito ai loro alleati un punto d'appoggio molto saldo per fare pressione sui partiti francofoni nel senso della regionalizzazione, durante le negoziazioni per il programma del futuro governo di coalizione. E' stato meno difficile per i partiti francofoni cedere davanti alle richieste del partito cristiano fiammingo quando hanno visto quali erano le pretese della NVA.
I grandi partiti fiamminghi non hanno alcun motivo di avventurarsi verso la scissione del paese, soprattutto se così facendo lo stato federale resta un guscio vuoto e i governi regionali divengono sovrani in tutti i campi che interessano il padronato.
Potrebbe anche prospettarsi qualche rifederalizzazione, come quella dei rappresentanti commerciali all'estero. E' più efficace, nei confronti di chi prende le decisioni in Cina, venire in nome del Belgio e parlare inglese o cinese, che vantarsi di essere delle Fiandre, anche se col leone fiammingo sulla carta da visita.
Il miglior modo per mettere d'accordo tutti questi partiti sarebbe lo svilupparsi di un'ampia lotta dei salariati in difesa dei loro interessi comuni e non per aiutare questi partiti a vincere!
Sarebbe l'unica prospettiva valida per il mondo del lavoro. Perché dietro gli atteggiamenti e gli incitamenti comunitari, si stanno preparando nuovi attacchi contro il tenore di vita dei lavoratori, di tutti i lavoratori, qualsiasi lingua parlino.
16 gennaio 2008