LA PRESENTE QUESTIONE DELLA CASA

TESTI DEL 35 CONGRESSO di LUTTE OUVRIERE (2005)
dicembre 2005

5 ottobre 2005

Testo votato all'unanimità del congresso

La crisi dell'alloggio per i lavoratori nei grandi agglomerati urbani si è aggravata ancora una volta, brutalmente, nel corso degli ultimi anni.

Una frazione crescente di lavoratori non ha più i mezzi per accedere ad un alloggio stabile e corretto. Il numero di persone che hanno un tetto solo perché sono ospitate si avvicina al milione. Se in maggioranza si tratta di giovani adulti che restano - o ritornano - al domicilio familiare, sono tra i 150 000 ed i 300 000 quelli che sono ospitati da terzi nelle condizioni di sovraffollamento degli alloggi che ciò implica. 700 000 persone vivono in un abitato precario o temporaneo ed il numero di quelli che non hanno alcun domicilio sarebbe superiore alle 80000 persone. Il numero totale di persone che vivoni in abitazioni degradate o malsane, è stimato a 3,5 milioni di persone.

L'aumento degli affitti ben al di là dell'aumento medio dei prezzi, il sovraffollamento degli alloggi esistenti, diventano una situazione generale. Ciò non colpisce solo la maggioranza dei lavoratori ma anche una parte della piccola borghesia.

Da un punto di vista generale, il problema dell'alloggio delle classi sfruttate è vecchio quanto l'organizzazione capitalista della società (addirittura, in fondo, della società basata sullo sfruttamento) : "Una società non può esistere senza crisi dell'alloggio quando la grande massa dei lavoratori dispone solo ed esclusivamente del proprio salario... quando crisi industriali violente e cicliche determinano, da una parte, l'esistenza di un forte esercito di riserva, di disoccupati, e, d'altra parte, getta momentaneamente sul lastrico la grande massa dei lavoratori... e quando, si trovano comunque affittuari anche per ignobili tuguri, quando infine il proprietario di una casa, nella sua qualità di capitalista, ha non solo il diritto ma anche, in una certa misura grazie alla concorrenza, il dovere di trarre dalla sua casa, senza scrupoli, l'affitto più alto possibile. In una tale società, la crisi dell'alloggio non è un caso, è un'istituzione necessaria ; non può essere eliminata, come anche le sue ripercussioni sulla salute, ecc., che se l'insieme dell'ordine sociale da cui deriva è trasformato da cima a fondo." (Engels, La questione dell'alloggio, 1887).

Il problema dell'alloggio non si pone nello stesso modo né con la stessa acutezza negli agglomerati urbani e nelle regioni rurali, nelle regioni di vecchia industrializzazione ed in quelle che attirano una nuova manodopera. In molte regioni di Francia (e, più generalmente, in Europa), una parte della classe operaia, sempre legata alla campagna, dispone di una casa, di un giardino (da cui a volte ricava un reddito complementare). Ma tale vantaggio rappresenta nello stesso tempo un ostacolo per il lavoratore, che lo incatena ad un luogo se non ad un padrone. Permettendo all'imprenditore capitalista di non pagargli o di sottopagargli la parte di salario consacrata all'alloggio, pesa sui salari.

Nelle fasi di espansione dei cicli capitalistici, succede che, anche nei grandi agglomerati urbani, una parte degli stati superiori della classe operaia accede alla proprietà del suo alloggio e diventa meno dipendente dal mercato dell'affitto. Ciò si fa al prezzo dell'indebitamento della famiglia operaia, con le conseguenze che ciò può comportare al momento del rovesciamento della situazione economica, in particolare in caso di perdita del posto di lavoro.

Nell'affitto intervengono il costo della costruzione aumentato dal profitto dell'imprenditore, le annate di ammortizzamento del capitale investito dal proprietario, compreso il suo profitto, ma anche il prezzo del terreno, espressione della rendita fondiaria. A lungo termine, i costi di costruzione sono considerabilmente diminuiti a causa di una certa industrializzazione delle costruzioni, dell'utilizzazione di elementi prefabbricati, della produzione in serie, ecc. Ma, nello stesso tempo, nei grandi agglomerati urbani, il prezzo del terreno aumenta continuamente, compensando, anche al di là, la diminuzione dei costi di costruzione.

Gli affitti concreti fluttuano ciononostante, come i prezzi di tutte le merci nell'economia di mercato, in funzione dell'offerta e della domanda. Una diminuzione dell'offerta di alloggi, per esempio con le distruzioni della guerra, o un aumento della domanda in caso di afflusso dei lavoratori delle campagne verso le città, possono creare situazioni di grave penuria degli alloggi che si traducono in un rincaro di quanto esiste, tanto alla compera che all'affitto. Queste fluttuazioni, che hanno preso dell'ampiezza con lo sviluppo della grande industria, che attira in massa dei lavoratori venuti dalla campagna, hanno accompagnato tutta la storia del capitalismo. Già Engels sottolineava, nel 1872, parlando dei periodi di penuria, che : "Ne risulta che i lavoratori sono respinti dai centri delle città verso la periferia, che gli alloggi operai, ed in maniera più generale i piccoli appartamenti, diventano rari e cari e che spesso sono finanche introvabili ; poiché, in queste condizioni, l'industria della costruzione, per la quale gli appartamenti ad affitto elevato offrono alla speculazione un campo molto più vasto, non costruirà se non eccezionalmente alloggi operai."

In alcuni paesi capitalisti ed a certi periodi, in particolare di penuria, succede che lo Stato compensi in una certa misura le pecche del mercato sovvenzionando in diversi modi la costruzione di "alloggi sociali". E' così che in Francia, per esempio, confrontato alla grave penuria di alloggi alla portata del salario operaio negli anni trenta e poi dopo la seconda guerra mondiale, negli anni sessanta, lo Stato ha investito nella costruzione di alloggi relativamente buon mercato, per la maggior parte di tipo HLM (abitazioni ad affitto moderato, cioè il corrispettivo delle Case Popolari, ndt) per l'affitto. Un relativo periodo di prosperità per la borghesia quale la fine della guerra d'Algeria, nel 1962, alleggerendo le spese militari, ha dato mezzi supplementari allo Stato, per di più confrontato ad una richiesta supplementare di alloggi con l'arrivo dei rimpatriati. 2,2 milioni di alloggi sono stati così costruiti. Tale politica di costruzione, di cui il settore edile e dei lavori pubblici, i promotori ed i costruttori immobiliari hanno tanto più approfittato che hanno potuto costruire risparmiando sulla qualità per assicurarsi margini di profitto confortevoli, ha riassorbito per un certo periodo di tempo la grave penuria di alloggi del periodo precedente. All'inizio degli anni settanta, i segni più visibili della miseria dell'abitato operaio, le baraccopoli che circondavano Parigi e qualche altra grande città, sono state, in maggior parte, sradicati. Gli strati più poveri della classe operaia continuavano ciononostante ad essere condannati a vivere in alloggi degradati o di cattiva qualità quando non erano abbandonati ai mercanti di sonno o ai tuguri sovraffollati. Quanti lavoratori, in particolare immigrati, arrivati oggigiorno all'età della pensione, non hanno conosciuto, lungo i quattro decenni passati sulla catena di produzione o nell'edilizia, solo tuguri o alloggi collettivi per immigrati ?

Ciononostante, tale esclusione di una frazione dei lavoratori dall'accesso all'alloggio non è un problema di immigrati e ridurne le cause a pregiudizi razziali o xenofobi vuol dire farne un problema puramente morale anziché prendersela col sistema capitalistico stesso. Se pregiudizi di questo tipo intervengono per selezionare le vittime del sistema, il fatto fondamentale è che, nell'economia di mercato, ci sono e ci saranno sempre dei mal alloggiati. In un passato più lontano, i peggiori tuguri erano riempiti dagli ultimi arrivanti, venuti dalle campagne : prima di essere portoghesi, gli operai edili erano del Berry o del Limosino e, prima che Renault faccia venire operai dal Marocco, venivano dalla Bretagna o dall'Alvergna.

Le case popolari rappresentano in Francia circa il 17% degli alloggi in affitto. La nozione stessa di "alloggio sociale" esprime il fatto che il gioco normale del mercato capitalista non può assicurare all'insieme della classe operaia alloggi di qualità. In altri termini, nel calcolo del prezzo della forza lavoro rappresentato dal salario, la parte consacrata ad assicurare il bisogno essenziale dei lavoratori costituito dall'alloggio permette in regola generale solo alloggi di bassa qualità. E, anche questi alloggi di bassa qualità non sono alla portata della borsa di una buona parte dei lavoratori che grazie ai finanziamenti dello Stato, che contribuisce in tal modo a permettere al capitale privato di pagare meno la forza lavoro. Vale per l'alloggio sociale quanto vale per la previdenza sociale o le pensioni.

Mentre lo Stato consacra sempre più danaro al finanziamento delle imprese capitalistiche, o addirittura della borghesia in quanto individui, ne consacra sempre meno ai cosiddetti alloggi sociali, nonostante che l'aumento dei prezzi degli alloggi sul mercato degli affitti liberi lo renda più necessario. Per di più, una gran parte dei cosiddetti alloggi sociali, costruiti mezzo secolo fa, di cattiva qualità già alla costruzione, con cattiva manutenzione in seguito, sono in fin di vita, diminuendo di altrettanto l'offerta di alloggi alla portata dei salariati.

Su questo fatto generale, si innesta l'atteggiamento delle municipalità borghesi che rifiutano di costruire alloggi sociali sul proprio territorio. Dato il prezzo del terreno nelle città e nei quartieri borghesi, bisognerebbe requisirli per poter costruire a buon mercato, cosa evidentemente esclusa da tali municipalità. Inoltre, non hanno l'intenzione di far diminuire il prezzo dell'immobiliare tramite tale "eterogeneità sociale" così spiacevole per gli abitanti di "Neuilly-Auteuil-Passy" -comuni o quartieri borghesissimi della zona di Parigi, Ndt- o per i loro simili.

Al di là della "questione delle abitazioni" per come si pone continuamente alla classe lavoratrice nell'economia capitalista, la ragione fondamentale dell'attuale aggravamento risiede nella degradazione considerabile della situazione generale della classe operaia e nella diminuzione globale del suo potere d'acquisto. C'è l'ampiezza della disoccupazione, la durata del periodo di disoccupazione, la generalizzazione della precarietà. La precarietà si traduce non solo in una diminuzione dei salari, vale a dire, tra l'altro, l'incapacità di pagare un affitto, ma rende anche un numero crescente di salariati che ricercano un alloggio incapaci di fornire le garanzie che esigono i proprietari. Non solo c'è una penuria di case popolari ma anche il cosiddetto affitto moderato è al di là della loro portata per un numero crescente di lavoratori, in attività o disoccupati. E' significativo il fatto che, anche secondo le cifre ufficiali, un terzo delle persone che non hanno alcun domicilio hanno ciononostante un posto di lavoro. Colui che lascia un alloggio perché l'affitto è troppo caro, non ne ritrova un altro a miglior mercato.

Un'altra ragione dell'aggravamento presente della crisi degli alloggi è l'aumento sempre più forte dei prezzi del settore immobiliare. Tra il periodo basso del mercato immobiliare, nel 1997, e la fine del 2004, vale a dire in sette anni, l'aumento in termini reali è stato dell'ordine del 70%. E' stato del 15% solo nel corso degli ultimi dodici mesi - e, ancora, si tratta di una media ! Questo rialzo dei prezzi all'acquisto ed alla vendita si ripercuote tanto più sull'ammontare degli affitti in quanto molti proprietari sono tentati di approfittare dei prezzi alti e di vendere le loro proprietà, scacciando gli inquilini.

Il boom precedente dell'immobiliare, alla fine degli Anni ottanta, riguardava soprattutto gli uffici ed i locali ad uso professionale. Ed è finito in un crollo. L'accelerazione attuale dell'aumento dei prezzi riguarda soprattutto gli alloggi. E questa volta non è solo né principalmente nella regione parigina, ma praticamente in tutte le grandi città.

Sotto l'angolo dell'aumento dei prezzi, l'aggravamento presente della crisi dell'alloggio è una delle conseguenze dirette dell'attuale tappa della crisi dell'economia capitalistica e della sua natura.

Da diversi anni, non solo la borghesia grande e media, ma anche una parte della piccola borghesia ed i "manager" delle imprese private si arricchiscono al punto di non saper più cosa fare dei loro soldi. Tutti gli alti redditi sono continuamente alla ricerca di investimenti interessanti. "Investire nella pietra" è considerato come un investimento sicuro. Ogni investimento è suscettibile di diventare oggetto di speculazione non appena l'afflusso di fondi fa aumentare i prezzi e, soprattutto, visto che gli aumenti odierni sembrano annunciare aumenti ancora più forti per domani. Non si compera più un alloggio solo per viverci, né per procurarsi un reddito supplementare affittandolo ad un terzo o per assicurare un futuro alloggio ad un rampollo di famiglia, ma per rivenderlo con profitto. Tutto ciò tira la spirale dei prezzi verso l'alto, e non solo per gli alloggi destinati alla borghesia grande, media e piccola, ma anche per quelli destinati alle classi popolari. Ma, a differenza dei dipinti, dei grandi vini, degli yacht o anche degli immobili di lusso, il cui rialzo speculativo riguarda solo una ricca minoranza, l'alloggio è nello stesso tempo un bene di prima necessità per le classi popolari.

La spirale speculativa non avrebbe potuto assumere l'ampiezza che ha preso senza le banche. Scottate dalla crisi borsistica del 2001, alla ricerca di settori in cui investire i propri fondi, le banche si sono gettate sull'immobiliare. Non è la prima volta che succede. Dall'inizio della crisi generalizzata dell'economia capitalista, cominciata all'inizio degli anni 70, le fluttuazioni della speculazione sulle azioni in Borsa hanno, a diverse riprese, coinciso con fluttuazioni nel senso contrario della speculazione immobiliare. La diminuzione del corso delle azioni tra la fine del 2000 ed il 2003 ha reso momentaneamente meno interessante per le banche il lucrativo commercio di azioni per spingerle verso quelle che chiamano "le famiglie", beninteso quelle solvibili, per proporgli il credito immobiliare. La diminuzione del tasso d'interesse, nello stesso tempo, anch'essa conseguenza del crollo borsistico, gli ha dato la possibilità di prestiti meno cari. Da allora, le banche si fanno la guerra per contendersi il mercato del credito immobiliare. Prestano senza scrupoli a quelli che hanno soldi e, soprattutto, con scadenze di rimborso più lunghe.

Il credito immobiliare meno caro ha permesso forse ad alcune categorie di salariati meno malpagati di diventare proprietari dei loro alloggi. Ma i principali beneficiari delle agevolazioni al credito bancario sono stati soprattutto i ceti agiati. Per loro, finanziare con un credito a relativamente buon mercato la compera di alloggi che si possono rivendere con un guadagno confortevole, è un buon affare. Ma invece di attenuare la crisi dell'alloggio, in realtà l'aggravano finanziando gli investimenti speculativi.

Molti dispositivi governativi, decisi col pretesto di favorire la costruzione, dalla legge Besson (del Partito socialista) alla legge Robien (dell'UDF), accentuano ancora il fenomeno con regali fiscali destinati a quelli che hanno accesso al credito bancario e che investono non per alloggiarsi ma per tirar profitto dalle loro proprietà immobiliari. Anche il "prestito a tasso zero" che non può eccedere il 20% del costo totale dell'acquisto è destinato per definizione solo a quelli che hanno soldi da investire e a chi le banche fanno credito. L'immensa maggioranza dei lavoratori non può averci accesso.

I partiti riformisti, il Partito comunista in particolare, che denunciano l'attuale crisi degli alloggi, limitano il problema alla sola costruzione di alloggi sociali. E quando denunciano gli speculatori, se la prendono solo con la categoria particolare della borghesia favorita dall'attuale situazione. Queste categorie della borghesia grande e piccola, le cui attività sono legate all'immobiliare, dai grandi squali delle costruzioni edili, dai promotori fino alle agenzie immobiliari ed ai truffaldini che comprano immobili in rovina per affittare tuguri a prezzi allucinanti, si arricchiscono in effetti precisamente grazie all'aumento dei prezzi trainati dal movimento speculativo. Ma la speculazione sull'immobiliare non è che un aspetto della speculazione generale ed è opera dell'insieme della borghesia, in un contesto di stagnazione economica dove la ricerca di investimenti "redditizi" si sostituisce agli investimenti produttivi.

La progressione dei prezzi dell'immobiliare riguarda la maggior parte dei paesi industrializzati, dappertutto per le stesse ragioni (nel Regno Unito o in Spagna è finanche più rapida che in Francia). Le differenze tra i ritmi di aumento da un paese all'altro, come tra i livelli di prezzo, hanno tendenza ad aumentare l'internazionalizzazione del mercato immobiliare. La domanda di alloggi a Parigi ed in molte altre città, come sulla Costa Azzurra, non viene solo dalle classi agiate di Francia ma anche di Gran Bretagna, oppure di Russia, del Giappone o del Medio-Oriente. Con l'internazionalizzazione del mercato immobiliare, si internazionalizza ugualmente la speculazione immobiliare. I ricchi di qui o d'altrove, investono i loro soldi in un alloggio a Parigi - l'alloggio va dal semplice monolocale in un quartiere alla moda all'appartamento dell' "Avenue Foch" -, in combutta con i speculatori istituzionali. Tale è il caso per acquisti di immobili da parte dei fondi pensionistici, in particolare americani, e la loro rivendita "al minuto", appartamento per appartamento.

L'aumento dei prezzi degli immobili di classe (grandi palazzi, appartamenti di lusso nei quartieri borghesi) ha solo conseguenze indirette sul mercato dell'affitto che riguarda la massa dei salariati. Ma la speculazione colpisce anche appartamenti medi, e addirittura in certi quartieri le "camere di servizio". Gli appartamenti corretti in affitto diventano inavvicinabili per una gran parte delle famiglie operaie, ed in ogni caso per quelle che cercano un nuovo affitto. Ciò valorizza i peggiori tuguri. E se il governo ha dovuto fare marcia indietro sul suo progetto di autorizzare l'affitto di superfici inferiori a 9 mq in quanto alloggi, il progetto stesso indica bene da che parte sta il governo, dalla parte dei proprietari.

In questo contesto, i discorsi alla moda nei circoli governativi sul "l'accesso alla proprietà" suonano come una provocazione. Anche in un periodo di quasi pieno impiego, una parte dei salariati, la loro frazione più povera, è comunque esclusa dalla possibilità di accedere alla proprietà. A maggior ragione nell'attuale imballarsi dei prezzi.

L'aumento della domanda di alloggi non si è tradotta immediatamente in un rilancio corrispondente delle costruzioni, neanche di quelle che si rivolgono alla domanda supplementare che viene dalle classi agiate. Era più redditizio valorizzare le costruzioni già esistenti e prelevare margini più elevati limitando l'offerta dagli alloggi in costruzione.

Dalla fine del 2003, le aperture di cantieri aumentano, con un'accelerazione nel 2004 e 2005. Ciò risponde a domande in parte speculative -gli "investimenti locativi" rappresentano quasi la metà delle vendite di alloggi nuovi - e comportano inevitabilmente delle speculazioni sui terreni edificabili, sui materiali di costruzione, ecc. Le banche seguiranno ? Una parte di quelli che hanno comprato per rivendere non saranno tentati dal farlo per "incassare i loro benefici" ? I prestiti immobiliari aumenteranno l'indebitamento delle famiglie agiate in proporzioni importanti (passate, in dieci anni, dal 50% del loro reddito lordo disponibile al 60%). Le banche cominciano a preoccuparsi ed a restringere i crediti privati alla costruzione, tanto più che la domanda di crediti da parte delle imprese ricomincia a crescere, impegnate come sono in una nuova ondata di fusioni e acquisti reciproci.

Dagli Stati-Uniti ai paesi industriali d'Europa, il rallentamento dell'aumento dei prezzi dell'immobiliare è sempre più associato allo spettro di un crollo immobiliare con le conseguenze immaginabili per i lavoratori edili.

Noi sosteniamo l'azione di associazioni quali il DAL, ATD Quarto Mondo e tante altre, che difendono coloro che sono colpiti più duramente dalla crisi delle abitazioni : quelli che si vogliono scacciare dalla loro casa popolare per non pagamento dell'affitto, gli occupanti abusivi espulsi per dare un'immagine di uomo d'ordine ad un Ministro degli Interni che non rispetta neanche la modesta legge sugli alloggi sociali nella città di cui è sindaco, o quelli che abitano in condizioni inaudite e di cui si parla solo quando un incendio attira le televisioni.

Ma non bisogna ridurre la "questione delle abitazioni" a questi soli aspetti, separandola dal funzionamento generale dell'economia capitalista. L'incapacità della società a soddisfare correttamente il bisogno elementare che è quello di avere una casa, neanche nei paesi più ricchi, è uno dei numerosi mali che risultano dal modo di produzione capitalistico.

Se la classe operaia fosse in situazione di pesare sulla politica del governo, metterebbe l'accento dei suoi interventi in questo settore su rivendicazioni intorno a due assi :

- risolvere immediatamente i problemi di quelli che non hanno alcun alloggio o che vivono in tuguri, tramite la requisizione di tutti gli alloggi inoccupati, come anche di una parte delle superfici abitabili sotto-occupate dalla borghesia. La penuria di alloggi operai è tale solo se si considerano come intoccabili gli alloggi sotto-occupati o inoccupati dei borghesi. Non c'è nessuna ragione per cui famiglie operaie si ammassino a sette o otto in camere insalubri, mentre appartamenti di 300 o 400 mq sono occupati da famiglie borghesi, o addirittura da persone sole;

- imporre allo Stato la requisizione dei terreni, compreso nei quartieri borghesi, e di dedicare una parte delle sue spese a costruire alloggi corretti impiegando direttamente la manodopera necessaria - il che permetterebbe di ridurre la disoccupazione - per darli in affitto senza che una parte degli affitti sia dedicata al profitto dei promotori, alla rendita fondiaria o ai prelievi dei vari intermediari.

Non si tratta di risolvere il problema dell'alloggio per l'insieme dei lavoratori, cosa impossibile nell'economia capitalista. Si tratta di proporre alla classe operaia obiettivi di lotta che la oppongano ai veri responsabili delle sue difficoltà, anche nel campo particolare dell'alloggio : la classe capitalista ed il governo che la rappresenta.

Bisogna soprattutto imporre obiettivi più generali : controllo e pubblicità delle contabilità delle imprese, aumento generale dei salari, scala mobile dei salari basata sui bisogni reali, compreso l'alloggio e l'affitto, divieto dei licenziamenti collettivi per le imprese che fanno profitti e ripartizione del lavoro tra tutti.