La crisi senza fine dei profughi

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2 gennaio 2016

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Da Lutte de classe n°172 (Dicembre 2015 - gennaio 2016)

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Con l'arrivo massiccio dei migranti nel corso del 2015, l'Europa è stata raggiunta brutalmente dalla catastrofe sociale, economica e politica che finora si sviluppava nel Medio Oriente e in Africa. Il fatto che centinaia di migliaia di profughi, donne, uomini e bambini possano rischiare la vita attraversando il Mediterraneo su qualche barcone, attraversando i muri di filo spinato ed affrontando la polizia antisommossa che cerca di fermarli, dà una misura della loro disperazione. La loro ricerca di un rifugio in Europa dell'ovest o del nord non è solo dettata dall'aspirazione ad una vita migliore, ma da qualcosa di vitale, il tentativo di sopravvivere sfuggendo alle guerre, alle distruzioni ed alla povertà che devastano i loro paesi d'origine.

Sebbene i dirigenti europei abbiano una responsabilità schiacciante nella catastrofe alla quale i profughi cercano di scappare, nessuno di loro , con l'eccezione relativa di Angela Merkel, ha mostrato la volontà di accogliere questi nuovi "dannati della terra" -per usare le parole dell'Internazionale- creati dal loro sistema imperialista di sovranità mondiale.

Al contrario, hanno cominciato a passarsi il problema l'un l'altro e a discutere di quanti profughi potevano accettare. Di fronte al moltiplicarsi dei drammi umani rivelati dai mass media, si sono finalmente messi d'accordo su un sistema di ripartizione per accogliere 120000 profughi nell'Unione europea (UE) in due anni. Questo numero era già inferiore al numero dei migranti entrati in Europa quest'anno - tra 800000 e 900000 secondo le cifre dell'alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi (ACNUR)   - e riguardava soltanto migranti già registrati in Grecia o in Italia. Ma non appena l'inchiostro di questi accordi si è seccato, i dirigenti europei hanno cercato scuse per negare i loro impegni. Alla metà di novembre meno di 150 migranti erano stati effettivamente "riassegnati" dalla Grecia o dall'Italia verso altri paesi europei.

Peggio ancora, gli attacchi terroristici di Parigi hanno fornito loro un bel pretesto per chiudere le frontiere dinanzi ai profughi. Sfruttando senza vergogna le paure della popolazione, i dirigenti al potere, e non soltanto i loro oppositori d'estrema destra, non esitano a confondere i profughi, che fuggono precisamente il terrore e la guerra, con i terroristi dell'Isis. Il primo ministro francese Manuel Valls, con la scusa che uno dei terroristi di Parigi era riuscito ad attraversare l'Europa mescolandosi col flusso di profughi, ha dichiarato ad un quotidiano tedesco: "non possiamo più accogliere profughi", prima di chiedere esplicitamente "la chiusura delle frontiere dell'Europa". E infatti, dalla Grecia alla Svezia e alla Francia, le frontiere interne ed esterne dello spazio Schengen, questo spazio di libera circolazione tra 26 stati europei, si chiudono l'una dopo l'altra.

Un'onda di profughi generata dalla crescente barbarie dell'ordine imperialista

Il fenomeno dei profughi che attraversano l'Africa, il Medio Oriente e l'Asia verso l'Europa per trovare lavoro o sfuggire alle guerre provocate dall'imperialismo non è nuovo. Ma l'importanza della crisi attuale gli dà un'altra dimensione: si tratta del più vasto movimento di profughi dalla divisione dell'India coloniale britannica nel 1947, che causò la partenza di più di dieci milioni di persone per raggiungere l'India o il Pakistan nuovamente indipendenti.

Nel 2014, secondo l'ACNUR, 59,5 milioni di persone su scala mondiale hanno dovuto partire da casa, la cifra più elevata dalla seconda guerra mondiale. Così, ogni giorno 42500 persone circa sono scappate dalle zone di guerra! Provenienti soprattutto da Siria, Afghanistan, Somalia, Eritrea e Sudan. I profughi che oggi arrivano in Europa dell'ovest e del nord vengono innanzitutto da questi stessi paesi, a cui bisogna aggiungere il Kosovo, il Montenegro e l'Albania, dove i migranti fuggono la disoccupazione, la corruzione e la miseria.

L'inferno ed il caos a cui vogliono scappare sono provocati direttamente o indirettamente dagli interventi imperialisti in questi vari paesi. Senza risalire al periodo coloniale o post-coloniale, il bilancio dell'occupazione dell'Afghanistan iniziata nel 2001 dalla coalizione internazionale in nome della "lotta al terrorismo" è senza appello. Quattordici anni dopo, a due anni dalla partenza delle truppe NATO che pretendevano di lasciare un paese in pace con un governo centrale rispettato, regioni intere sono sotto il controllo di gruppi ribelli concorrenti, compresi i talebani. La popolazione è direttamente vittima della guerra tra queste cricche per il controllo dei territori.

Dall'Iraq nel 2003 alla Libia nel 2011, gli interventi imperialisti hanno creato un vuoto politico che ha aperto uno spazio all'emergere di milizie islamiche rivali che si contendono il potere politico. Da quel momento questi paesi si sono trasformati in zone di guerra dove le popolazioni sono prese tra i fuochi di queste milizie e sottoposte alla loro brutale dittatura. Alle distruzioni causate dall'aggressione occidentale si sono aggiunte le devastazioni causate da guerre civili feroci. Il crollo economico ha ridotto la popolazione in povertà. Non c'è più futuro per nessuno in queste regioni.

La situazione della Siria mostra fin troppo bene il cinismo delle grandi potenze ed il loro disprezzo per la sorte delle popolazioni. Esse hanno prima sostenuto le varie milizie siriane opposte al regime di Bachar al-Assad, comprese le milizie islamiste che nelle città sotto il loro controllo imponevano una dittatura selvaggia come quella del regime di Assad. Hanno lasciato i loro alleati regionali, Arabia Saudita, Turchia o Qatar, armare e finanziare queste milizie, tra cui quelle che avrebbero rapidamente aderito all'Isis. Poi, quando l'Isis assunse il controllo di un vasto territorio a cavallo di Iraq e Siria e incominciò a minacciare direttamente gli interessi occidentali, le grandi potenze lanciarono bombe sulla popolazione siriana delle città occupate dall'Isis stesso. Ultima involuzione, i dirigenti imperialisti, dopo gli attentati di Parigi, si preparano a fare di Assad, boia del suo popolo e responsabile di circa 250000 morti in Siria, un loro nuovo alleato nella guerra all'Isis. L'esercito di questo Assad, di cui volevano la caduta non tanto perché era un dittatore feroce ma perché il suo regime non era abbastanza controllabile, oggi sembra a loro quello nella posizione migliore per combattere l'Isis sul terreno .

Questa nuova involuzione potrà solo spingere nuovi contingenti della popolazione siriana sulle strade dell'esodo. Su 23 milioni di Siriani, 4,3 milioni si sono già rifugiati all'estero. La metà di questi, più di 2,1 milioni, si trova in Medio Oriente, per la maggior parte in Libano e Giordania, dove rappresentano un enorme fardello per le risorse limitate di questi paesi. La popolazione del Libano, ad esempio, è aumentata del 20% a causa dell'afflusso di profughi. Le condizioni di vita sono spesso insopportabili. Il campo di Zaatari, in Giordania, accoglie più di 120 000 profughi, per cui è il secondo più grande campo profughi del mondo. Muri di filo spinato lo circondano e nessuno lo può lasciare senza autorizzazione delle autorità del campo. Non c'è acqua corrente potabile e le interruzioni di corrente elettrica sono frequenti.

La situazione è così intollerabile che alcuni residenti hanno preferito attraversare la Siria, nonostante la guerra civile, per cercare di raggiungere la Turchia. Questo paese è la prima destinazione dei profughi siriani con 1,9 milione di registrati presso l'ACNUR. Oltre la sua lunga frontiera con la Siria, la Turchia è percepita da numerosi profughi come la porta d'ingresso in Europa e quindi anche come la speranza di sfuggire all'inferno. 450000 di loro, meno del 10% del totale dei profughi siriani, sono riusciti ad insediarvisi quest'anno.

Ad eccezione di Somalia, Mali o Repubblica centrafricana, gli eserciti imperialisti non sono stati impegnati recentemente in aggressioni su vasta scala nel corno d'Africa o in Africa sub-sahariana. Ma le grandi società imperialiste non hanno mai smesso di rubare le risorse di quei paesi, che si tratti del petrolio in Sudan e in Nigeria o dell'uranio e di altri metalli preziosi in Repubblica democratica del Congo e in Niger, tra gli altri. Esse, per proteggere questo furto di risorse naturali, hanno fatto sorgere ed hanno armato per decenni violente dittature. Le milizie etniche e religiose apparse in questi paesi terrorizzano la popolazione e strumentalizzano la rabbia provocata dalla brutalità di queste dittature e dalla povertà generata dai furti delle multinazionali.

Un lungo e doloroso percorso verso l'Europa trasformata in fortezza

La maggior parte dei profughi provenienti dal continente africano percorre la Libia per poi attraversare il Mediterraneo in direzione dell'Europa. Essi fuggono dalle ricorrenti carestie che presenti in vaste regioni del Nord Sudan o dal potere brutale di milizie etniche o islamiche in paesi a sud del Sahara o del corno d'Africa. Ma i profughi, non appena giunti in Libia, paese che dal tempo dell'intervento occidentale, avvenuto nel 2011, è sotto il controllo dei signori della guerra tra loro rivali, sono parcheggiati, picchiati e rinchiusi per giorni, senza cibo né acqua, per opera di gruppi locali che ricattano i loro prigionieri o cercano di farsi pagare operando come polizia al confine.

I profughi che riescono a sottrarsi alle vessazioni dei gruppi libici rischiano la vita su barconi riempiti oltre la loro capacità per attraversare il Mediterraneo. In Turchia, la cui frontiera terrestre con la Grecia è stata chiusa, migliaia di profughi tentano anche di raggiungere questo paese per mare. Così, ogni settimana, decine di bambini, donne e uomini annegano quando provano ad attraversare il mare. 3 510 sono morti durante i primi dieci mesi di quest'anno. Secondo l'organizzazione internazionale per le migrazioni (OMI), sarebbero 22000 ad avere perso la vita tra il 2000 ed il 2014, una cifra certamente molto sottovalutata.

I sopravvissuti trovano davanti a loro i muri ed il filo spinato che ormai si ergono in tutta Europa. Sono arrestati, bloccati, costretti a fidarsi di trafficanti senza scrupoli, rischiano di morire asfissiati nei cassoni dei camion, violentati o derubati per strada, parcheggiati in campi infami come quello di Calais. I numerosi reportages su questo campo battezzato "la giungla" e costruito vicino all'entrata del tunnel sotto la Manica, ne hanno dato un'idea . È un luogo infestato di ratti, il sistema d'acqua è contaminato, il numero dei bagni è irrisorio e la popolazione è colpita da ogni specie di malattia. Le condizioni sono comparabili a quelle dei molteplici campi che costellano l'Europa, che si tratti di campi di fortuna costruiti dai migranti stessi o di centri di detenzione controllati dai governi.

Con l'arrivo dell'inverno, che si aggiunge alla fortificazione delle frontiere al sud dell'Europa, dall'Ungheria alla Slovenia ed alla Bulgaria, la situazione dei migranti non cessa di peggiorare. Si sono già riportati casi d'ipotermia e di polmonite fra i profughi. L'ACNUR ha distribuito coperte, ma in numero molto insufficiente, e tanto inadatte quanto le tende utilizzate nei campi d'emergenza per profughi quando piove forte o quando la temperatura si avvicina allo zero.

Ecco come queste centinaia di migliaia di donne e di uomini sono accolte dai governi della ricca Europa , direttamente responsabili della barbarie da cui fuggono questi profughi, gli stessi governi che si atteggiano a protettori della civiltà, della democrazia e dei diritti dell'uomo.

La demagogia reazionaria dei dirigenti europei

È ovvio che l'Unione europea, con i suoi 515 milioni di abitanti, potrebbe accogliere senza difficoltà alcuni milioni di profughi. Se fosse garantita loro la libertà di circolazione e d'insediamento, i profughi si ripartirebbero spontaneamente in tutta Europa. Potrebbero trovare sostegno presso le loro famiglie o i parenti e grazie ai molteplici slanci di generosità che sempre si esprimono di fronte ai drammi o alle catastrofi naturali o umanitarie. Ricordiamo l'onda di solidarietà che si è espressa, in particolare in Germania ma non solo, dopo la morte del piccolo Aylan nel settembre scorso. In Germania, la dedizione di migliaia di volontari ha in gran parte contribuito a fornire abiti e prodotti alimentari, ma anche a fornire cure o promuovere corsi di lingua per i circa 800000 profughi arrivati in questo paese nel corso dell'anno, e di cui molti sono costretti a vivere in locali provvisori o in villaggi di tende. Di fronte alle manifestazioni xenofobe e razziste, aizzate dalla demagogia reazionaria di una frazione della classe politica in Germania, questo movimento di solidarietà è un buon segno per il futuro.

Quando Manuel Valls osa dire, come si evince da una dichiarazione fatta alla fine di novembre ad un quotidiano tedesco, che "la popolazione non capirebbe che si continuasse a lasciare le frontiere aperte dopo gli attentati", fa una scelta politica: quella di far leva , alimentandoli, sulla sfiducia e sul ripiegamento nazionalistico, quella di cercare capri espiatori per giustificare la disoccupazione e l'aumento della miseria, quella di lusingare gli elettori del Fronte nazionale piuttosto che di combattere i peggiori pregiudizi. Quando Valls, Hollande o Sarkozy vogliono far accettare i peggiori regressi sociali, respingere l'età della pensione o demolire i diritti dei lavoratori, non arretrano col pretesto che "la popolazione non capirebbe": anzi, moltiplicano le campagne di propaganda per influenzare l'opinione pubblica e farle accettare I loro progetti.

Da un capo all'altro dell'Europa, sia con governi apertamente di destra come in Gran Bretagna ed in Ungheria, sia con governi che si dicono di sinistra come in Francia, tutti scelgono di rincarare la dose nel campo della difesa dell'"interesse nazionale". Incapaci di arrestare la disoccupazione e spronati dall'ascesa dei partiti d'estrema destra, moltiplicano le leggi repressive per gli stranieri in situazione irregolare, rendendo a tutti la vita quotidiana sempre più difficile e alimentando senza fine la demagogia xenofoba.

Le ultime decisioni dei dirigenti europei rispetto ai profughi vanno in questa direzione. Mentre il loro piano di ripartizione di 120000 profughi in due anni stenta a cominciare ed è apertamente contestato da molti paesi, ormai preparano gli strumenti atti a respingere fuori d'Europa numerosi migranti che l'hanno raggiunta.

I paesi europei più ricchi, Gran Bretagna, Francia e Germania, esigono che i paesi mediterranei dello spazio Schengen, Grecia e Italia, controllino meglio le loro frontiere. Vogliono imporre ai paesi di transito, come Turchia, Libano o Serbia, estranei allo spazio Schengen, di parcheggiare i candidati all'esilio in campi che i dirigenti europei chiamano pudicamente "hotspots". Saranno veri e propri campi di smistamento destinati a scegliere i migranti che saranno ammessi sul territorio europeo in funzione della loro nazionalità, della loro qualità di rifugiati politici o di migranti economici, ma anche del loro livello di qualifica professionale. Non si sa ciò che è più ignobile in questa politica: organizzare tale selezione tra i migranti, come se fuggire la miseria fosse meno vitale che fuggire la guerra, o dare in subappalto questo lavoro sporco a paesi poveri già sopraffatti dall'afflusso di profughi!

La Grecia, dopo la minaccia di esclusione dall'eurozona a causa dell'indebitamento eccessivo, subisce ora quella di essere estromessa dallo spazio Schengen per insufficiente sorveglianza delle proprie frontiere. Il governo greco, dopo il controllo economico della troika, ha dovuto accettare l'intervento di Rabit, una brigata speciale di guardie di frontiera dell'agenzia europea Frontex, incaricata di rafforzare i controlli tra Grecia e Turchia. La Commissione europea, sostenuta da Parigi e Berlino, vorrebbe aumentarne l'organico e, soprattutto, poterla dispiegare anche senza l'autorizzazione degli stati interessati.

Contemporaneamente a queste misure volte ad arginare l'afflusso di migranti verso l'Europa, i governi di vari paesi, in primis quelli più ricchi, moltiplicano le espulsioni di migranti clandestini o di profughi la cui domanda di diritto d'asilo è stata respinta. Sotto Hollande, il numero di espulsioni e di rinvii in centri di detenzione amministrativa è aumentato rispetto al periodo di Sarkozy. Con lo stato di emergenza e la moltiplicazione dei controlli polizieschi, gli arresti di lavoratori sans papiers possono solo aumentare.

In Germania, la cancelliera Angela Merkel si è inizialmente atteggiata a grande umanista con la sua promessa di accogliere senza riserva un gran numero di profughi. Ma non è durato a lungo. Di fronte ad una ribellione a destra del suo partito e alle contestazioni dell'estrema destra, la Merkel ha rapidamente cambiato tattica, ristabilendo il controllo alle frontiere, e prendendosela con i profughi balcani ed afghani, a cui si è intimato di tornare a casa loro. Come se i profughi afghani non fuggissero da una guerra civile sanguinosa aizzata dalle potenze imperialiste! Come se quelli dei Balcani, che vengono soprattutto dall'Albania e dal Kosovo, non fuggissero dalle devastazioni generate dalla guerra civile che è seguita all'esplosione della Jugoslavia!

Dall'inizio di novembre, i cittadini dell'Albania, del Montenegro e del Kosovo non possono più pretendere il diritto d'asilo in Germania, col solo pretesto che questi paesi sarebbero di colpo diventati sicuri. Migliaia di kosovari, giunti clandestinamente in Germania a lavorare, quest'autunno sono stati rimandati in Kosovo. Il Parlamento tedesco ha deciso di accelerare le procedure di espulsioni per coloro a cui non è stato riconosciuto il diritto d'asilo.

Nello stesso tempo, Viktor Orban, Primo Ministro d'Ungheria, e uomo politico di destra, nell'ambito del suo rilancio xenofobo rispetto al partito d'estrema destra Jobbik e agendo come subappaltatore di Germania ed Austria, vieta ai profughi di attraversare il suo paese costruendo un muro di filo spinato tagliente lungo la frontiera con Serbia e Croazia. In maniera solo un po' meno folle, i governi sloveni e bulgari erigono anch'essi simili difese contro i profughi che cercano disperatamente una nuova via d'accesso quando un paese richiude i propri confini. L'Austria ha annunciato a sua volta la costruzione di una barriera contro gli immigrati alla frontiera con la Slovenia.

Sì alla libertà di circolazione

Con questa barriera, si rafforza una frontiera interna allo spazio Schengen. Tanto vale dire che la libertà di circolazione sta per diventare un mito. La crisi dei migranti, come la crisi dell'euro prima di essa, mostra tutti i limiti ed allarga tutte le crepe di un'Unione europea controllata da un pugno di grandi potenze dagli interessi contraddittori.

La borghesia europea ci tiene alla libertà di circolazione, non dei profughi ma delle merci, dei capitali, eventualmente della manodopera. Il ristabilimento dei controlli alle frontiere, che siano decisi in seguito agli attentati o per impedire l'arrivo dei migranti, ostacola il funzionamento dell'economia borghese con i suoi andirivieni di camion che alimentano fabbriche situate in tutta Europa. Un ritorno indietro definitivo limiterebbe considerevolmente il ricorso al subappalto ed alle molteplici delocalizzazioni finendo col peggiorare la crisi economica. D'altra parte, la borghesia tedesca non vuole sopportare da sola il costo dell'accoglienza di uno o più milioni di profughi, non più del governo britannico che non vuole lasciare entrare i migranti di Calais sul suo territorio. È per questo che i dirigenti francesi, tedeschi e britannici esercitano una pressione sempre più forte sui paesi di destinazione perché respingano i migranti.

I lavoratori, da parte loro, non hanno nulla da guadagnare con il ristabilimento delle frontiere nazionali che, nonostante le menzogne dei governanti di ogni specie, non li proteggerà né dalla disoccupazione, né dalle chiusure di fabbriche, né dalla concorrenza di altri sfruttati pronti a vendere ad ogni costo la loro forza lavoro per fare vivere la propria famiglia. Essi non ricaveranno alcun vantaggio neppure dal rafforzamento delle frontiere esterne dell'UE o dello spazio Schengen, che trasforma l'Europa in una fortezza sempre più inaccessibile ed il Mediterraneo in un immenso cimitero per i profughi.

I lavoratori non devono dare alcuna solidarietà ai loro dirigenti, a cui non importa nulla della tragica sorte dei profughi, proprio quando questi sono vittime delle manovre delle potenze imperialiste che giocano col fuoco in Medio Oriente ed in tutto il continente africano.

Indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione o dalla lingua, i migranti sono "i dannati della terra", i fratelli e le sorelle delle classi operaie d'Europa con cui condividono il medesimo nemico: le classi capitalistiche dei paesi ricchi. Non solo essi dovrebbero essere accolti come profughi, ma vedersi anche accordato il diritto di circolare liberamente ed ottenere i mezzi per stabilirsi dove vogliono. C'è abbastanza posto anche per loro. Quanto ai costi dell'accoglienza, spetta ai capitalisti pagarne il conto con i loro immensi profitti: è tempo che paghino i loro debiti!

13 dicembre 2015