Dopo le elezioni americane del 4 novembre, Obama è stato riconosciuto come quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti. La sua vittoria è chiara, non solo per il numero di grandi elettori che lo devono eleggere ufficialmente il 15 dicembre, ma per il numero assoluto dei voti popolari. La partecipazione è stata forte, e i Democratici hanno rafforzato la loro maggioranza sia alla Camera dei rappresentanti che al Senato.
La maggior parte dei commentatori si stupiscono e trovano del tutto straordinario che l'America, dove i tre quarti degli elettori sono bianchi, abbia eletto un presidente nero, come se il colore della pelle fosse un criterio decisivo. Gli stessi, tra l'altro, dubitavano della vittoria di Obama e pensavano che il problema razziale fosse un ostacolo.
La vittoria di Obama non significa che non ci sia più razzismo negli Stati Uniti, né che non ci sia più discriminazione verso i neri; ma l'elezione non si è giocata su questi problemi, anche se molto spesso la stampa li ha messi in rilievo. Pochi giorni prima dell'elezione, il Wall Street Journal notava che "sarebbe stupido pretendere che il successo di Obama tra gli elettori bianchi sia dovuto ad una qualsiasi rivoluzione nelle mentalità dall'elezione del 2004".
E' STATO BUSH CHE HA PRODOTTO
LA VITTORIA DI OBAMA
Infatti ciò che è cambiato dal 2004 è l'esistenza di un forte rigetto di Bush e del suo governo. Questo rigetto è ancora aumentato con la crisi finanziaria, e il modo in cui il governo è corso in aiuto agli speculatori. Se la vittoria di Obama nelle primarie dell'Iowa nel gennaio scorso ne ha fatto un candidato credibile e gli ha conquistato il sostegno di buona parte dell'elettorato nero, è stato solo nel settembre 2008, dopo lo scoppio della crisi finanziaria, che i sondaggi si sono veramente orientati a favore di Obama, grazie al rigetto di Bush e del candidato repubblicano Mac Cain.
Fino a quel momento Obama faticava a conquistare l'elettorato popolare, senza che il razzismo, pur giocando un suo ruolo, ne fosse la ragione essenziale. Semplicemente Obama non si rivolgeva a questo pubblico popolare, non parlava dei problemi che lo preoccupavano e ovviamente non proponeva nessuna soluzione. Rappresentava un altro ambiente sociale, nel quale i lavoratori non si potevano identificare. Tra l'altro, ricordiamoci che all'inizio della sua campagna Obama appariva come un bianco anche agli occhi di alcuni neri, tanto era integrato al mondo borghese. Mac Cain e soprattutto la sua vice Sarah Palin apparivano, con i loro discorsi semplici e diretti, ben più vicini alla popolazione lavoratrice bianca, anche se la loro politica è agli antipodi dei suoi interessi.
Ma il rigetto e anche l'odio nei confronti di Bush ha in parte vinto queste reticenze. Obama ha raccolto il 44% dei voti degli elettori bianchi, mentre il candidato democratico nel 2004 ne aveva raccolto solo il 41%. Mac Cain ne ha avuto il 54%, invece del 58% per Bush nel 2004. Tra l'altro, a settembre si è visto che la collera verso il piano di salvataggio delle grandi banche, diffusa anche tra gli elettori repubblicani, ha influenzato anche alcuni deputati repubblicani, che hanno fatto fallire il primo voto del piano Paulson. E nonostante Obama si sia ben guardato dal prendere degli impegni rispetto alle vittime della crisi, è la situazione stessa che ha cambiato di colpo lo stato d'animo degli elettori.
UN POLITICO RESPONSABILE DAVANTI ALLA BORGHESIA
Appena vinto le primarie nel giugno scorso, Obama si è ben guardato dal fare promesse alla popolazione lavoratrice. Si è sforzato di mostrare alla grande borghesia che era un politico responsabile. E' anche tornato indietro su alcune dichiarazioni fatte durante la sua campagna contro Hillary Clinton, tra l'altro sull'impegno a porre fine alla guerra in Iraq e a ritirare le truppe americane. Si è detto a favore dell'intensificazione della guerra in Afghanistan, e addirittura alla sua estensione al Pakistan: in effetti si è impegnato ad una continuità con la politica estera americana. E adesso si dice che prenderà come ministro della difesa l'attuale ministro della difesa di Bush, Robert Gate.
Rispetto alla crisi finanziaria, ha sostenuto come Mac Cain il piano Bush-Paulson di 700 miliardi di dollari per le banche, e alcune settimane fa è tornato indietro sulle poche promesse che aveva fatto alla popolazione, dichiarando che la situazione probabilmente non gli consentirà di fare ciò che aveva previsto.
Peraltro la grande borghesia aveva già scelto il suo candidato prima del voto. Obama ha raccolto due volte e mezzo ciò che Mac Cain ha potuto raccogliere come fondi per la sua campagna. E l'erogazione di denaro si è ancora accelerata a settembre, quando ha battuto tutti i record con 155 milioni di dollari in un mese. C'è da notare che Obama ha ricevuto l'essenziale del sostegno finanziario dalle grandi istituzioni finanziarie di Wall Street, ma anche da molti altri settori dell'economia. E se la borghesia ha fatto questa scelta, è perché ha valutato che in questi tempi, che si annunciano sempre più difficili per la classe lavoratrice, Barack Obama e i Democratici sono più in grado di far accettare sacrifici alla popolazione.
Questo vuol dire che nonostante l'euforia scoppiata la sera dell'elezione negli Stati Uniti e nel resto del mondo, si vedrà che - come ha proclamato Obama - "negli Stati Uniti tutto è possibile": anche vedere un presidente democratico nero fare una politica completamente in linea con quella di un presidente repubblicano bianco.
C'è da augurarsi che i lavoratori che hanno votato Obama per sbarazzarsi di Bush, o per vendicarsi di tutte le umiliazioni subite da troppo tempo, non abbiano troppe illusioni su ciò che Obama gli porterà, e che si preparino a difendersi, a rifiutare i nuovi sacrifici che si vorrà imporgli e a costringere la borghesia a pagare per la sua crisi.