Per gli Stati Maggiori dei grandi partiti politici, le elezioni amministrative degli 11 e 18 marzo 2001 presentavano un doppio interesse.
Innanzittutto un interesse su scala nazionale, per il futuro. Un'anno prima delle due elezioni importanti per i partiti politici, la presidenziale e le politiche, il risultato delle amministrative, se avesse mostrato un chiaro vantaggio per la sinistra o per la destra, avrebbe posto il vincitore in migliore situazione presso l'opinione pubblica per affrontare le prossime scadenze elettorali. Da questo punto di vista, il risultato non è né chiaro né probante giacché può essere oggetto di tante interpretazioni.
In secondo luogo, c'erano ovviamente obiettivi locali : la conquista, la perdita o il mantenimento dei posti di sindaco. I municipi delle grandi città, e perfino quelli delle città medie, rappresentano una certa influenza politica e roccaforti che sono punti d'appoggio per altre conquiste. Sono anche fonti di un notevole potere economico, cosa che gli eletti non trascurano.
I municipi delle città, grandi e medie, sono alla testa di bilanci assai importanti. Per fare solo pochi esempi, il bilancio annuale di Tolone (166 442 abitanti) ammonta a 1,5 milliardo di franchi ; quello di Nantes (277 728 abitanti) ammonta a 2,59 milliardi di franchi ; Tolosa (398 423 abitanti), 3,8 milliardi di franchi ; Issy-les- Moulineaux (52 000 abitanti) 1,3 milliardo di franchi; Argenteuil (93 961 abitanti), 950 millioni di franchi. Senza neanche parlare di Parigi, il cui bilancio raggiunge i 33 milliardi di franchi.
Disporre di tali bilanci significa disporre del potere di passare mercati per costruire e mantenere gli edifici ufficiali, mantenere le strade, i trasporti pubblici, la distribuzione dell'acqua, la raccolta della spazzatura e tante altre attività, a volte gestite dai municipi stessi, ma molto più spesso date in appalto ad aziende private. D'altra parte, in tante città, il municipio è uno tra i più importanti datori di lavoro, tanto direttamente per l'amministrazione comunale quanto indirettamente per le attività connesse (mense scolastiche, ecc.). Una parte importante delle 300 enti di case popolari dipende anch'essa dai municipi.
Dal punto di vista del padronato, i bilanci comunali costituiscono addirittura la principale fonte di profitto in alcuni settori (aziende come la Vivendi o la Lyonnaise des Eaux (Lionese dell'Acqua), specializzate nella distribuzione dell'acqua, ed alcuni altri consorzi, hanno fatto la loro fortuna grazie ai bilanci comunali, prima di stabilirsi in tanti altri campi).
Da parte dei municipi, questo è anche un modo di favorire i padroni locali.
Tutto questo genera tanti collegamenti tra i sindaci e la borghesia, e dà anche ai sindaci il potere di crearsi una clientela politica.
La legislazione elettorale : uno specchio sempre deformante
Nelle settimane che hanno preceduto le elezioni, la sinistra fidandosi dei sondaggi o del ricorso intensivo all'autosuggestione era giunta a gridare vittoria un po' troppo presto. Tanti dei suoi portavoce si vantavano del fatto che per la prima volta, una maggioranza di governo avrebbe resistito, e perfino avanzato in elezioni amministrative dopo parecchi anni di potere al governo. Molto spesso infatti, le elezioni amministrative, quando si svolgono due o tre anni dopo l'accesso al potere di una nuova maggioranza di governo, rappresentano per i delusi una possibilità di censurare tale maggioranza. Ma ci furono dirigenti socialisti per proclamare che grazie al "metodo Jospin", dopo quasi quattro anni di governo, i socialisti potevano dare una smentita questa tradizione. Ebbene, i ministri socialisti, i loro consiglieri e i sondaggi di ogni genere hanno sbagliato tutto o quasi !
E' il primo turno che da la fotografia più fedele dei rapporti delle forze elettorali. Tuttavia, perfino questo primo turno presenta una realtà deformata.
Nelle elezioni amministrative, anche i grandi partiti non possono presentare liste in tutti i 36000 comuni del paese. E l'obbligo, nei comuni di più di 3500 abitanti, di presentare liste complete, esclude dalle elezioni le correnti politiche minoritarie che non hanno le forze per presentarne in ogni città, anche importante. Sfavorizzandole, la legge contribuisce a mantenerle in minoranza.
Al contrario di quello che succede nelle amministrative, durante l'elezione presidenziale del 1995, l'insieme degli elettori aveva la possibilità di votare Arlette Laguiller. In questa occasione, gli aspetti antidemocratici non stavano nella legge elettorale stessa, almeno al primo turno, però ad un altro livello: difficoltà per candidarsi senza il patrocinio di un grande partito, accesso disuguale ai mass media all'infuori delle trasmissioni ufficiali, molto più limitate per i "piccoli" candidati che per i grandi, ecc. Invece, nelle amministrative del 2001, se abbiamo potuto presentare 128 liste, ciò ci ha permesso di candidarci solo in 109 città, certo fra le più grandi (tra le quali 28 delle 34 città di più di 100 000 abitanti) ma che rappresentano complessivamente solo 5 millioni di elettori, ossia il 13 % dell'elettorato.
Rapporto di forze elettorale favorevole alla destra
Né il primo, né il secondo turno hanno finalmente giustificato l'eccessivo ottimismo della sinistra di governo. Al primo turno, il rapporto di forze elettorale si è stabilito abbastanza chiaramente a favore della destra. Rispetto alle elezioni del 1995, i partiti della "sinistra" di governo (PS, PCF, Verdi e MDC) hanno certo progredito complessivamente. Rappresentavano nel 1995 il 40,8 % dei suffragi e rappresentano oggi il 44,9%. La destra indietreggia dal 53,5 % dei voti al 46,9%, ma rimane maggioritaria. E se si aggiunge all'elettorato della destra quello dell'estrema destra, e all'elettorato di sinistra quello di LO, delle liste "100 % a sinistra" e del Partito dei Lavoratori (Parti des Travailleurs-PT), la proporzione tra destra e sinistra si stabilisce respettivamente al 50,5 % e al 46,9%.
Se si paragonano i risultati rispettivi della sinistra di governo e quelli della destra parlamentare, questa volta nelle città di più di 15 000 abitanti (calcolo fatto dal giornale Le Monde), si ottiene una conclusione simile. Nell'insieme di queste città, infatti, la sinistra di governo raccoglie il 43,13 % dei voti e la destra parlamentare il 45,24%.
Bisogna notare che non è possibile paragonare l'evoluzione globale dei voti delle diverse componenti della "sinistra plurale" giacché solo i Verdi hanno presentato liste separate in un numero significativo di città. Il PCF lo ha fatto in modo molto minore. Senza parlare del MDC e dei Radicali di sinistra. Nella maggioranza dei casi, c'era una lista d'unione delle sinistre, anche se talvolta era in concorrenza con una lista presentata da uno o l'altro dei partiti di questa unione.
Il fatto che la sinistra sia minoritaria nell'elettorato non è una cosa nuova. Eccetto le elezioni europee del 1999, si ritrova lo stesso divario tra i risultati cumulati dell'insieme della destra (estrema destra compresa) da un lato, e quelli della sinistra e dell'estrema sinistra dall'altro, tanto alle politiche del1997 quanto alle regionali del 1998 (respettivamente il 50,5 % contro il 46,5 % ed il 50,9 % contro il 48,7 %). La rivalità tra la destra parlamentare e l'estrema destra, che ha portato ad elezioni triangolari nelle politiche, ha però contribuito a dare una maggioranza di eletti alla sinistra.
E così, la sera del primo turno di queste elezioni amministrative del 2001, la sinistra di governo dovette mandare giù le illusioni sulla progressione della sua udienza elettorale ma poteva ancora sperare di non perdere troppi eletti e soprattutto troppi municipi. Il secondo turno ha seppellito questa speranza.
Il secondo turno amplifica i risultati del primo
Alla fine del secondo turno, la "sinistra plurale", che gestiva 301 municipi di più di 15 000 abitanti ne gestisce ormai solo 259 e la destra, che prima ne gestiva 278, ne ha ormai 318. Per quanto riguarda l'estrema destra, si mantiene in 3 dei 4 municipi di cui disponeva.
Però le due grandi città, Lione e soprattutto Parigi, sono finite a sinistra. E' un conforto per la sinistra di governo poicché si tratta di due delle tre città più importanti del paese, tra le più ricche, senza neanche parlare dell'importanza politica del fatto di conquistare il municipio di Parigi. Ma dal punto di vista del numero di voti raccolti, Parigi mantiene una maggioranza di destra, così come Lione. Bisogna dire che questo piccolo miracolo proviene dalle particolarità dell'elezione in queste due grandi città (così come a Marsiglia).
Il secondo turno è ovunque ancora più antidemocratico del primo. Infatti, solo le liste che hanno ottenuto più del 10 % dei voti al primo turno possono presentasi al secondo. Sapendo che in molte città, 6 o 7 liste, o anche di più, si presentavano al primo turno, un'importante frazione dell'elettorato è stata privata, per il secondo turno, dalla rappresentazione che aveva scelta. Tutt'al più questi elettori potevano rifiutare di votare per quelli che più gli dispiacevano, ma non potevano votare per quelli che volevano. Un turno unico alla proporzionale sembra sconveniente a quelli che hanno fatto la legge. Il fatto che l'attuale sistema non sia democratico non gli disturba, anche se, secondo le elezioni, questo può anche favorire l'avversario. Sono d'accordo per giocare tra grandi partiti ma non vogliono vedere agitatori venire a disturbarli.
In tutte le città, quest'aspetto antidemocratico è ancora aggravato dal fatto che la lista arrivata in testa, anche con solo qualche voto, conquista di colpo metà dei seggi. Ed è solo l'altra metà che si spartisce proporzionalmente all'influenza elettorale di ogni lista, compresa quella arrivata in testa, che può così arrivare ad ottenere fino al 75 % dei posti, a volte solo col 40 % dei voti.
Parigi, Lione e Marsiglia hanno regimi elettorali diversi da quelli dell'insieme dei comuni, che sono ancora più antidemocratici. A Parigi, infatti, il sindaco viene eletto solo dal 1977. La destra e la sinistra hanno contribuito a definire questo sistema elettorale antidemocratico, prima con una legge del 1975, sotto la presidenza di Giscard, che fu poi modificata da una legge del 1982, sotto la presidenza di Mitterrand. A Parigi, si vota per delle liste di "arrondissements" (circoscrizioni). Ma i consigli delle varie circoscrizioni così eletti hanno solo il potere di eleggere il sindaco della circoscrizione, senza grandi poteri di decisione. Quanto al sindaco di Parigi, esso viene eletto dal Consiglio di Parigi, costituito solo da una parte dei consiglieri delle circoscrizioni. Ogni circoscrizione manda dunque al Consiglio di Parigi un certo numero di consiglieri a seconda della sua popolazione. Ma ciò aggiunge un secondo livello allo scrutinio, uno specchio deformante in più ed una possibilità supplementare di manipolare i risultati, giacché il sindaco di Parigi non viene eletto dall'insieme dei consiglieri di circoscrizioni ma solo da una parte di loro. Ne risulta che il sindaco eletto dopo questi vari filtri non corrisponde necessariamente al voto maggioritario della popolazione. Il che è appunto il caso di Parigi dove, questa volta a discapito della destra, una maggioranza di voti di destra ha dato... un municipio di sinistra.
Le astensioni
Per spiegare il suo fallimento, la sinistra di governo evoca l'importanza dell'astensione, e il PCF evoca in particolare quella dei quartieri populari, il che è vero. L'astensione infatti è stata importante, anche se meno di quella delle europee del 1999 e, a maggior ragione, di quella del referendum del settembre 2000. Era del 38,7 % al primo turno delle amministrative del 2001, mentre era solo del 30,6 % al primo turno delle amministrative del 1995. Questa volta, l'astensione è perfino più importante di quella delle politiche del 1997 (35,1 %).
Non si può dare per scontato che, se l'astensione fosse stata minore, ciò avrebbe veramente modificato i risultati. L'importanza dell'astensione ha però un significato politico. Una crescente frazione dell'elettorato si disinteressa da questo gioco di alternanza in cui, anche quando cambia l'etichetta degli eletti, la politica condotta rimane la stessa.
Fin dal primo turno, l'astensione è stata più importante nelle città operaie e in particolare nei quartieri popolari. Il paragone tra le varie città ha solo un valore relativo, giacché in una stessa città possono coesistere quartieri dalle componenti sociali molto diverse. E' tuttavia significativo il fatto che tra le città della periferia di Parigi, per esempio, i record d'astensione stiano dalla parte delle città operaie, in generale dirette dal PCF, quale Aubervilliers, con il 51,97 % di astensioni, o Bobigny con il 55,87 %, mentre le astensioni minori si trovano in periferie più agiate quale Saint-Maur con il 39,07 %, o Le Plessis- Robinson con il 34,62 %. E' vero però che Neuilly, simbolo della periferia ricca, sta tra i due, con il 46 % di astensioni.
Significativa è anche la progressione delle astensioni tra le amministrative del 1995 e quelle del 2001, più chiara nelle città operaie che nelle altre. Così, la percentuale astensionista è salita tra il 1995 e il 2001 nelle seguenti città della periferia di Parigi : a Gennevilliers, dal 29,47% al 50,02%, a Villejuif dal 24,59% al 51,91% ed a Vitry dal 24,24% al 52% ! E' anche vero che c'è spesso una progressione delle astensioni anche nelle città meno popolari.
Al secondo turno, la partecipazione è stata più alta : all'incirca il 34 % di astensioni. Ma questa maggiore partecipazione ha giovato di più alla destra che alla sinistra di governo. In alcune città, la sinistra di governo indietreggia in percentuale, ed a volte perfino come numero di voti, il che significa che non tutti gli elettori del primo turno delle diverse componenti della sinistra di governo hanno votato la lista che rimaneva al secondo turno.
Una parte dell'elettorato dell'estrema sinistra, laddove le liste presenti al primo turno non potevano mantenersi al secondo, si è astenuta. Ma molto spesso, la frazione dell'elettorato della "sinistra plurale" che non si riconosceva nella lista rimasta al secondo turno si è astenuta anch'essa (una parte dell'elettorato del PCF rispetto ad un candidato socialista o vice versa, senza neanche parlare delle situazioni in cui elettori Verdi che non si sentivano rappresentati dalla lista di sinistra hanno votato per la destra).
L'importanza dell'astensione fin dal primo turno e la sua natura, la sua evoluzione tra il primo ed il secondo turno, mettono in luce una disapprovazione della sinistra di governo o almeno una delusione nei suoi confronti, più chiara nei quartieri popolari.
Quale significato politico ?
Ovviamente, laddove le liste di contestazione (come Lutte Ouvrière, "100 % a sinistra" o quelle a cui il PT era associato) erano presenti, la disapprovazione è stata più chiara.
Si deve ricordare che la progressione dei voti a favore di organizzazioni che fanno una critica "a sinistra" della politica del governo, è stata uno dei fatti maggiori in queste elezioni. Lutte Ouvrière ha registrato i suoi maggiori progressi nelle città operaie e nei quartieri popolari.
La sinistra di governo paga dunque il prezzo della sua politica nei confronti dell'elettorato popolare. Questa politica assomiglia tanto a quella della destra che l'assenza di scelta ha spinto quest'elettorato a non andare a votare.
La disapprovazione della politica del governo, accentuata dallo spettacolare fallimento di alcuni ministri che si candidavano alle amministrative, non ha colpito nello stesso modo tutte le componenti della sinistra plurale. L'avvertimento era soprattutto indirizzato al PS, poicché è lui che assuma la direzione della politica del governo.
Può sembrare ingiusto che i Verdi, che fanno parte del governo come il PCF, reggano meglio del PCF. Ma questo è dovuto al fatto ovvio che il PCF è (ma sfortunatamente, presto bisognerà dire "fu") il partito più rappresentato nei quartieri popolari, in questi ceti della popolazione lavoratrice che hanno sofferto di più della politica del governo.
Per quanto riguarda i Verdi, la base del loro elettorato proviene da una piccola borghesia che non subisce troppo la situazione economica e sociale e che non ha molte ragioni di essere scontenta del governo. Il voto a favore dei Verdi rispecchia le aspirazioni che vengono dalla piccola-borghesia, o addirittura da ceti agiati, ma non le aspirazioni e le insoddisfazioni che vengono dal mondo del lavoro.
Ora che le elezioni comunali sono passate, viene il tempo dei regolamenti di conti, nell'attesa delle prossime elezioni. Il governo Jospin ha già espresso chiaramente che capisce molto bene da dove viene la disapprovazione principale ma che non vuole per nulla porre rimedio alle sue cause. Questo governo che ha dato solo colpi ai lavoratori, in un periodo in cui le aziende hanno realizzato fantastici profitti, invocherà, e già invoca, la deteriorazione della congiuntura economica per rifiutare qualunque cambiamento della sua politica che sia minimamente a favore delle classi lavoratrici. Rimane vero che non si oppone né ai cinici licenziamenti dell'impresa Danone, né a quelli scandalosamente brutali di Marks e Spencer, né al ricatto della Michelin sui lavoratori del gruppo perché accettino l'accordo sulle 35 ore che l'azienda vuole imporre loro. Certo, Jospin vuole vincere l'elezione presidenziale ed il PS le elezioni politiche, ma non fino al punto di compiere gesti sconsiderati in direzione dei lavoratori, per paura di essere preso in parola e disapprovato dai padroni.
Per quanto riguarda il PCF, è difficile misurare il regresso della sua influenza elettorale, poicché si è ben guardato dal darne i mezzi col presentare liste indipendenti dalla sinistra di governo in un numero abbastanza importante di città. Ma per quanto riguarda le città dirette prima dal PCF e che non lo sono più oggi, il risultato delle elezioni è eloquente. Il PCF ha perso 12 delle 39 città di più di 30 000 abitanti che dirigeva e ne ha guadagnato solo 2. Nessuna città di più di 100 000 abitanti è ormai diretta da un sindaco PCF. Parecchie città della periferia parigina un tempo "rosse" sono cadute, alcune a destra, ed altre nelle mani del Partito Socialista.
Cinque giorni dopo il secondo turno, Robert Hue, reso pubblicamente responsabile di questo disastroso risultato da alcuni deputati del PCF, proclamava in prima pagina dell'"Humanité": "dimostreremo che il PCF ha sentito il messaggio". Ma non c'è peggiore sordo di quello che non vuole sentire. E dopo quatro pagine di digressioni, Robert Hue giunge alla conclusione che il PCF deve continuare la stessa politica e, in particolare, rimanere nel governo. E' un modo di confermare che lega la sorte del suo partito a quello del PS, sicuramente non per il meglio, ma certamente per il peggio. Questa affermazione prosocialista arriva solo qualche giorno dopo una dichiarazione di Fabius, il ministro delle Finanze, uno dei principali dirigenti del PS (ma, è vero, un avversario di Jospin nel seno del PS), che spiega con cinismo e brutalità che non vede nessuna ragione perché il suo partito sostenga il PCF. Sicuramente Fabius si accontenta di anticipare, perché il PS ha ancora bisogno di quello che rimane dell'influenza del PCF nelle classi popolari, o almeno così la pensa e la dice l'attuale capo del governo.
Ma il suo proposito prolunga e riattualizza la promessa di ridurre l'udienza del PCF, fatta da Mitterrand trent'anni or sono, quando il rapporto di forze elettorale tra PS e PCF era all'opposto di quello di oggi.
La direzione del PCF continua a fare la scelta di una politica funesta per l'insieme dei lavoratori e suicida per il proprio partito e sfortunatamente per i suoi militanti. Questo perché la realtà del PCF non si riduce solo alla sua direzione e al suo apparato. Ci sono anche i militanti, in particolare quelli sorti dalla classe operaia, ed il suo elettorato. I primi sono certo sempre più demoralizzati ed il secondo in regresso.
Ma i risultati di Lutte Ouvrière dimostrano che si può chiaramente scegliere il campo dei lavoratori, non esitare ad affermarlo, difendere gli interessi politici del mondo del lavoro, appellarsi all'ideale comunista e progredire al livello elettorale, proprio mentre i due grandi partiti che hanno svuotato di ogni contenuto le parole "socialismo" e "comunismo" sono in regresso.
Questa lezione, confermata da queste elezioni amministrative, dopo una sucessione di elezioni fin dal 1995, sarà sempre più capita nel futuro da quelli che non hanno voglia di abbandonare la lotta per la destruzione della società capitalistica, liberale o globalizzata che sia, e la sua trasformazione in società comunista nella quale tutti i grandi mezzi di produzione, o addirittura i beni di consumo, saranno a disposizione della collettività mondiale e non del profitto.