Francia : il PCF e la manifestazione del 16 ottobre 1999

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Da "Lutte de classe" n° 46 - novembre 1999 (Francia - il PCF et la la manifestazione del 16 ott.)
Novembre 1999

La situazione politica in Francia e la manifestazione del 16 ottobre

Il rientro politico in Francia è stato segnato dal "caso Michelin". Prima di questo scandalo provocato dall'annuncio nei primi giorni di settembre di 7500 soppressioni di posti di lavoro dalla ditta di Clermont-Ferrand, questo rientro politico si annunciava tranquillo per la maggioranza di governo. La sinistra plurale coabitava senza problemi maggiori sotto l'arbitrato del PS e di Lionel Jospin. Anche la sceneggiata elaborata dai Verdi, incoraggiati dal loro relativo successo nelle elezioni europee, aveva fatto cilecca. Era bastato che il primo ministro alzasse la voce e precisasse che era escluso rimettere in discussione l'equilibrio della maggioranza a favore dei Verdi e a scapito del PCF, per porre fine alla mini-fronda ecologista, e rimandarla ai futuri mercanteggiamenti in vista delle elezioni comunali del 2001. Jospin sa benissimo che il PCF dispone di un radicamento sociale ben più determinante per lui di quello dei Verdi. A questo bisogna aggiungere, anche se è secondario, il fatto che, sebbene il peso elettorale del PCF si sia indebolito sul piano nazionale, non è la stessa cosa sul piano locale, poiché gode ancora in molti comuni di posizioni salde.

Sembrava quindi che tutto andasse al meglio nella migliore maggioranza possibile. I sondaggi culminavano a livelli confortevoli per Jospin -ed anche per Chirac- quando è scoppiato questo "caso Michelin". I dirigenti di questa ditta hanno annunciato che stavano per sopprimere 7500 posti di lavoro entro tre anni, mentre proprio lo stesso giorno vantavano sostanziosi profitti. Tale atteggiamento non è certo originale. Le grandi società capitalistiche procedono tutte nello stesso modo. E' anche un calcolo mirante a fare salire il corso delle loro azioni in Borsa. Si potrebbero dare molti esempi che hanno preceduto o seguito il caso Michelin ma, questa volta, le dichiarazioni di Michelin hanno destato nell'opinione più emozione che al solito.

Jospin, interrogato alla televisione France 2 a questa occasione, ha spiegato, sebbene fosse stato urtato dal modo in cui lo stato-maggiore della Michelin aveva proceduto, non toccava allo Stato amministrare l'economia, che il governo non poteva fare niente, che toccava ai lavoratori intervenire, o detto in altri termini : si arrangino loro stessi. Tale dichiarazione non contribuì a fare ricadere l'emozione.

Certo, Jospin cercò poi di correggere la sua prima dichiarazione, spiegando che il ruolo dello Stato era lo stesso di "regolare" l'economia, ossia nel migliore dei casi di agire a scadenza tanto lunga che questo non cambia nulla alla libertà dei capitalisti di gestire l'economia in modo catastrofico.

Da questo momento Jospin è stato attento a non tornare sul caso Michelin, dando prova che, per il governo, la questione andava insabbiata. Così come è rimasto silenzioso sulle conseguenze della fusione tra Rhône-Poulenc e Hoechst che potrebbe comportare la soppressione di migliaia di posti di lavoro, in Francia e nel mondo. Così come è rimasto silenzioso su Renault che, solo alcune settimane dopo di avere comprato il giapponese Nissan, ha deciso la soppressione di 21000 posti di lavoro nel Giappone e in Europa. A tal proposito si è potuto parlare di un secondo Vilvorde su grande scala, per il quale Jospin ha lasciato andare, come aveva lasciato andare il primo, nel Belgio. Questa passività è tanto più significativa che lo Stato, in questo caso il governo, dispone di mezzi d'intervento diretto poiché rimane, e ci mancherebbe, il principale azionista della Renault.

Col passare del tempo il governo appare sempre più chiaramente per quello che è : un governo che segue le orme dei suoi predecessori di destra. E' diventato un'evidenza e un motivo di scherzi, e non solo nelle trasmissioni satiriche della televisione.

Già le operazioni di privatizzazione sono state più numerose sotto Jospin che non lo sono state complessivamente sotto i governi di Balladur e Juppé, senza curarsi delle promesse preelettorali.

In quanto alle leggi Aubry sulle 35 ore, presentate come la riforma maggiore del governo Jospin e il culmine della sua opera sociale, appariscono per quello che sono : una costruzione che in fin dei conti favorisce solo il padronato.

E' in tale contesto che Robert Hue ha lanciato, nel discorso da lui tenuto alla Festa dell'"Humanité", l'appello ad una manifestazione contro la disoccupazione ed i licenziamenti. Lutte Ouvrière e la LCR sono state invitate ad parteciparci e anche, è vero, le organizzazioni dell'area della "sinistra plurale", l'MDC, i Verdi, e addirittura il PS, potendo ognuna di queste organizzazioni "prenderci parte... con le sue parole d'ordine, le sue proposte".

Dalla parte dei partiti di governo, l'MDC ha accettato di dare la sua firma all'appello a questa manifestazione, i Verdi dopo molte contorsioni decisero anche di farlo, ma controvoglia, e si affrettarono di farsi indietro appena gli striscioni arrotolati, in modo che tutti capissero che la loro partecipazione, molto ridotta tra l'altro, andava considerata come un capriccio momentaneo.

In quanto a noi, la nostra compagna Arlette Laguiller ha dato in una prima lettera di risposta alla proposta di Robert Hue le ragioni per cui ci associavamo all'iniziativa del PCF. "Da parte nostra", precisava, ...Il senso della nostra partecipazione era chiaramente indicato.

Con questa manifestazione, al di là degli obiettivi affermati, Robert Hue ha ovviamente raggiunto i suoi obiettivi organizzativi. i militanti del PCF, demoralizzati dalla passività del loro partito di fronte alla situazione sociale in degrado accelerato, e anche demoralizzati dallo scacco nelle elezioni europee, sono stati in gran parte liberati da questo appello a manifestare. Sembrava loro che il partito riprendesse l'offensiva sociale e, nei confronti della popolazione del loro quartiere e dei lavoratori delle loro fabbriche, potevano apparire non passivi di fronte ai licenziamenti, alla disoccupazione, al degrado del tenore di vita e, innanzitutto, apparire come gente che non esitava ad agire indipendentemente dal governo Jospin.

Certamente, questo era più superficiale che profondo, ma lo stesso la direzione del PCF faceva un passo a sinistra, e proprio lì sta una delle ragioni per cui abbiamo sostenuto questa mossa.

E si può anche dire che, a prescindere dal successo che ha rappresentato per la direzione PCF -unico aspetto sul quale la stampa abbia insistito, pur sottolineando pesantemente il fatto che il PCF non sia stato scavalcato a sinistra-, la manifestazione è stata un successo incontestabile per la frazione delle classi popolari e della classe operaia che sta intorno ai militanti del PCF.

Obiettivamente questa manifestazione è stata una reazione della sinistra, e una manifestazione popolare ed operaia contro la situazione sociale e la politica, o meglio l'assenza di politica, del governo Jospin rispetto a tale situazione.

Eppure, come scriveva Arlette Laguiller a Robert Hue (cfr. le lettere riprodotte qui sotto), questa manifestazione avrà un senso solo se costituisce la prima tappa di un piano di mobilitazione dei lavoratori.

Certamente, non si tratta solo di manifestare; bisogna anche preparare lotte, giornate d'azione, scioperi interprofessionali, allo scopo di ridare fiducia ai lavoratori, di permettere loro di contare le loro forze e di preparare una controffensiva contro il padronato.

Ma non bisogna sbagliare obiettivo. Solo una lotta molto importante permetterà di rovesciare il rapporto di forza tra il padronato e i lavoratori, nel contesto della disoccupazione. Ma se i lavoratori impegneranno una lotta importante, occorrerà che sia per obiettivi che cambino le cose davvero.

Perciò diciamo che bisognerà vietare i licenziamenti nelle imprese che fanno profitti ; che non dovremo accontentarci delle dichiarazioni dei dirigenti padronali sulla situazione economica della loro impresa ; che bisognerà imporre il controllo popolare delle contabilità di tutte le grandi imprese, col sopprimere il segreto commerciale ed il segreto bancario, che sono segreto solo per la popolazione.

Tutti gli scandali l'hanno dimostrato, ci vorrà un controllo sui conti bancari dei principali azionisti e sui loro conti personali per conoscere i circuiti segreti del denaro, da dove viene, a cosa serve, dove va.

E' questo che permetterà di risolvere il problema delle disoccupazione, col non lasciare più le mani libere a questi trust e monopoli che dettano legge all'economia del paese e possono ridurre alla miseria migliaia di famiglie, rovinare intere città e desertificare una regione.

Non dobbiamo lasciarci ingannare da rivendicazioni che portano ad un binario morto, come le trentacinque ore o la ricerca di "miglioramenti" alla legge Aubry dette delle trentacinque ore.

Nelle mobilitazioni parziali e locali del mondo del lavoro, occorrerà lottare in comune contro l'aspetto peggiore di questa legge, cioè la libertà data ai padroni di imporre orari variabili sulla giornata, la settimana, il mese e perfino l'anno -quello che chiamano cinicamente la flessibilità. E' la schiena e la mente dei lavoratori che vogliono flessibili.

Certamente, altre rivendicazioni sono necessarie e l'elenco sarebbe lungo. Alcune sono indispensabili ad alcuni lavoratori e non ad altri, perciò bisogna sapere distinguere tra le rivendicazioni che sono essenziali per il mondo del lavoro e quelle che sono solo parziali, e di cui il padronato può fare l'elemosine per fermare una lotta.

Da quel punto di vista, siamo soddisfatti che il PC proponga una nuova giornata d'azione a dicembre, su scala nazionale, con appelli a manifestare nelle principali città del paese. Se questa dimostrazione riuscirà, occorrerà che sia seguita da altre giornate d'azione, da dimostrazioni, da manifestazioni, accompagnate questa volta da appelli a scioperi interprofessionali di 24 ore. Ma per questo, occorre che almeno una grande confederazione sindacale, ossia la CGT, non abbia lo stesso atteggiamento assunto da lei per il 16 ottobre, al quale ha rifiutato di partecipare in quanto tale col pretesto che questa giornata aveva un carattere più politico che sindacale.

Bisogna quindi che tutti i militanti -e quelli di LO ci parteciperanno- raddoppino i loro propri sforzi per convincere i lavoratori e tutta la popolazione lavoratrice, i militanti sindacali, i militanti del PC e della CGT, della necessità di tale programma di lotta e di tale programma di rivendicazioni.

(29 ottobre 1999)

Uno striscione : "nel 1995, solo Lutte Ouvrière chiedeva il divieto dei licenziamenti nelle imprese che fanno profitto. Oggi siamo decine di migliaia a chiederlo. Domani saremo milioni per imporlo !"

La manifestazione del 16 ottobre

Il PCF è riuscito nella dimostrazione della sua capacità di raggruppare decine di migliaia di militanti. E in realtà sono ancora più numerosi, più numerosi che non lo pensano quelli che lo hanno già seppellito perché sanno solo contare in termini elettorali e da politicanti. Sono più numerosi di ciò che l'estrema sinistra è capace di raggruppare oggi. Da quel punto di vista, il numero complessivo dei manifestanti del 16 ottobre è significativo. Secondo le fonti si danno numeri tra 32000 e 60000. Comunque, al di là dell'incontestabile mobilitazione che esprimono, misurano anche un rapporto di forze. Certamente l'estrema sinistra ha portato il suo contributo al successo di questa manifestazione, sia nella sua preparazione che nella partecipazione. In quanto a noi, abbiamo contato ben più di 32000 partecipanti alla sfilata stessa, ma certamente i manifestanti erano molto di più se si contano quelli, molto numerosi, che si trovavano sui marciapiedi lungo il corteo, spesso con distintivi PCF. Il corteo di Lutte Ouvrière raggruppava tra 3000 e 3500 manifestanti, quello della LCR un po' meno di 2000. Vale a dire che l'essenziale dei manifestanti erano stati trascinati grazie alle attività e all'influenza del PCF. Chiaramente tale proporzione non viene modificata, né dalle 300 persone circa che sfilavano coll'MDC (Movimento dei Cittadini del ministro degli Interni Chevènement), né da quelle, non più numerose, che sfilavano dietro i Verdi, e neanche dalle alcune centinaia di manifestanti che si sono ritrovati nel corteo delle organizzazioni di disoccupati (militanti di AC! -Agir contre le chômage!, agire contro la disoccupazione !- presenti, nonostante il rifiuto dei loro dirigenti di aderire a questa manifestazione, o delle altre associazioni APEIS o MNCP). Questa realtà, bisogna non temerne la constatazione se non vogliamo arrivare a ragionamenti e conclusioni politiche che non abbiano niente a che vedere con la realtà. A tal proposito è completamente sbagliato, e anche infantile pretendere, contro ogni evidenza, che l'estrema sinistra abbia rappresentato un quinto delle manifestazione "ossia più di 10000 manifestanti ostili alla politica di Jospin", come ha fatto la tendenza R! della LCR nell'articolo da lei pubblicato in Rouge del 21 ottobre. Non è vero che l'estrema sinistra abbia raggruppato 10000 persone, e neanche che abbia rappresentato il 20% della manifestazione.

La manifestazione del 16 ottobre è stata quindi una misura dell'influenza che rimane al PCF in seno alla popolazione lavoratrice, perché, se nelle strade di Parigi c'erano innanzitutto dei militanti, sono questi militanti che, presenti nelle imprese, nei quartieri popolari, possono avere un peso nelle scelte, nelle opinioni, e avranno un peso nelle mobilitazioni future.

29 ottobre 1999

Ma si può scendere in piazza con il PCF e non criticare la sua politica, in particolare la sua partecipazione ed il suo sostegno al governo Jospin ?

Alcuni militanti i simpatizzanti dell'estrema sinistra si pongono questa domanda, e ci rispondono negativamente.

Secondo noi, questa domanda è normale, ma risponderci negativamente è un errore in generale definito "estremista" dai marxisti.

Abbiamo accettato, senza riserve, di partecipare con il PCF, coi suoi dirigenti e militanti, ad una manifestazione sull'occupazione e contro i licenziamenti -ed anche di organizzarla insieme-, nella quale ognuno poteva scegliere liberamente le proprie parole d'ordine. Ma anche una minima serietà esigeva di non abbandonare questo terreno e di non fare di questa manifestazione il teatro di una critica politica del PCF. Se no, perché accettare di manifestare con lui ?

Al contrario, ci toccava fare la dimostrazione, nei confronti dei suoi militanti e simpatizzanti, che non siamo sempre e in qualsiasi circostanza critici rispetto al PCF. Avevamo l'occasione di dimostrare che quando faceva un passo a sinistra lo sostenevamo senza riserve.

Tal atteggiamento non è riservato al solo PCF.

Quando ci siamo candidati insieme con la LCR nelle elezioni europee, le nostre divergenze passate -e presenti- non sono sparite. Ma né la LCR, né noi stessi, abbiamo fatto di questa campagna un terreno di scontro per rimproverarci tutto ciò che potevamo avere, eventualmente, da criticare. Ci siamo attenuti a difenderne gli assi politici, ognuno col proprio linguaggio o, come si dice, con la propria sensibilità, senza riversarci su un qualsiasi altro terreno.

Allora quelli che rispondono negativamente alla domanda qui sopra possono anche chiedersi se, al secondo turno di un'elezione legislativa, per esempio, chiamerebbero a votare per il candidato del PCF, e innanzitutto del PS, "per battere le destre". Cioè, col contribuire a fare eleggere un deputato che sosterrebbe la politica anti-immigrati di Chevènement, o filopadronale di Aubry o Strauss-Kahn.

E questo, anche quando si esprimono tutte le critiche possibili, significa dire agli elettori che l'elezione di tali deputati sia un male minore.

In quanto a noi, e possiamo rispondere solo per noi stessi, ci asterremo sul terreno elettorale.

Invece se il PCF chiama ad una manifestazione sul terreno delle rivendicazioni della classe operaia, non ci asteniamo, anzi non facciamo in tale occasione una campagna contro il PCF.

Se la nostra influenza fosse maggiore, sia dal punto di vista militante che politico, saremmo noi ad invitare il PCF alle nostre manifestazioni. Per ora è il contrario : dobbiamo sapere definire la nostra politica in conformità.

Il carteggio tra il PCF e Lutte Ouvrière

In seguito alla sua proposta, fatta il 12 settembre alla festa dell'Humanité, di organizzare une manifestazione nazionale per l'occupazione, contro i licenziamenti, Robert Hue, a nome del PCF, si è rivolto a Lutte Ouvrière, come ad altre forze politiche, per proporci di partecipare all'organizzazione di questa manifestazione.

Per quanto ci riguarda, Arlette Laguiller, a nome di Lutte Ouvrière, ha risposto positivamente a questa proposta. Pubblichiamo qui sotto la lettera del PCF e la risposta di Lutte Ouvrière che indica in che modo progettiamo la nostra partecipazione a tale manifestazione.

La lettera del PCF

Come lo sapete, ho proposto pubblicamente nel discorso che ho pronunciato il 12 settembre alla festa dell'Humanité, l'organizzazione di une manifestazione nazionale per l'occupazione, contro i licenziamenti.

Mi permetto di aggiungere a questa lettera un brano del mio discorso che chiarisce il senso, l'obiettivo e il contenuto di questa proposta.

Mi sembra molto importante che le forze politiche di sinistra e le forze sociali rifiutino la sedicente "fatalità" della disoccupazione, della precarietà e della deregolamentazione del lavoro come conseguenze ineluttabili della "modernità". Ed è altrettanto importante che queste forze di sinistra esprimano, insieme, le loro attese rispetto alla politica dell'occupazione, e la loro ferma opposizione alle ondate di licenziamenti, il più delle volte decisi da gruppi che fanno floridi profitti.

Ognuna nel suo campo, con i suoi obiettivi, le sue proposte, i suoi modi d'intervento, queste forze si esprimono e agiscono. Il fatto di unire i loro sforzi in occasione di una manifestazione nazionale può permettere di confortare le esigenze popolari di grandi riforme che possano combattere con efficienza la disoccupazione e la precarietà e di andare verso una situazione di piena occupazione alle possibilità della nostra epoca.

Lungi dall'opporsi o dallo svoltare le spalle alle iniziative prese da altre forze - in particolare le organizzazioni sindacali - questa iniziativa potrebbe far convergere le attese e le proposte. Sarebbe utile per lo sviluppo di una grande politica al servizio della creazione di un numero significativo di posti di lavoro.

Va da sé che in base ad una volontà comune chiaramente indicata, ciascuna delle organizzazioni partecipanti prenderebbe parte alla manifestazione con le sue proprie parole d'ordine, le sue proprie proposte. Ho indicato nel testo qui allegato, quelle che il Partito Comunista vuole portarci.

Mi permetto, con questa lettera, di rinnovare nei vostri confronti la mia proposta, precisando, com'è già stato fatto - o sta per esserlo - per mezzo di contatti telefonici, che io stesso come i miei amici, siamo pronti nelle prossime ore, ad incontrarvi per esporvi il senso della nostra iniziativa e discuterne con voi.

Parecchie organizzazioni hanno già fatto conoscere il loro accordo o il loro desiderio di esaminare positivamente la nostra proposta.

Nei prossimi giorni sarà dunque possibile riunire tutte le forze che vogliono dare l'impulso a questa manifestazione, per poter decidere insieme il suo contenuto, le sue forme e la data.

A questo proposito voglio precisarvi che nessuna data è stata decisa né sarà decisa o annunciata unilateralmente dal Partito Comunista. Mi sembra però necessario precisare che dobbiamo evitare di prevederla "in concorrenza" con altre iniziative - per esempio sindacali - già decise.

La mia sensazione personale è che sarebbe opportuno progettarla nel corso delle settimane che saranno dominate dal dibattito parlamentare sulla riduzione del tempo lavorativo... Ma lo decideremo insieme.

Augurandomi che questa lettera contribuisca a chiarire il senso della nostra proposta, il cui annuncio pubblico è talvolta presentato in modo sommario o falso, Mi tengo personalmente a vostra disposizione se volete discuterne di più.

Vi prego di accettare i miei migliori saluti.

Robert Hue

La risposta di Lutte Ouvrière

Con questa lettera, confermo innanzitutto l'accordo orale che vi ho dato per partecipare alla manifestazione nazionale da voi proposta alla festa dell'Humanité il 12 settembre.

Siamo d'accordo con la concezione della manifestazione come viene esposta dalla vostra lettera, cioè congiungere i nostri sforzi per esprimere insieme un'opposizione ai licenziamenti, colla possibilità per ciascuno, di esprimere in questo ambito "i propri obiettivi, le proprie proposte, le proprie forme d'intervento".

Perciò, siamo pronti a rispondere positivamente al vostro appello a partecipare ed a coorganizzare questa manifestazione.

Vi ringrazio di avere allegato alla vostra lettera brani del vostro discorso che riassumono in quale ottica prendete questa iniziativa e le parole d'ordine che volete difendere.

Da parte nostra, vogliamo portare avanti in questa manifestazione gli obiettivi che difendo da parecchi anni e sui quali avevo insistito durante la campagna dell'elezione presidenziale e quella delle elezioni europee, in particolare il divieto dei licenziamenti a pena di espropriazione in tutte le grandi imprese che fanno profitti e il riconoscimento del diritto di controllo dei lavoratori e della popolazione sui conti e la gestione delle grandi imprese. Infatti non si può lasciare ai grandi monopoli finanziari più potere et possibilità d'intervento nella vita del paese che ai cittadini, ai lavoratori e ai rappresentanti che loro si scelgono.

Ovviamente, questi obiettivi possono essere raggiunti solo se si modifica il rapporto di forze tra i lavoratori e il grande padronato. Lionel Jospin, a proposito dell'atteggiamento provocante di Michelin riscopre a parole la lotta di classe, di cui solo lui pensava che fosse sparita, poiché il grande padronato - Michelin come tutti gli altri - non ha mai smesso di condurre una lotta permanente contro il mondo del lavoro, che porta alla disoccupazione che conosciamo oggi, allo sviluppo della precarietà e all'aggravamento delle condizioni di esistenza dell'insieme del mondo del lavoro. Il capo del governo non potrebbe spiegare meglio che non può o non vuole agire contro la dittatura del capitale finanziario.

Ecco perché penso e spero che la manifestazione che state progettando non rimanga senza sviluppi successivi. Tutti sappiamo che una manifestazione di un giorno, della quale il padronato sa che non avrà seguito, non fa impressione.

La manifestazione avrà un vero significato solo se costituisce la prima tappa di un piano di mobilitazione dell'insieme del mondo del lavoro che potrebbe ridare fiducia nelle lotte, convincere i lavoratori che, insieme, hanno la forza di far indietreggiare il padronato.

Peraltro, tale manifestazione avrebbe avuto maggior peso se fosse stata accompagnata da un appello ad uno sciopero di 24 ore, che avrebbe permesso al mondo del lavoro di dimostrare la sua forza. Non dimentichiamo che lo sciopero del novembre-dicembre del 1995 è stato preparato da giornate di manifestazioni, di scioperi parziali. I lavoratori riacquisteranno fiducia nella lotta solo se sanno che non si tratta di una manifestazione simbolica, senza futuro, ma del banco di prova di una vera mobilitazione.

Certo, è forse un po' prematuro pensare ad un appello allo sciopero sin dalla prima manifestazione, ma sarebbe auspicabile spiegare, pubblicamente, la necessità di prepararvisi in un prossimo avvenire. Ovviamente, si potrebbe dire che tale appello spetta alle organizzazioni sindacali invece dei partiti politici, ma è anche il ruolo di questi ultimi contribuire ad indicare la strada da percorrere.

Detto ciò, noi parteciperemo a questa manifestazione tale e quale la state progettando, per farne sia l'affermazione dei nostri comuni obiettivi, sia per esprimere le nostre proposte.

Perciò accetto ben volentieri la vostro proposta d'incontro per discutere questi problemi e le modalità pratiche di questa azione.

Vi prego di accettare i miei saluti comunisti.

Arlette LAGUILLER

Lettera di Arlette LAGUILLER a Robert HUE

Lunedì 18 ottobre 1999

Voglio complimentarmi con voi per il successo della manifestazione del 16 ottobre di cui avete preso l'iniziativa il 12 settembre, durante la festa dell'"Humanité".

Come è stato notato dalla stampa, il Partito Comunista ha dimostrato, in questa occasione, la sua capacità di mobilitare e di far scendere in piazza decine di migliaia di lavoratori, disoccupati, licenziati che rappresentano une parte importante della frazione più combattiva delle classi lavoratrici.

Ma secondo me, è anche la prova che i lavoratori e le classi popolari rispondono, positivamente, massicciamente quando si offre chiaramente loro la possibilità di reagire agli attacchi di cui sono vittime.

Certo, le decine di migliaia di persone che hanno manifestato sabato erano in maggioranza dei militanti, ma non sarebbero venuti così numerosi se non avessero sentito intorno a loro, nel proprio ambiente, nelle loro imprese o nei loro quartieri, che questa manifestazione aveva il sostegno morale della maggior parte delle classi popolari. Ed è ovvio che tutti questi militanti, del Partito Comunista o sindacalisti, immersi nei problemi delle classi popolari, erano contenti, liberati dal fatto di essere stati finalmente chiamati ad agire contro il padronato e le politiche che non prendono in considerazione i loro interessi vitali, o addirittura vi si oppongono.

La stampa cerca di presentarci, voi e noi, come gente che avrebbe difeso in questa manifestazione, obiettivi opposti. Voi dite che il governo deve prendere di più in considerazione gli interessi popolari ed io dico che bisogna costringere Jospin a farlo.

La vostra politica è di partecipare a questo governo per cambiarlo dall'interno, il che ritengo impossibile, mentre penso invece che cambierà solo con la pressione esterna del mondo del lavoro. Ma malgrado questa divergenza, dovrebbe essere possibile progettare azioni comuni per il futuro.

Per tornare sulla manifestazione del 16 ottobre, sono contenta che l'organizzazione che rappresento, Lutte Ouvrière, abbia potuto contribuire a questo successo nella misura delle sue possibilità e delle sue forze, e ciò mi porta ad una terza conclusione. Lutte Ouvrière rappresentava quasi il dieci per cento dei manifestanti, ma la maggioranza di questi erano militanti del PCF e questo traduce il rapporto di forza esistente alla base, tra Lutte Ouvrière e il Partito Comunista. Invece, nel campo elettorale, i voti a favore di Lutte Ouvrière hanno rappresentato tra la metà e i due terzi di quelli a favore del PCF. Secondo me, questo dimostra che se il PCF avesse un discorso più offensivo, più radicale e più chiaro, ritroverebbe i risultati elettorali del passato e non sarebbe costretto di fare da cauzione popolare al governo socialista Jospin-Aubry. Ne approfitto per aggiungere che, al contrario di quello che la stampa mi attribuì, in Lutte Ouvrière non siamo avversari del Partito Comunista o dei suoi militanti, bensì della politica catastrofica che lo conduce a perdere voti ed a essere il sostegno di un governo in cui figurano in prima posizione Aubry, ex- dirigente dell'impresa Péchiney e Strauss-Kahn, alleato dichiarato della borghesia.

L'obiettivo principale di questa mia lettera, prima della riunione degli iniziatori di questa manifestazione ed anche dei partecipanti dell'ultima ora, alcuni loro malgrado, è come l'ho già detto di complimentarmi con voi per questa vostra iniziativa, ma anche di dirvi di nuovo quello che già scrivevo nel settembre, nella mia risposta al vostro invito, a proposito della dichiarazione di Jospin secondo la quale toccava ai lavoratori agire contro i licenziamenti progettati da Michelin :

"(...) Lionel Jospin, a proposito dell'atteggiamento provocante di Michelin riscopre a parole la lotta di classe, di cui solo lui pensava che fosse sparita, poiché il grande padronato - Michelin come tutti gli altri - non ha mai smesso di condurre una lotta permanente contro il mondo del lavoro, che porta alla disoccupazione che conosciamo oggi, allo sviluppo della precarietà e all'aggravamento delle condizioni di esistenza dell'insieme del mondo del lavoro. (...)

Ecco perché penso e spero che la manifestazione che state progettando non rimanga senza sviluppi successivi. Tutti sappiamo che una manifestazione di un giorno, della quale il padronato sa che non avrà seguito, non fa impressione. La manifestazione avrà un vero significato solo se costituisce la prima tappa di un piano di mobilitazione dell'insieme del mondo del lavoro che potrebbe ridare fiducia nelle lotte, convincere i lavoratori che, insieme, hanno la forza di far indietreggiare il padronato."

Credo più che mai che dovete ripetere tali iniziativi, forse con une nuova giornata di manifestazioni in tutte le città del paese, per imporre misure coercitive, come il divieto dei licenziamenti nelle grandi imprese che li annunciano mentre hanno il cinismo di ostentare enormi profitti. Le organizzazioni sindacali andrebbero invitate a partecipare a questa giornata di mobilitazione, e si dovrebbe cercare di convincerle di accompagnare questa manifestazione con uno sciopero interprofessionale di 24 ore. Le confederazioni sindacali, e purtroppo anche la CGT, forse ci si opporranno opposte. Malgrado ciò, come lo ha dimostrato la manifestazione del 16 ottobre, i militanti comunisti che animano tante sezioni, sindacati o federazioni, certamente aderiranno e faranno propaganda per questa manifestazione. Vorranno dimostrare che loro stessi, come i lavoratori dovunque nel paese, sono pronti a reagire sempre più forte se un appello deciso viene rivolto loro.

Ciò dimostrerà che la manifestazione del 16 ottobre non è solo un fuoco di paglia senza esito, che accetta il proseguimento della stessa politica. Avete detto che dopo questa manifestazione, niente sarebbe come prima e spero che queste parole hanno veramente lo stesso senso col quale le capisco e col quale tanti dei vostri militanti, simpatizzanti ed elettori certamente le capiscono anche loro.

In ogni caso, noi risponderemo a favore di ogni iniziativa in questo senso da parte vostra.

Vi prego di accettare i miei saluti comunisti.

Arlette LAGUILLER