Da "Lutte de classe" n°228 - Dicembre 2022-Gennaio 2023
Questo testo è stato votato dal Congresso di Lutte ouvrière riunito a Parigi il 3 e 4 dicembre 2022.
* * * * * * * *
Uno degli ultimi testi di Trotsky, poco prima del suo assassinio da parte di uno scagnozzo di Stalin, fu scritto nel maggio 1940, quando la Seconda Guerra Mondiale era già iniziata. È il Manifesto d'allarme della Quarta Internazionale.
Cacciato dall'Unione Sovietica, isolato, Trotsky si rivolge direttamente ai lavoratori con queste parole: "La guerra attuale - la seconda guerra imperialista - non è un incidente, non è il risultato della volontà di questo o quel dittatore. Era prevedibile da tempo. La sua origine deriva inesorabilmente dalle contraddizioni degli interessi capitalistici internazionali. Contrariamente alle favole ufficiali ideate per drogare il popolo, la causa principale della guerra e degli altri mali sociali - la disoccupazione, l'alto costo della vita, il fascismo, l'oppressione coloniale - è la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo Stato borghese che poggia su queste basi".
Finché il sistema capitalistico e la sua fase senile, l'imperialismo, non saranno distrutti, lo stato di pace sarà solo un periodo intermedio tra due guerre mondiali.
La corrente comunista rivoluzionaria, per quanto debole negli ultimi decenni, ha sempre denunciato l'illusione che il capitalismo possa portare la pace universale. Anche i cosiddetti periodi di pace non avevano altro significato che l'assenza di guerre mondiali che coinvolgessero, direttamente o indirettamente, l'intero pianeta. Le guerre non sono mai cessate in diverse parti del mondo: guerre condotte dalle potenze imperialiste per mantenere i popoli nella schiavitù coloniale o nel saccheggio economico; guerre regionali con il coinvolgimento diretto o indiretto delle potenze imperialiste; guerre locali, nazionali o etniche, armate o incoraggiate dalle grandi potenze, all'epoca della guerra fredda tra i due blocchi, ecc.
Un secolo fa, la rivoluzione proletaria vittoriosa in Russia sembrava poter porre fine a quella che, sotto la dominazione imperialista, sembrava essere una fatalità. Doveva essere il primo passo sulla strada della trasformazione dell'organizzazione sociale dell'umanità attraverso il rovesciamento del capitalismo, cioè ponendo fine alla "proprietà privata dei mezzi di produzione e allo Stato borghese che poggia su queste basi".
Questa prima grande battaglia tra borghesia e proletariato per la guida della società non ha portato a una guerra di classe generalizzata nell'unica arena in cui il proletariato può vincere: l'arena internazionale. Il primo Stato operaio è stato lo strumento della rivoluzione proletaria mondiale solo nei primi anni di vita, prima di isolarsi e dare vita alla burocrazia. Durante i suoi pochi anni rivoluzionari, il nascente Stato operaio ha dato un'idea e un'anticipazione di ciò che poteva essere la trasformazione economica e sociale della società. Ha posto le prime pietre di un'economia in cui i grandi mezzi di produzione non erano più in mani private; in cui il proletariato al potere si era dato i mezzi per riorganizzare la produzione non obbedendo al mercato cieco, alla competizione per il profitto privato, ma consapevolmente, con l'obiettivo di soddisfare i bisogni pianificando la produzione. Il proletariato internazionale può essere orgoglioso di questo primo tentativo, di ciò che ha fatto riuscendo a strappare il potere alla borghesia e dimostrando la validità della prospettiva socialista non solo in teoria ma su un sesto del pianeta.
Fu l'impulso della rivoluzione per l'emancipazione sociale delle classi oppresse che riuscì a unire in un unico crogiolo le molteplici componenti della prigione dei popoli quale era stata la Russia zarista. Fu questo impulso a creare le condizioni per la formazione dell'Unione sovietica come realizzazione dell'unione di popoli uguali. Fu questo stesso impulso a dare la spinta necessaria alle enormi trasformazioni dell'economia dell'Unione Sovietica che le permisero non solo di sopravvivere, ma anche di industrializzarsi a ritmi rapidissimi, mentre i Paesi imperialisti molto più sviluppati sprofondavano nella crisi del 1929.
La burocrazia è nata dalla ricaduta di questo slancio. Divenne un fattore di accelerazione del riflusso dell'azione rivoluzionaria delle masse, sempre più decisa, sempre più consapevole dei suoi interessi particolari che la opponevano al proletariato. La stessa ricaduta controrivoluzionaria che ha trasformato il potere dei soviet in un'infame dittatura sul proletariato ha portato via con sé la libertà di autodeterminazione dei popoli dell'Unione sovietica, contemporaneamente e insieme a tutto il resto. Putin ha riassunto chiaramente le cose quando ha affermato, durante l'intervento in Ucraina, di essere un fautore della politica di Stalin opponendola a quella di Lenin.
Con la degenerazione dello Stato operaio e la sua espressione politica qual'è lo stalinismo, la burocrazia ha soffocato ogni slancio rivoluzionario, non solo in Unione sovietica, ma in tutto il mondo, dove ha usurpato il credito rivoluzionario dell'Ottobre. La burocrazia sovietica divenne rapidamente uno dei guardiani dell'ordine mondiale imperialista, pur cercando di preservare i propri interessi di casta.
La degenerazione non è stata una fatalità, ma una fase di intensa lotta di classe. Sullo sfondo dell'arretramento del proletariato internazionale, ha contrapposto il meglio della rivoluzione proletaria in Unione sovietica alla burocrazia emergente. È stata una lotta all'ultimo sangue, nel vero senso del termine. La burocrazia stalinista fece la scelta, sempre più consapevole man mano che prendeva il controllo dello Stato sovietico e di ciò che era stato il Partito bolscevico, di annientare fisicamente tutti coloro che rivendicavano la continuità rivoluzionaria dell'ottobre 1917.
L'Opposizione di Sinistra, che si riuniva attorno alla persona di Trotsky, era un vero e proprio partito comunista rivoluzionario. Lo fu per la ricchezza dell'esperienza politica collettiva e di quella dei singoli militanti, acquisita nella rivoluzione, e poi nella vittoriosa guerra civile contro la borghesia, acquisita anche nell'immenso sforzo di costruire una nuova organizzazione sociale.
Più si aprono gli archivi della burocrazia staliniana, più diventa chiaro che l'Opposizione di Sinistra non si limitava a Trotsky e a qualche centinaio di militanti, quadri di qualità, che riuscirono a resistere in carcere, nei processi e nei campi di concentramento per periodi più o meno lunghi prima di essere in gran parte assassinati. Erano i quadri di un vero partito che aveva i mezzi e le competenze per rigenerare il movimento operaio internazionale rilanciando la rivoluzione.
Fu questo partito, l'unico che merita questa qualità nella storia del trotskismo, che fu spazzato via dalla burocrazia trionfante, rompendo allo stesso tempo la continuità politica e umana con la Rivoluzione dell'ottobre 1917. Di tutti i crimini di Stalin contro il movimento operaio rivoluzionario, questo annientamento è il peggiore e li riassume tutti, rendendo Stalin paragonabile a Hitler.
Sotto i dirigenti politici che si sono succeduti dopo la morte di Stalin, la burocrazia non ha mai smesso di essere un elemento conservatore dell'ordine mondiale imperialista. Ha iniziato a svolgere questo ruolo tradendo le rivoluzioni che pretendeva di guidare o sostenere (Cina 1927, Spagna 1936-1938), per non parlare del tradimento di tutte le mobilitazioni operaie con la politica dei Fronti Popolari. Ha proseguito in questo ruolo soffocando ogni possibilità per la classe operaia europea di sollevarsi e scuotere l'ordine globale alla fine della Seconda guerra mondiale, come aveva fatto nel 1917-1919. E ha proseguito in questo ruolo intervenendo militarmente, reprimendo le mobilitazioni operaie dal 1953 al 1956 nella sua sfera d'influenza di allora, a Berlino Est, Poznan, Budapest.
La burocrazia, dopo aver contribuito per decenni alla difesa dell'ordine imperialista globale, pur rimanendo un corpo estraneo alla borghesia mondiale e privando persino l'imperialismo occidentale del suo controllo sui Paesi dell'Europa orientale trasformati in cosiddette democrazie popolari, ha annunciato, sotto Gorbaciov e soprattutto Eltsin, la sua volontà di raggiungere le file della grande borghesia mondiale e del suo mercato capitalista.
L'era Eltsin, caratterizzata dal crollo catastrofico dell'economia russa e dalla decomposizione dell'Unione Sovietica in Stati più o meno ostili tra loro, ha dimostrato che le grandi potenze imperialiste non avevano intenzione di aggiungersi un rivale troppo potente. Volevano la Russia come complice - ai tempi di Stalin lo era già - ma subordinata e disprezzata. L'hanno accettata come qualcosa di simile al Brasile, all'India o anche al Congo di Mobutu, con però la forza data alla Russia dalla vastità del suo territorio, dalle dimensioni della sua popolazione, dalla varietà delle sue risorse naturali e soprattutto da un certo numero di elementi economici ereditati dallo slancio della rivoluzione proletaria.
L'ascesa al potere di Putin è stata la reazione della burocrazia statale russa, che sotto Eltsin rischiava la decomposizione. Le potenze imperialiste, i cui obiettivi fondamentali erano così ben compresi e serviti dall'atteggiamento sottomesso di Eltsin, non hanno smesso di esercitare una pressione permanente sulla Russia. Il desiderio di Putin di "ripristinare la verticalità del potere" ha ovviamente goduto di un ampio consenso tra la classe dirigente, anche se a pagarne il prezzo sono stati alcuni oligarchi che avevano tratto profitto dalla decadenza del potere sotto Eltsin.
La crisi dell'economia mondiale, la guerra russo-ucraina e le sanzioni occidentali stanno colpendo non solo le popolazioni dell'ex URSS, ma anche l'equilibrio di potere all'interno della Russia stessa. "Mosca, il partito della guerra confisca tutto il potere", titolava Le Figaro il 12 agosto. Si riferiva al rafforzamento del potere di questo strato della burocrazia, il cui potere si basa sul possesso di "forze regali", il nucleo dell'apparato statale, in opposizione all'alta burocrazia dell'economia: gli oligarchi. Sono i "siloviki", come i russi chiamano i membri del nucleo dell'apparato statale, gli uomini degli organi repressivi che sono l'esercito, la polizia, i servizi segreti e soprattutto l'FSB (ex KGB) da cui Putin proviene e di cui rimane la figura di riferimento.
Questi due strati sono strettamente intrecciati, così come i loro interessi, nel senso più materiale del termine. Gli oligarchi sono emersi come entità più o meno separate e hanno preso il controllo delle imprese e della gestione dell'economia, con la protezione dei burocrati dell'apparato repressivo. Dipendono dalle alte sfere dell'apparato statale, e persino dal "gradimento" del capo politico della burocrazia, Putin in questo caso. Ma, reciprocamente, il potere effettivo dello Stato dipende da coloro che permettono ai burocrati nel loro insieme di attingere al plusvalore generato dallo sfruttamento. Questa divisione funzionale si riflette in una moltitudine di legami collettivi e individuali.
Gli oligarchi hanno certamente raggiunto le vette della classe capitalista con la loro ricchezza, i loro yacht e aerei privati, le loro ambizioni e il loro stile di vita da parvenus. Tuttavia, la loro dipendenza dalla burocrazia statale li distingue dalla borghesia consolidata delle potenze imperialiste. La contraddizione fondamentale che caratterizzava l'URSS burocratizzata, tra l'impulso rivoluzionario originario e l'antitesi nata dalla sua degenerazione, permane tuttora. Ci volle il potente soffio della rivoluzione proletaria per sradicare lo zarismo, l'aristocrazia terriera e la borghesia. Ma spento l'afflato rivoluzionario, la situazione si stabilizzò per qualche decennio sotto la ferrea morsa di un mostro burocratico senza precedenti nella storia. I trust come Gazprom o Rosatom ne sono un lontano ricordo, che danno a questa burocrazia, al potere statale e a quello degli oligarchi, i mezzi per affrontare le potenze imperialiste. La guerra in Ucraina, rimescolando le carte tra la dipendenza degli oligarchi russi da Putin e i legami con la grande borghesia imperialista, fa fluttuare l'equilibrio di potere all'interno della stessa potenza russa.
* * * * *
Prendere posizione sulla guerra in Ucraina senza tenere conto della dominazione dell'imperialismo nel mondo significa schierarsi con le potenze imperialiste. Quando si tratta di tendenze politiche che si dichiarano marxiste, si tratta di un abbandono. Le giustificazioni assunte da coloro che si schierano apertamente o ipocritamente a fianco delle potenze imperialiste sono sorprendentemente simili a quelle assunte dai loro antenati o predecessori prima o durante la Seconda Guerra Mondiale.
La difesa della democrazia?
Putin è un dittatore della peggior specie, cioè del tipo di Stalin, a cui fa riferimento per rifiutare Lenin. Ma l'argomento è misero quando si sa quante dittature nel mondo sono incoraggiate, protette e armate dall'imperialismo della grande "democrazia" americana.
Il diritto all'autodeterminazione della nazione ucraina?
Durante l'aggressione della monarchia asburgica contro la Serbia - causa scatenante della Prima Guerra Mondiale - si poteva provare un senso di solidarietà per una nazione piccola e povera la cui sopravvivenza era minacciata. Ma il diritto all'esistenza nazionale della Serbia passò in secondo piano agli occhi dei rivoluzionari dell'epoca, poiché fu inserito nel contesto di un confronto tra campi imperialisti.
Putin è responsabile di una politica imperialista?
Questo è indubbiamente vero, nel senso generico assunto da questa parola per secoli fin dalla politica dell'antica Roma. Ma l'insistenza nel ripetere questo termine serve soprattutto a nascondere il fatto che l'imperialismo odierno corrisponde innanzitutto a un certo stadio del capitalismo e che la sua politica bellicosa può essere interrotta solo distruggendo le sue radici capitalistiche.
Putin ha iniziato la guerra?
Un'argomentazione deplorevole, dello stesso ordine di quella che invoca l'insulto del Dey di Algeri al rappresentante della Francia per giustificare la conquista dell'Algeria da parte di quest'ultima. Per i comunisti rivoluzionari, l'unico atteggiamento possibile va guidato dall'idea formulata all'epoca del primo conflitto mondiale da Karl Liebknecht: "Il nemico è nel nostro stesso Paese".
Per i militanti comunisti russi, ciò significa opporsi alla guerra di Putin e rovesciare il suo regime predatorio per conto della burocrazia e degli oligarchi miliardari.
- Fraternizzazione; rivolgersi ai proletari dell'Ucraina, in nome dell'identità dei loro interessi con quelli dei proletari della Russia, rivendicando la politica dei bolscevichi di rispettare il diritto dell'Ucraina all'indipendenza, se i lavoratori lo desiderano.
- Identica politica per i militanti ucraini: rifiuto di far parte dell'unione nazionale e militanza per il rovesciamento del regime in posto che si basa su cricche burocratiche e oligarchiche, dello stesso tipo di quelle per cui si chiede di morire ai proletari russi mobilitati nell'esercito.
- La Francia non è direttamente in guerra in Ucraina, almeno non ancora. Ma nonostante il dichiarato rifiuto di far parte dei belligeranti, fornisce allo Stato ucraino le armi per combattere, così come i futuri quadri, partecipando sempre più alla loro formazione. Ampliando le aree della sua ipocrita mezza belligeranza, la Francia imperialista è sempre più coinvolta nella guerra. Che lo faccia sotto le ordini dell'imperialismo statunitense o per preservare gli interessi dei propri gruppi capitalistici è di secondaria importanza. Anche le aziende francesi che si sono ritirate dalla Russia sono state attente a creare opportunità di rientro.
- La classe operaia francese sta già affrontando le stesse scelte delle sue sorelle in Russia e Ucraina. Questa non è la nostra guerra! Nessuna complicità con la nostra borghesia e il suo Stato!
- Combattere la guerra, non come pacifisti, ma in nome dell'indipendenza politica della classe operaia.
Senza nemmeno essere apertamente in guerra, la nostra borghesia, i suoi politici, i suoi organi di (dis)informazione preparano moralmente, umanamente, la popolazione alla guerra, creando un clima anti-russo. Hanno più difficoltà con una frazione della popolazione proveniente dall'immigrazione nordafricana o africana, i cui riflessi anti-USA spingono alcuni a giustificare Putin. Tuttavia, queste reazioni nascondono in genere una forma di conservatorismo nei confronti dei governi dei Paesi d'origine, mentre il loro sostegno a Putin rende questi governi migliori. Con quelli che hanno queste reazioni bisogna parlare innanzitutto degli interessi di classe dei lavoratori.
Nessuno può prevedere oggi quanto durerà l'attuale guerra in Ucraina, né come e quando sfocerà in una guerra su larga scala. Ma bisogna denunciare ogni forma di collaborazione, ogni forma di unità nazionale dietro la borghesia, i suoi politici, il suo Stato maggiore, anche nel suo ruolo di difesa dell'Ucraina e della sua sovranità.
È purtroppo necessario notare la deplorevole dichiarazione dell'Ufficio esecutivo della Quarta Internazionale sull'invasione dell'Ucraina, rilasciata proprio all'inizio della guerra, il 1° marzo 2022. La sostanza di questa dichiarazione può essere riassunta in questa frase: "Di fronte alla guerra in Ucraina, è responsabilità di tutti i militanti del movimento operaio e dei movimenti sociali, di coloro che si sono mobilitati contro la guerra, sostenere la resistenza della nazione ucraina oppressa. Per fermare questa guerra dobbiamo sanzionare il regime di Putin e aiutare l'Ucraina ad affrontare l'aggressione". E aggiunge per insistere: "Solidarietà e sostegno alla resistenza armata e non armata del popolo ucraino. Consegna di armi su richiesta del popolo ucraino per combattere l'invasione russa del suo territorio. Questa è solidarietà di base con le vittime di un'aggressione da parte di un avversario molto più potente".
Vale anche la pena citare questa perla di analisi i cui autori si dichiarano marxisti: "L'imperialismo statunitense sta solo traendo profitto dalla corsa a capofitto del nuovo zar del Cremlino"!
Questo parla da sé. Diciamo che c'è una continuità politica, l'antitesi delle idee trotskiste, tra queste persone e i loro antenati che, all'indomani dell'invasione della Francia da parte di Hitler, lanciavano appelli all'unione con la borghesia "dal pensiero francese" per la creazione di "comitati di vigilanza nazionale".
Per concludere, useremo le parole di Trotsky nel Manifesto d'allarme della Quarta Internazionale: "Non dimentichiamo nemmeno per un attimo che questa guerra non è la nostra guerra. [...] Indipendentemente dal corso della guerra, noi adempiremo al nostro compito fondamentale: spiegare ai lavoratori che i loro interessi e quelli del capitalismo sanguinario sono inconciliabili. Mobilitiamo i lavoratori contro l'imperialismo. Propaghiamo l'unità dei lavoratori in tutti i paesi belligeranti e neutrali; chiediamo la fraternizzazione dei lavoratori e dei soldati in ogni paese, e dei soldati con i soldati dall'altra parte del fronte. Mobilitiamo donne e giovani contro la guerra. Svolgiamo un lavoro costante, persistente e instancabile per preparare la rivoluzione - nelle fabbriche, nelle officine, nei villaggi, nelle caserme, al fronte e nella flotta".
17 ottobre 2022