Commenti sul primo turno delle presidenziali (Da "Lutte de Classe" n° 105 maggio-giugno 2007)

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Commenti sul primo turno delle presidenziali
19 maggio 2007

Al primo turno delle presidenziali, i Verdi, il PCF, Bové e noi stessi siamo stati più o meno assottigliati dal voto per Ségolène Royal mentre la LCR non ha subito tale scacco. Besancenot ha mantenuto, pur senza aumentarlo, il suo risultato del 2002 (un po' di più se si guarda al numero assoluto dei voti, e un po' meno se si guarda alla percentuale, passata dal 4,25% al 4,08% poiché l'accresciuta partecipazione al voto ha favorito la destra più della sinistra).

Nel 2002, LO, la LCR, il PCF, il PT e il candidato dei Verdi Mamère avevano ottenuto complessivamente il 19,06% dei suffragi. Nel 2007 gli stessi, più Bové, hanno ottenuto complessivamente il 10,57%, ossia quasi solo la metà. Besancenot da parte sua ha ottenuto il 4,08% invece del 4,25% nel 2002, gli ecologisti (Voynet più Bové) il 2,89%, Buffet (PCF) l'1,98%, Arlette Laguiller l'1,33% e Schivardi (PT) lo 0,34%. Qundi il solo risultato di Besancenot ha rappresentato il 40% dei voti che sono rimasti a questo insieme di correnti che si potrebbero definire alla sinistra del PS, se questo fosse completamente vero. Bové, Voynet, Schivardi non lo sono veramente e neanche Marie-George Buffet. Gli altri, noi compresi, si sono spartiti il 60% dell'insieme di questo elettorato residuo che non è stato intercettato da Ségolène Royal, né da altri come il candidato centrista Bayrou. Ma se tutti sono regrediti, le varie correnti o i vari candidati non lo sono stati nello stesso modo.

Arlette Laguiller è quella che è arretrata di più, dal 5,72% all'1,33% dei voti, il che rappresenta la perdita di 4,39 punti del suo risultato e 1 142 000 voti in meno. I Verdi e gli ecologisti (se si sommano i risultati di Voynet e di Bové) hanno perso 2,32 punti rispetto a Mamère, loro unico rappresentante nel 2002, ossia 440 000 voti di meno rispetto al 1496 000 voti di Mamère. Marie-George Buffet, con l'1,93% dei voti, ha perso 1,44 punti rispetto al risultato del candidato del PCF Robert Hue nel 2002, ossia una perdita di 253 000 suffragi. Ma il risultato di Buffet va analizzato in funzione del riflusso del PC esistente da parecchi anni e Robert Hue non ha di che criticare il risultato di Buffet perché l'aveva lasciata su una brutta china.

Bisogna ovviamente chiedersi perché Besancenot ha resistito meglio degli altri, stando ai numeri, e in particolare molto meglio di Arlette Laguiller. Questo non si può attribuire al merito del programma che Besancenot ha portato avanti, consistente in un catalogo di tutte le idee della "sinistra della sinistra". L'originalità di questo programma stava però nel fatto che era un catalogo di tutto quello che dicevano gli altri, compreso la Laguiller. Niente era dimenticato. Ognuna di queste correnti poteva trovare il proprio riscontro nelle cianfrusaglie che difendeva Besancenot, dall'ecologia tradizionale alle rivendicazioni che esprimevamo, come la rivolta delle periferie e dei "milioni in piazza (sic) contro il contratto primo impiego" o i "milioni" (sic) di lavoratori "entrati in lotta" durante i cinque anni scorsi. Quando un commento di Rouge afferma che il programma di Olivier Besancenot e quello di Arlette Laguiller erano gli stessi, è una semplificazione perché se alcuni obiettivi coincidevano, erano però sparsi tra molti altri. Non c'erano tutti e in particolare non c'era il controllo della contabilità delle imprese, l'obiettivo più "anticapitalista" se non davvero l'unico.

Olivier Besancenot ha certamente perso dei voti a vantaggio di Ségolène Royal, ma molto meno degli altri candidati con cui lo paragoniamo, e forse molto poco. La maggior parte del 1140 000 voti persi da Arlette Laguiller non sono andati a Besancenot, bensì alla Royal. Altrimenti, Besancenot avrebbe raddoppiato il suo risultato invece di mantenerlo soltanto. L'elettorato verde ed ecologista è diminuito di un terzo, ma si è mantenuto meglio di quello di Arlette Laguiller, il che significa che l'elettorato di Arlette Laguiller non è lo stesso di quello degli ecologisti, e peraltro non è lo stesso di quello della LCR. E infatti c'è motivo di pensare che, in questa elezione, la LCR ha raccolto, in campo elettorale, il frutto della politica che ha portato avanti dal 2005 e della campagna del referendum sull'Europa. Più precisamente, la vittoria del No a questo referendum e i tentativi fatti per unificare tutte le correnti del "No di sinistra" (questo per far dimenticare i voti del Fronte Nazionale, senza i quali il No non avrebbe vinto).

Questa politica è consistita nel tentare di riunire ecologisti, altromondisti, antiliberali e molti altri per ricercare e nominare un candidato comune alle presidenziali che rappresentasse tutto questo insieme. I comizi organizzati in comune con Buffet, Besancenot, Bové e alcuni altri sugli stessi palchi hanno avuto successo. Però, nonostante un tentativo di creare dei "comitati" alla base, questi non hanno potuto scegliere fra i vari leader. Quindi, Buffet, Besancenot e Bové hanno dovuto candidarsi separatamente. Nonostante il fallimento di una candidatura comune, questa politica è stata per la LCR un vero successo, almeno elettorale, perché è evidente che se Besancenot ha perso dei voti che sono andati alla Royal, ne ha conquistato molti a detrimento dei suoi compagni di viaggio per la candidatura comune alle presidenziali. Infatti gli elettori di queste correnti hanno scelto, con la persona di Olivier Besancenot, il loro candidato comune. Questo giustifica, almeno in campo elettorale, la politica perseguita dalla LCR negli scorsi anni. E la LCR sta proseguendo questa politica col proposito di entrare "in resistenza", servendosi se possibile del risultato di Besancenot per mettere in rilievo la credibilità della sua politica. Osserviamo che, almeno se si ragiona sui numeri, Besancenot non ha potuto conquistare molti elettori sul partito socialista.

Noi non crediamo che, qualunque critica si possa fare, la nostra campagna abbia delle colpe. Certamente, avremmo potuto fare meglio, ma questo non avrebbe cambiato in niente il nostro risultato. Da più di un anno, percepivamo nei nostri contatti, nelle nostre discussioni, nel nostro ambiente, che gran parte dell'elettorato popolare di sinistra, compreso il nostro elettorato fedele, temeva, anche se in modo completamente irrazionale, la sconfitta della sinistra già al primo turno (prima a causa di Le Pen, poi di Bayrou) e voleva fare in modo che questo non potesse succedere.

La frazione dell'opinione a cui si rivolgeva la LCR era certamente molto più ostile al partito socialista. Forse, si dirà, era molto più cosciente; ma forse era anche molto meno solidale con i sentimenti delle classi sociali più sfruttate, che sono quelle più vittime del mantenimento di un governo di destra e più pronte ad avere illusioni sui partiti borghesi di sinistra. La LCR ha fatto una campagna violentemente anti-PS, al punto da esigere dal partito comunista un impegno scritto che in caso di vittoria della Royal, esso avrebbe rifiutato ogni partecipazione ad un governo a direzione socialista. Ovviamente, Marie-George Buffet non ha accettato, ma questo ha avuto qualche influenza sul pubblico a cui si rivolgeva la LCR. A tal punto, tra l'altro, che rispetto a ciò alcuni compagni della LCR, o anche di LO, conclusero che la nostra campagna fosse troppo compiacente nei riguardi della candidata del PS.

Si può, forse, pensare che avremmo dovuto seguire le orme della LCR da due anni e più, e cercare con essa un candidato comune per questa galassia di correnti a cui si rivolgevano sia la LCR che il PCF e gli ecologisti. Per questo, sarebbe stato necessario parlare in nome di queste correnti che, all'occorrenza, meritano bene questo nome. L'immagine che viene in mente per descriverle non è quella di un flusso calmo, bensì di un flusso molto turbolento.

La LCR e Besancenot hanno militato per rappresentarle. Marie-George Buffet ha tentato di farlo ma è stata respinta e si è decisa a candidarsi abusivamente in nome di questo insieme, invece di farlo a nome del Partito Comunista. Questo, per tentare di aggirare l'ostilità di tutto questo ambiente nei confronti dei partiti istituzionali.

Per noi, difendere questa politica avrebbe significato voltare le spalle a tutto quello che difendiamo fondamentalmente, e niente può dimostrare che questo ambiente ci avrebbe considerato come uno dei suoi rappresentanti. Abbiamo scelto, già da molto tempo, di rivolgerci prevalentemente al mondo del lavoro per costruire un partito rivoluzionario che miri ad un cambiamento sociale radicale con la soppressione dell'economia capitalista e la fine dello sfruttamento del lavoro. Certamente non è un compito che si può assolvere facilmente.

In funzione della situazione economica -disoccupazione o piena occupazione- o politica -speranza illusoria con la sinistra al potere o disperazione quando c'è la destra- il morale, la combattività, la coscienza di classe dei lavoratori possono cambiare molto. In funzione di questo, le nostre idee, il nostro discorso, la nostra propaganda, trovano presso di loro più o meno riscontro. Lo sappiamo perché l'abbiamo vissuto tante volte. Per questo non ci dispereremo, e ci mancherebbe, per una banale sconfitta elettorale, e proseguiremo sulla stessa strada senza rinnegare nulla.