Un programma per le lotte di domani

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12 giugno 2011

Intervento di Nathalie Arthaud alla festa di Lutte Ouvrière - 12 giugno 2011

Compagni, amici, lavoratrici, lavoratori!

Vorrei prima esprimere, in nome di tutti i miei compagni, il piacere di vedervi così numerosi!

Vi auguro di approfittare della festa, degli spettacoli, delle animazioni, delle conferenze, ma anche dei numerosi forum e dibattiti.

Vi auguro soprattutto di approfittare di questa fraternità, che ci unisce poiché ci troviamo qui tra lavoratori, tra sfruttati. Il solo posto dove potrete incrociare rappresentanti delle famiglie borghesi sarà al gioco delle freccette.

Sì, apparteniamo alla stessa classe sociale degli sfruttati, e ne siamo fieri. Ne siamo fieri perché è questa classe che fa vivere la società, che permette alle fabbriche di produrre, ai treni di circolare, ai pazienti di essere curati, ai giovani di essere educati, ed anche all'amministrazione dello Stato di funzionare.

Tutta la vita sociale si basa sulla nostra classe sociale ed abbiamo la convinzione, come comunisti rivoluzionari, che questa classe sociale ha la forza e la capacità di porre fine a questa economia capitalista di cui tutte le tare appaiono in modo particolarmente evidente in questo periodo di crisi.

In passato, si è potuto credere che la vita dei lavoratori e di tutta la popolazione si sarebbe sempre migliorata, da una generazione all'altra. Ebbene, oggi, così come vanno le cose, pensiamo che per i nostri figli la vita sarà più dura!

La disoccupazione è certamente il flagello più grave. Pesa soprattutto su chi ha perso il posto di lavoro e la sua famiglia. Ma pesa anche sull'insieme dei lavoratori. Il piano segreto di chiusura delle fabbriche della Peugeot-Citroën di Aulnay-sous-Bois, della Sevel Nord di Hordain e della fabbrica di Madrid della PSA, appena rivelato dalla CGT, ci mostra come si produce la disoccupazione.

Il gruppo PSA Peugeot-Citroën è uno dei più potenti e più ricchi di questo paese. I suoi affari vanno bene. Le vendite di automobili del gruppo hanno battuto un record storico nel 2010. I suoi profitti hanno superato il miliardo di euro. I suoi azionisti hanno percepito quest'anno un dividendo di 257 milioni di euro, di cui 78 milioni per la sola famiglia Peugeot.

Allora dei soldi ce ne sono! C'è di che pagare del resto al presidente del gruppo un salario di 9.000 euro al giorno, dico bene al GIORNO, sabato e domenica compresi! Inoltre, al momento più forte della crisi, la PSA ha ricevuto dal governo tre miliardi di euro di prestito, senza parlare del premio alla rottamazione e del resto. L'unica contropartita era dovere promettere di non chiudere alcuna fabbrica! La PSA ha promesso, ma allo stesso tempo programmava la chiusura di queste tre fabbriche.

Ci sono 4.000 lavoratori sul solo sito di Aulnay. È una delle poche grandi fabbriche rimaste sul territorio del dipartimento di Seine-Saint-Denis. La sua chiusura sarebbe un dramma per i lavoratori che saranno buttati fuori. Ma sarà anche una catastrofe per tutti i giovani di questo dipartimento disastrato. I giovani che già hanno difficoltà a trovare lavoro ne troveranno ancora meno. E poi si faranno discorsi sulla disoccupazione giovanile, sull'insicurezza nelle periferia!

Ma la disoccupazione, sono loro a produrla, gli azionisti, i dirigenti della Peugeot come i loro simili di altre imprese. La povertà, la ghettizzazione delle zone popolari, l'insicurezza, sono colpa loro! Sono irresponsabili pericolosi.

Distribuire il lavoro tra tutti all'interno del gruppo sarebbe sufficiente a preservare l'occupazione. Ma no, la scelta fatta dalla PSA è di buttare fuori migliaia di lavoratori e di fare lavorare ancora più duramente coloro che restano.

Poi si aggiunge all'irresponsabilità il fatto schifoso che il piano di chiusura di siti reso pubblico dalla CGT, è del gennaio del 2010. Questa gente là prepara i suoi misfatti nel segreto, mentendo ai lavoratori, calcolando quando avrebbe dato la notizia, comunque non prima delle elezioni.

Tutto ciò ci rafforza nell'idea che se domani ci saranno grandi lotte operaie, occorrerà imporre il controllo dei lavoratori e della popolazione sulle imprese e il modo in cui sono gestite.

Sono sicura che i lavoratori del gruppo PSA non si lasceranno fare. Ma vorrei anche dire che ciò riguarda tutti i lavoratori, e non semplicemente per solidarietà. Chi può sapere in quante altre imprese e in quanti altri consigli di amministrazione si preparano piani di licenziamenti che i padroni nascondono ai lavoratori?

Sì, la sola risposta al flagello della disoccupazione è di imporre il divieto dei licenziamenti e la ripartizione del lavoro tra tutti, senza diminuzione di salario!

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L'altro dato catastrofico è il deterioramento del potere d'acquisto. Ancora pochi anni fa, la povertà colpiva soprattutto i disoccupati, i pensionati o i disabili costretti a sopravvivere solo con qualche sussidio. Ma a tutt'oggi l'avere un'occupazione non ci protegge.

E adesso il governo ci viene a dire che occorre rimborsare il debito. Il deficit del bilancio e il debito diventano la giustificazione di tutti gli attacchi contro gli sfruttati. Occorre ridurre il numero di insegnanti, chiudere classi e scuole perché siamo indebitati. Occorre rimborsare meno le medicine e ridurre il personale ospedaliero perché siamo indebitati. Occorre aumentare l'età della pensione perché siamo indebitati.

Per rimborsare il debito, sono anche pronti a prendere nella tasca dei lavoratori malati e disabili, nella tasca dei disoccupati, dei beneficiari del sussidio minimo, dei più poveri, e di più hanno la faccia tosta di dare loro del "assistiti".

Ma gli assistiti sono i banchieri, i proprietari dei grandi gruppi capitalisti! E quest'assistenza là non costa allo stato alcune centinaia di euro per assistito, bensì centinaia di milioni e miliardi. I banchieri sono stati salvati dal fallimento due anni fa, durante la crisi bancaria, solo perché gli stati hanno svuotato le casse per venire in aiuto a loro e si sono indebitati fino al collo!

Furono ancora gli stati ad aiutare a colpi di miliardi i padroni delle grandi imprese. Una sovvenzione qua, un premio all'acquisto là e degli sgravi per tutti. Ce ne sono tanti che una multinazionale finisce per pagare, in proporzione, meno imposte del proprietario di un bar.

Non bisogna cercare più lontano il denaro che manca nelle casse dello stato. Sono stati i capitalisti industriali e finanzieri ad indebitare il paese per generazioni. Allora sono loro che hanno un debito, a loro e solo loro tocca pagare.

Sarkozy si è meritato l'odio che suscita nelle classi popolari. Il suo governo è il più reazionario che il paese abbia conosciuto da tempo. Reazionario, lo è socialmente perché è al servizio dei più ricchi ed è fiero di esserlo. Ma è ugualmente reazionario sul piano politico. Quando si sentono il ministro degli interni Guéant e i suoi discorsi osceni contro gli immigrati, il ministro Wauquiez ed i suoi insulti verso i disoccupati e i più poveri, è ben difficile dire dov'è il limite tra le truppe del Fronte Nazionale e quelle dell'UMP.

Sì, per le classi sfruttate c'è di che odiare questa gente là. Ma questo sentimento non deve fare dimenticare che si tratta solo di burattini che si agitano sul davanti del palco mentre altri, molto più potenti di loro, ne tengono le fila. Dal punto di vista dei grandi borghesi, Sarkozy e gli altri responsabili politici fanno parte del personale domestico e all'occasione hanno diritto a qualche mancia. Infatti i veri padroni della società e della politica sono loro, sono i Peugeot, Bouygues, Arnault, Michelin, Bolloré.

I capitalisti, per la loro fortuna e il potere economico che rappresentano, hanno l'apparato di stato, gli ingranaggi dell'amministrazione ed il governo ai loro ordini.

I finanzieri, perché hanno prestato capitali, hanno il diritto di intervenire direttamente nella politica degli stati. Sono in realtà una dozzina di grandi banche fra cui la BNP Paribas, la Société Générale, a dettare oggi la politica della Grecia, dell'Irlanda, del Portogallo o della Spagna. Un pugno di finanzieri ha imposto in questi paesi di aumentare l'IVA, di abbassare le pensioni, di sopprimere psti di lavoro nell'amministrazione pubblica, di bloccare i salari. Hanno imposto privatizzazioni sulle quali i loro amici capitalisti si butteranno come avvoltoi.

Ma chi li ha eletti? E chi anche li conosce? Non ci sono elezioni per scegliere questa gente.

Ci si dice di andare a votare, ci si ripete che la popolazione è sovrana, che sia essa a decidere, ma si vota solo per i tirapiedi. Si voti pure per chi dirige le grandi imprese! Si voti per chi dirige le grandi banche e gli istituti finanziari! Si eleggano tutti gli alti funzionari inamovibili che garantiscono la continuità politica mentre i ministri si succedono!

140 anni fa, era l'insurrezione della Comune di Parigi. I lavoratori presero il potere e decisero di eleggere tutti quelli che avrebbero dovuto dirigere: i membri della Comune certamente, ma anche i suoi funzionari, i capi della Guardia nazionale, i giudici. Erano pagati al salario di un operaio qualificato per regolare i problemi della popolazione laboriosa e se non fossero stati all'altezza, potevano in qualsiasi momento essere destituiti e sostituiti.

Sotto la Comune, la democrazia partiva dal basso verso l'alto. Nella democrazia borghese, di cui ci si dice che sia il colmo della democrazia, è l'inverso: tutto parte dall'alto. Tutto parte da quelli che detengono il potere sociale in ragione dei loro capitali, del loro dominio sulle banche e sulle imprese. Sono i loro interessi, i loro affari, i loro profitti, a comandare le decisioni politiche.

Al momento più acuto della crisi finanziaria, i dirigenti politici stessi hanno riconosciuto la responsabilità dei banchieri. Ma tra di loro chi ha anche solo pensato di fare pagare ai banchieri i danni che hanno causato? E oggi mentre le banche fanno di nuovo profitti storici, 8 miliardi per la BNP Paribas, 5 miliardi per la Société Générale, chi lo propone?

Ovviamente non è la politica della destra o dell'estrema destra, ma non è neppure la politica del Partito Socialista. Lo illustra perfettamente il fatto che il PS, con la voce di Martine Aubry, sostiene la candidatura di Christine Lagarde al FMI. Un giorno, Sarkozy propone Dominique Strauss-Kahn al FMI, il giorno dopo la Aubry sostiene la candidata di Sarkozy. Se è difficile dire chi, tra DSK e Christine Lagarde, incarna meglio gli ambienti affaristici, è più difficile ancora fare la differenza tra la politica presentata dal Partito Socialista e quella che la destra conduce oggi.

Nel PS la scuderia DSK era data vincente, ma di recente ha perso il suo cavallo e questo ha rilanciato la corsa per le primarie. I calci dell'asino si moltiplicano. Le scommesse aumentano. Chi si presenterà? Chi perderà ancora alcuni chili? Chi andrà fino alla fine? Ecco a che punto è il dibattito politico! Ci si presenta un'analisi, con tutti i particolari, della personalità di ciascuno, per la semplice e buona ragione che lì sta l'unica differenza. Perché sul piano politico, sono intercambiabili!

Né Hollande, né la Aubry, né la Royal, e neanche Montebourg che si vanta di essere l'ala sinistra del PS, si impegna se eletto ad aumentare i salari. Gli azionisti dell'indice Cac 40 della Borsa di Parigi incasseranno quest'anno 40 miliardi di benefici ma nel Partito socialista nessuno dice che si possono aumentare i salari. Quanto ad immaginare che, tornati al potere, impediranno al patronato di licenziare e chiudere imprese o lo costringeranno ad assumere giovani, può solo essere un sogno!

I dirigenti socialisti si prendono impegni solo nei confronti dei banchieri, si impegnano ad essere buoni gestori e a ridurre il debito. Vuol dire promettere ai lavoratori sangue e lacrime!

Il governo Sarkozy-Fillon ha molto distrutto, nell'educazione, nella salute come negli altri servizi pubblici. Nel corso del suo mandato, 200.000 a 400.000 posti saranno stati soppressi nella funzione pubblica. Ebbene, nel suo programma il Partito socialista non parla di ripristinarli! Oggi, nell'opposizione il Partito socialista non si impegna neppure a ricostruire ciò che Sarkozy ha demolito. Allora cosa ci si può aspettare quando sarà al potere?

Ci fanno passeggiare da un'elezione all'altra facendo credere che si possa cambiare la nostra sorte cambiando il bollettino che si mette nell'urna. Ma quanti lavoratori avevano messo le loro speranze in Mitterrand che prometteva di cambiare la vita? E quanti fra loro si sono poi sentiti abbandonati, traditi da questo governo che ha finito col bloccare i salari, fare licenziamenti di massa nella siderurgia e dare la preferenza alla Borsa?

Quanti poi si sono riagganciati alla sinistra plurale di Jospin dicendosi che sarebbe stata meno peggiore della destra, e sono stati ancora una volta delusi?

Allora, i lavoratori e i più poveri hanno imparato, alle loro spese, che l'arrivo della sinistra al potere non cambiava nulla per loro e che l'alternanza tra sinistra e destra è solo un inganno. Alcuni, e sono numerosi, pensano che non serve più a nulla andare a votare. Ma fra i più amari e più disorientati, ci sono anche coloro che sono tentati dal FN.

"Li abbiamo provati tutti, tranne essa" dicono a proposito della sua dirigente Marine Le Pen. Ma si sbagliano, perché con Sarkozy al potere, abbiamo già avuto la politica della destra estrema. Marine Le Pen non è al governo, ma una parte della sua politica vi è!

La politica di Le Pen è la politica di Sarkozy in peggiore. Come Sarkozy, Marine Le Pen è un difensore dei ricchi, della proprietà, un difensore della società così come è, con lo sfruttamento capitalista, con le sue diseguaglianze e le sue ingiustizie. L'FN mira ad indebolire i lavoratori, a dividerli, dando in pasto i lavoratori immigrati, i nostri fratelli. Anche solo questo fa di Marine Le Pen una nemica mortale per la classe operaia.

A destra come a sinistra, vanno tutti sul terreno del FN e contribuiscono a diffondere idee reazionarie. Tra Le Pen che mette tutti i problemi della società sul conto degli immigrati e i socialisti che parlano di controllare l'immigrazione, ci sono sfumature. Ma tutti sono d'accordo per sostenere che l'immigrazione è un problema. Ma no, l'immigrazione non è un problema!

Gli immigrati sono lavoratori, sono utili alla società. Producono e creano ricchezze. Coloro che costano caro alla società e la danneggiano sono da cercare dalle parti della borghesia. Sono i parassiti di qualsiasi nazionalità che si accontentano di vivere, e di vivere bene, alle spalle degli sfruttati.

Per loro, perché sono ricchi, non ci sono frontiere. Possono muovere i loro capitali come vogliono, alla velocità della luce. Essi stessi sono liberi di spostarsi e sistemarsi nel paese che scelgono. Ebbene, noi, noi pensiamo che i lavoratori, che i più poveri devono essere liberi anche loro di spostarsi e vivere nel paese che scelgono.

I politici sia di sinistra che di destra si danno il cambio per protestare "che non si può accogliere tutta la miseria del mondo". Costruiscono muri, pongono filo spinato alle frontiere, e provano a trasformare il Mediterraneo in un mare invalicabile.

Rinchiudono i popoli nella miseria. Mentre la miseria, occorre combatterla, combattendo lo sfruttamento e coloro che lo impongono in tutti gli angoli del mondo. Se siamo comunisti rivoluzionari, è per cambiare la società completamente e fare in modo che il mondo diventi vivibile per tutti, ovunque si nasca su questo pianeta.

È questa bandiera, quella del comunismo rivoluzionario, che vogliamo rialzare. Da più di un secolo in questo paese ci sono sempre stati donne e uomini che hanno lottato non soltanto in nome della difesa dei lavoratori di fronte al patronato, ma anche per la soppressione di un'organizzazione sociale in cui tutto il potere appartiene al grande capitale.

Alla fine dell'Ottocento si chiamavano "socialisti". Dopo il tradimento dei dirigenti del Partito Socialista durante la prima guerra mondiale, e soprattutto dopo la rivoluzione russa del 1917, si chiamarono "comunisti".

Ma nel corso della sua lunga storia, il Partito Comunista ha perso la ragion d'essere delle sue origini. Per cominciare si è messo al servizio della burocrazia staliniana dell'Unione sovietica ed ha finito per mettersi al servizio della borghesia di questo paese. Allora da molto tempo il PC non è più comunista che di nome. E dal suo accodamento a Mitterrand e al PS, è diventato l'ombra di sé stesso.

Oggi, si prepara ad accodarsi a Mélenchon, questo ex-ministro e senatore socialista che prova a farsi un piccolo posto in politica criticando i suoi vecchi amici. Se Mélenchon dimostra nelle elezioni che è capace di attirare i voti dei delusi del Partito Socialista, e se i dirigenti del PS vincono la presidenziale, gli riserveranno un posto di ministro.

I militanti comunisti da parte loro avranno ancora una volta messo la loro militanza e la loro devozione al servizio di una politica che non c'entra niente con le idee comuniste.

Ma se ci sono nel PC compagni che continuano a militare per una società sbarazzata dello sfruttamento e per l'ideale comunista, ebbene spero che non si demoralizzeranno e cercheranno di ricollegarsi alle idee del marxismo e del comunismo rivoluzionario, sulle quali il PC si è fondato.

Nelle lotte e la combattività del mondo del lavoro ci sono sempre stati alti e bassi. Attualmente ci sono più bassi che alti, ma ciò non cambia nulla alla nostra convinzione.

Come gli oppressi delle società che ci hanno preceduto, i lavoratori sapranno sbarazzarsi delle catene dello sfruttamento capitalista. E possono più ancora: possono costruire una società del tutto diversa, basata sull'interesse collettivo.

I lavoratori, gli operai, gli impiegati, sono nel cuore della produzione, nel cuore delle fabbriche, delle grandi banche, degli istituti finanziari. Sono i cervelli e le piccole mani di tutte le imprese. Sanno farle funzionare, allora sapranno dirigerle, non più nell'interesse di una minoranza ma di tutta la popolazione.

Non tutti i lavoratori sono esperti di economia o di finanze, non sono carichi di diplomi, ma comunque faranno meglio di tutti questi esperti e Amministratori delegati che si assegnano privilegi esorbitanti!

Infatti non saranno accecati dal profitto e dalla concorrenza. Cercheranno di organizzare l'economia razionalmente, pianificando ciò che lo può essere e scegliendo ciò che deve essere prodotto basandosi sulle necessità della popolazione.

Questa prospettiva va difesa in seno alla classe operaia quand'anche i lavoratori fossero ben lungi dal porsi il problema di rovesciare la borghesia e dall'immaginare di potere costruire una società senza sfruttamento e senza classi sociali.

Ciò è vero per tutte le società di sfruttamento. Le ingiustizie, le diseguaglianze, lo sfruttamento si perpetuano soltanto perché gli oppressi non sono coscienti delle proprie forze. Ignorano le possibilità che hanno in se stessi di cambiare le cose e di prendere la società nelle loro mani.

Nelle società schiavisti c'erano catene perché gli oppressi non si rivoltassero. Oggi, le catene, le abbiamo nella testa perché ci si abitua a pensare che "è così, le ingiustizie e le diseguaglianze sono sempre esistite, e sempre esisteranno". Ci si ripete dalla mattina alla sera che "il capitalismo è il solo sistema possibile, e non ce n'è un altro".

Ebbene tutto ciò avrà una fine. Verrà un tempo in cui non sarà più possibile accettare, non sarà più possibile sopportare.

La rivolta di milioni di donne e di uomini si produce solo in rari momenti della storia, sono momenti eccezionali. Ma sono questi momenti che trasformano le società.

Allora, quando si verificheranno lotte di massa, non occorrerà lasciare che l'energia delle masse operaie sia sprecata. I lavoratori si batteranno per difendere i loro interessi vitali, ma dovranno anche imporre obiettivi per invertire durevolmente il rapporto di forza tra la borghesia e i lavoratori.

Questi obiettivi, li dobbiamo diffondere fin da oggi e fare in modo che siano presenti nella classe operaia.

Poiché la classe capitalista è incapace di porre fine alla disoccupazione, sì, occorre imporle con la potenza del movimento delle masse il divieto dei licenziamenti e la ripartizione del lavoro tra tutti senza diminuzione di salario. Ciò costerà alla borghesia, ma dei soldi, ne ha!

Di fronte agli aumenti dei prezzi e alla caduta del potere d'acquisto che ne risulta, occorre imporre l'indicizzazione dei salari e delle pensioni sui prezzi, cioè la scala mobile dei salari e delle pensioni.

Di fronte alle esigenze delle banche di rimborsare il debito con gli interessi, occorre imporre l'espropriazione dei banchieri, l'unificazione di tutte le banche in una sola, messa sotto il controllo della popolazione.

E soprattutto, per impedire che i padroni possano preparare, qualche volta con anni d'anticipo, i loro brutti piani contro i lavoratori, occorre sopprimere il segreto industriale e il segreto bancario e dare ai lavoratori, alla popolazione, i mezzi legali per controllare ciò che avviene nelle imprese, controllare i conti, le margini di utile, i benefici.

La classe capitalista è una classe irresponsabile, pericolosa per tutta la società. Il solo mezzo di impedirle di nuocere, è di sottoporre la sua gestione al controllo della popolazione.

È l'interesse dei salariati, ma è anche l'interesse di molte altre categorie popolari. La chiusura di una fabbrica in una città o in una regione non è soltanto un dramma per chi vi lavora, lo è anche per tutti i piccoli commercianti ed artigiani che ne vivono.

Non lo ripeteremo mai abbastanza, sappiamo che questi obiettivi si possono attuare solo al prezzo di lotte determinate, massicce, che mobilitino la maggioranza del mondo del lavoro, ma è la sola via d'uscita.

Compagni ed amici,

durante quest'anno, tutto girerà attorno alle elezioni. Ma i risultati delle elezioni non porteranno nessun cambiamento per ciò che conta di più per noi, il rapporto di forze tra la borghesia e la classe operaia.

La politica che sarà fatta non dipenderà dalla persona che sarà installata al palazzo dell'Élysée, e neanche della maggioranza parlamentare. Dipenderà dalla gravità della crisi che è ben lungi dall'essere finita.

I grandi partiti, dal Fronte Nazionale al Partito Socialista, e anche compreso il Fronte di Sinistra, hanno nonostante le loro differenze una cosa in comune: tutti si mantengono sul terreno dell'organizzazione capitalista della società.

Considerano tutti che tocca ai ricchi, ai proprietari di capitali, dominare l'economia. Considerano tutti che la salute dell'economia si misura ai profitti. Considerano tutti che la proprietà privata delle fabbriche, delle banche, delle grandi imprese, delle catene commerciali, è intangibile, per così dire una legge della natura, che non si può, che non si deve contestare.

Per farsi eleggere, questi partiti che hanno elettorati diversi, tengono discorsi diversi, possono anche essere portatori di politiche diverse. Ma non vogliono, non possono toccare al potere della grande borghesia.

Allora, faranno tutto ciò che gli interessi della borghesia esigeranno da loro. E, in un periodo di crisi, l'interesse fondamentale della borghesia è di peggiorare lo sfruttamento.

Piuttosto che sperare un cambiamento nel 2012, i lavoratori devono prepararsi a difendersi. Non hanno bisogno di promesse, né di salvatore supremo, ciò che conterà per il futuro sarà avere un programma di lotte.

Questo programma lo difendiamo ogni giorno intorno a noi e parteciperemo all'elezione presidenziale e alle elezioni legislative successive per farlo in modo ancora più largo. Noi non ci candidiamo per conquistare posti o sinecure, ma per approfittare dell'occasione offerta di armare politicamente la classe operaia.

Per potere farlo rifiutiamo le combinazioni elettorali con formazioni o con singoli che, in un modo o nell'altro, respingono l'idea del comunismo.

Per questa stessa ragione rifiutiamo ogni forma di ricatto che viene da chi, a sinistra, vuole farci tacere in nome dell'unità. Poiché farci tacere è fare tacere la voce del comunismo rivoluzionario.

Per propagare queste idee, abbiamo bisogno di tutte e di tutti. Le nostre forze sono molto limitate, soprattutto rispetto ai mezzi enormi a disposizione dei partiti della borghesia, la loro stampa, le loro radio, le loro reti televisive. Anche se la legge elettorale dà un po' di spazio perché una corrente come la nostra possa esprimersi, saranno solo poche decine di minuti, ben poco per farci sentire.

Quindi abbiamo bisogno di ciascuno di voi per fare passare questa campagna fra i nostri, nelle imprese, nei quartieri popolari. Ma abbiamo anche bisogno di voi per farlo oltre le elezioni.

Le elezioni sono soltanto un momento passeggero della vita politica ed ciò che è decisivo per il futuro è che la corrente comunista ritrovi un'influenza fra quelli che possono fare di queste idee una forza capace di trasformare la società: la classe operaia.