Francia: Difendere una politica di classe!

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18 Giugno 2024

Da "Lutte ouvrière"

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Questo è l'intervento di Nathalie Arthaud al Comizio di Lutte ouvrière del 22 giugno 2024 a Parigi, prima delle elezioni politiche del 30 giugno:

Compagni e amici, lavoratrici e lavoratori,

stiamo entrando in un periodo turbolento che sta angosciando molti dei nostri. Il RN è forse alle porte del potere, ma per fortuna, e contrariamente a quanto si sente dire, non è ancora fascismo.

Il fascismo è un movimento sociale. Si compone di decine, centinaia di migliaia di uomini organizzati in milizie armate per sconfiggere la classe operaia mobilitata, che la borghesia, il suo governo, la sua polizia e il suo esercito non sono più in grado di controllare. Il fascismo nacque in Italia all'inizio degli anni '20, quando Mussolini offrì i suoi servizi alla borghesia italiana per fermare la potente ondata rivoluzionaria del dopoguerra. Si sviluppò poi in Germania, grazie alla crisi economica che gettò la classe operaia tedesca in un vortice di scioperi e insurrezioni.

Ispirato da Mussolini, Hitler creò le Sezioni d'Assalto, le SA, reclutando in massa tra la piccola borghesia tedesca declassificata e infuriata. Dimostrò le sue capacità alla borghesia attaccando violentemente il Partito comunista tedesco, i socialisti, i sindacati, gli scioperi e i manifestanti, imponendo un regno di terrore ovunque andassero le sue camicie brune. Il suo partito si affermò come quello capace di ristabilire l'ordine e di condurre la Germania ad una nuova spartizione dell'Europa, cioè alla guerra. Arrivò al potere nel gennaio 1933 attraverso le elezioni, ma fu dopo aver iniziato e vinto una vera guerra civile nel paese.

Non è questo il contesto odierno, ma gli sviluppi reazionari che stiamo vivendo possono portarci ad una situazione simile. Gli apprendisti nazisti che immaginano di organizzare milizie per attaccare gli immigrati, gli scioperanti o gli estremisti di sinistra come li chiamano loro, esistono. Si stanno già allenando al loro livello e sono particolarmente attivi in alcune città. E non c'è dubbio che ci siano molti altri potenziali militanti per un movimento fascista, in particolare nella polizia e nell'esercito, che insieme riuniscono molti più apprendisti fascisti che non il RN che è diventato, per molti aspetti, un partito parlamentare dell'estrema destra.

Apprendisti fascisti, ce ne sono anche dalle parti di quel sindacato agricolo, il Coordinamento rurale che, almeno in un dipartimento, si è specializzato, tra l'altro, nell'intimidazione degli ispettori del lavoro, ricevendoli a colpi di fucile.

Quindi sì, esistono quadri fascisti. A loro mancano ancora le truppe. Ma se la crisi peggiorerà e porterà piccoli e grandi proprietari alla rovina, le potranno trovare. A questo bisogna prepararsi moralmente e politicamente. Non basterà fare manifestazioni e gridare che il fascismo non passerà per sbarazzarsene. E certamente non potremo contare sulle elezioni.

In un contesto del genere i lavoratori dovranno organizzarsi, imparare a tutelarsi, a tutelare da soli le proprie organizzazioni. Dovranno essere in grado di opporre le loro milizie operaie lle milizie fasciste mostrando tanto coraggio e determinazione quanto ce ne saranno nel campo opposto. Dovranno essere consapevoli che per impedire la vittoria del fascismo dovranno prendersela essi stessi con il potere.

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Questa volta, per diffondere illusioni, i partiti di sinistra si sono alleati sotto il marchio del Fronte Popolare. Questo è un nuovo inganno, perché al Fronte popolare degli anni Trenta sono corrisposte due cose completamente diverse: da una parte un'unione elettorale in cui il PS e il PC si allineavano sul programma del partito radicale borghese, il che era un tradimento del programma operaio; e d'altra parte un grande periodo di scioperi operai che ha aperto nuove prospettive per i lavoratori e per l'intera società.

La situazione allora era segnata, come lo è oggi, dalla crisi e da una serie di sviluppi reazionari. L'Italia era caduta nel fascismo, la Germania nel nazismo. E nel 1934 si svilupparono anche in Francia le leghe fasciste. Quando il 6 febbraio 1934 alcune di esse tentarono di marciare contro l'Assemblea nazionale, fu una scossa elettrica per la classe operaia, allora divisa tra i due maggiori partiti operai dell'epoca: il Partito comunista e il Partito socialista. Senza aspettare il permesso dei rispettivi dirigenti, lavoratori e militanti imposero l'unità dal basso, nelle manifestazioni di piazza così come nelle aziende.

Furono i lavoratori mobilitati a tagliere l'erba sotto i piedi all'estrema destra e a dare lo slancio per la vittoria elettorale, e non il contrario! Contrariamente alle favole raccontate oggi dalla sinistra, non fu nemmeno la vittoria elettorale di Léon Blum a permettere di conquistare il diritto alle ferie retribuite: la misura non faceva nemmeno parte del suo programma!

Le ferie retribuite furono ottenute grazie allo sciopero generale e all'occupazione delle fabbriche che nel maggio e giugno 1936 si diffusero a macchia d'olio in tutto il paese. L'entità delle concessioni fu proporzionata alla sorpresa e alla paura della borghesia francese, che fu la prima a precipitarsi al tavolo delle trattative mentre lo stesso Léon Blum non voleva cedere agli scioperanti.

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Il governo del Fronte Popolare è servito, sì, a salvare la situazione della borghesia, delle "200 famiglie" come si diceva allora! Fu utile per incanalare lo sciopero e far sì che i lavoratori non contestassero la proprietà privata delle fabbriche, che erano occupate e avrebbero potuto benissimo essere riavviate per conto dei lavoratori.

All'epoca furono il PC e il suo dirigente Thorez a mettere tutto il loro peso sulla bilancia per fare riprendere il lavoro, perché come diceva così bene "bisogna sapere porre fine a uno sciopero" poiché "non tutto è possibile". Come una doccia fredda, il governo del Fronte Popolare raffreddò l'ardore dei lavoratori che avevano appena cominciato a prendere coscienza dell'immensa forza della loro classe. E contemporaneamente la rivoluzione spagnola fu tradita dai suoi dirigenti riformisti e portata anche essa su un binario morto dalla stessa politica del "Fronte Popolare".

Solo un anno dopo lo sciopero generale del 1936, il governo del Fronte popolare abolì la settimana di 40 ore e ristabilì quella di 48 ore. Facendo sparare su una manifestazione operaia a Clichy, provocò 6 morti e 300 feriti. Nel 1939 il Partito comunista fu messo al bando. Poi l'ultimo atto politico della camera del Fronte popolare fu nel 1940 quello di votare i pieni poteri al maresciallo Pétain.

Allora anche per noi la storia del Fronte Popolare fa da modello, ma è il modello di quello che non bisogna fare. La vera storia è che il Fronte Popolare non ha fatto da argine al fascismo e alla guerra, al contrario si è opposto all'unico modo di combatterli: l'unità dei lavoratori nella lotta e la presa di coscienza che dovevano rovesciare il capitalismo e governare da soli la società!

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Di fronte alla regressione politica della classe operaia, di fronte alla profonda regressione della coscienza di classe che apre le porte ad avventure mortali, non esiste bacchetta magica o scorciatoia. La strada è una sola: bisogna difendere una politica di classe, risvegliare la coscienza di classe sopita, anche tra i lavoratori più sfruttati, che credono di poter trovare un cambiamento con il RN.

La coscienza di classe non è mai stata una cosa automatica. La classe operaia è immersa nella società borghese della quale adotta necessariamente i costumi individualistici, le aspirazioni e i vari pregiudizi. E poi i lavoratori vengono lasciati di fronte alla concorrenza e alle divisioni costantemente mantenute dal padronato. Per combattere questa concorrenza e rendere i lavoratori consapevoli che formano una classe a parte, con interessi comuni, c'è solo un modo: organizzarli e fare affidamento a tutte le loro lotte, per quanto molecolari possano essere, per far emergere questa coscienza di classe.

Dobbiamo indicare ai lavoratori un percorso concreto di lotta per oggi e non solo per il futuro. In questa sequenza elettorale in cui ogni squadra politica presenta il proprio programma, la prima cosa è invitare i lavoratori a non restare passivi. Dobbiamo riunire i lavoratori che abbiamo intorno a noi e insieme pensare alle misure che potrebbero davvero cambiare le nostre vite, esprimere noi stessi le nostre rivendicazioni.

Lasciamo da parte le misure già pronte dei politici, tanto vaghe quanto fuorvianti. Non abbiamo bisogno delle loro lacrime di coccodrillo per misurare l'impennata dei prezzi e il calo del nostro potere d'acquisto: abbiamo il nostro portafoglio a ricordarcelo ogni giorno, e lui non mente! E non abbiamo assolutamente bisogno di nessuno per conoscere l'unica risposta a questo crollo: occorre aumentare salari, indennità e pensioni!

Quando discutiamo tra noi su cosa occorre per vivere, tutti concordano che occorre un aumento di 300, 400, 500 euro e che 2.000 euro di stipendio netto sono ilminimo. Bene, ecco le nostre esigenze! E non si deve aspettare un anno per ottenere un altro aumento. I prezzi sono in continuo aumento, quindi i nostri salari devono aumentare contemporaneamente all'aumento reale dei prezzi. Non parliamo dell'inflazione ufficiale, che emerge da statistiche che distorcono sempre la realtà, ma dell'aumento che noi stessi vediamo al supermercato o dal benzinaio.

Questo si chiama indicizzazione dei salari all'inflazione. Il movimento operaio usò un'espressione più colorita: la scala mobile dei salari. Bene, ricordiamoci questa idea: sì, quando i prezzi aumentano, anche il nostro stipendio deve aumentare. I nostri stipendi, come le nostre indennità, come le nostre pensioni.

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Dobbiamo anche discutere di occupazione e carico di lavoro con i nostri compagni di lavoro. Dobbiamo discutere di cosa sarebbe necessario per rendere il lavoro vivibile. In modo che alcuni non lascino la pelle al lavoro mentre altri muoiono di disoccupazione. Quante assunzioni sono necessarie in questa o quella officina, quanto tempo di lavoro per non finire distrutti? Se avessimo collettivamente il potere di gestire la nostra attività, quali sarebbero le nostre prime decisioni?

Se chiedessimo al personale degli ospedali, delle case di cura, dell'istruzione e dei trasporti pubblici di stilare un elenco delle assunzioni di cui avrebbero bisogno, arriveremmo sicuramente a centinaia di migliaia di posti di lavoro utili ed essenziali da creare tutti subito!

Le nostre esigenze sono che il carico di lavoro sia distribuito in modo da ridurlo e da ridurre l'orario, per consentire a tutti di avere un impiego e uno stipendio.

E poiché siamo "realisti", dobbiamo discutere anche la questione dei finanziamenti. Ma di cosa si può discutere quando neanche si sa cosa c'è nelle casse dell'azienda? Quando c'è segretezza e totale opacità? Bisogna esigere la trasparenza della contabilità e il controllo da parte dei lavoratori. Non possiamo piegarci continuamente alle bugie di questi padroni che ci dicono con voce tremante che non ci sono soldi per assumere i precari che sono lì da mesi, mentre trovano sempre milioni per inondare di soldi gli azionisti.

Chi potrà imporre tutte queste richieste? Non sarà Bardella, che è andato ad inginocchiarsi davanti al Medef per garantirgli la sua dedizione, né la sinistra, che non l'ha mai fatto e che due giorni fa è andata anche a fare sorrisi ai padroni. Solo le potranno imporre i lavoratori, quando saranno uniti, combattivi e spinti dalla rivolta vedendo che un Bernard Arnault può accumulare più di 200 miliardi di euro, che gli azionisti della Stellantis ricevono, ogni giorno che passa, 18 miliardi di euro, mentre i lavoratori di questo stesso gruppo, che si alzano alle 4 del mattino e si distruggono la salute, a malapena riescono a guadagnare 1 800 euro al mese!

Non c'è scelta, se non vogliamo essere sacrificati sull'altare delle ricchezze della borghesia, se vogliamo arrestare la marcia verso la catastrofe di una società sempre più diseguale e predatrice, i lavoratori devono trovare, insieme, la volontà di agire! La prospettiva che difendiamo è quella dell'organizzazione dei lavoratori. È quella dell'unità dei lavoratori sul loro terreno di classe. E i lavoratori, quando ricominceranno ad agire per i loro comuni interessi di sfruttati contro i veri responsabili del caos attuale, non cammineranno più dietro gli esponenti dell'estrema destra e la loro politica di divisione. Marceranno per i loro interessi e per quelli di tutti gli oppressi e così facendo, faranno avanzare ancora una volta l'intera società!

Tra le catastrofi davanti a noi c'è anche la marcia alla guerra. Ciò che ci minaccia è di essere a nostra volta mandati sui campi di battaglia in Ucraina o altrove per gli interessi degli industriali e dei finanzieri, e che le nostre vite siano messe nelle mani di generali che hanno dimostrato il loro disprezzo per la vita delle donne e uomini delle classi popolari.

Su questo punto, anche se questo o quell'altro politico cerca di prendere le distanze dall'escalation militare progettata di Macron, tutti condividono la stessa politica di guerra, la stessa politica di difesa dell'imperialismo francese. Perché difendere gli interessi della Francia all'estero non ha nulla a che fare con gli interessi degli sfruttati e dei poveri. Significa difendere gli interessi di Bolloré, Pinault, Michelin... significa difendere il dominio della borghesia francese in tutti i posti del pianeta.

Non sorprende quindi che il programma elettorale del Nuovo Fronte Popolare abbia assunto le posizioni più guerrafondaie di tutte, quelle espresse da Raphaël Glucksmann durante le elezioni europee, che raccomandavano il sostegno militare all' Ucraina sotto forma di fornitura di armi.

Quanto al RN, le sue formule pacifiste, sovraniste e anti-NATO non valgono più del suo programma sociale poiché anche su questo Bardella ha appena fatto marcia indietro dicendo, lo cito: "non si cambiano i trattati in tempo di guerra" perché, lo cito ancora, non intende "indebolire la voce e l'impegno della Francia sulla scena internazionale".

Se l'ingresso della Francia in una cosiddetta "guerra ad alta intensità" non è per ora una prospettiva immediata, è una possibilità iscritta nella realtà delle relazioni internazionali.

Perché ci troviamo in una situazione in cui la guerra economica tra capitalisti si inasprisce, perché i mercati solvibili e le riserve di materie prime sono limitate e non espandibili. Il confronto continua a crescere tra, da un lato, la Cina, una nuova potenza economica emergente che sta cercando di ritagliarsi un posto nell'economia mondiale, e dall'altro gli Stati Uniti, la principale potenza imperialista mondiale.

In tale contesto, il piccolo imperialismo francese può mantenere il suo posto nell'ordine mondiale solo seguendo le orme degli Stati Uniti. Questa guerra futura, qualunque sarà il pretesto iniziale addotto, la difesa di un piccolo paese attaccato dal suo potente vicino, la difesa della democrazia contro un dittatore, sarà una guerra imperialista, cioè una guerra tra le potenze che dominano il mondo, con gli Stati Uniti in testa, per mantenere la loro supremazia.

Questa guerra non sarà quella dei lavoratori, delle classi popolari, degli sfruttati. Questi saranno mandati a languire nelle trincee, a nascondersi nei rifugi, a morire o essere feriti affinché Total, Dassault, Bolloré, Stellantis sconfiggano i loro concorrenti. Ci vorranno quindi donne e uomini per dire forte e chiaro che questa guerra non è la loro e che il nemico principale sta nel loro proprio Paese. E dovranno mantenersi fortemente su queste posizioni controcorrente perché più passa il tempo, più la guerra si avvicina, più i discorsi patriottici e sciovinisti si impongono e più difficile diventerà difendere le nostre idee internazionaliste e comuniste. E questo a prescindere dal governo o dai governi che si installeranno. Se alcuni possono avere la speranza di arrestare i progressi del RN attraverso le elezioni, come possiamo credere di arrestare l'ascesa del nazionalismo e della guerra con le elezioni?

Il capitalismo fa gravare il pericolo incessante di crisi sempre più gravi. La crisi climatica, le sofferenze e le migrazioni forzate che causerà saranno anche fonti di crisi profonde e forse di guerre.

Molti, come la dirigente della CGT Sophie Binet, ora ci dicono che manca un minuto a mezzanotte. Ma a Gaza o in Ucraina la mezzanotte è già passata da tempo. Per le donne e gli uomini che muoiono tentando di attraversare il Mediterraneo, per tutti coloro che semplicemente non hanno da mangiare, che non hanno più un tetto sopra la testa, la mezzanotte è passata. Allora qui mancherà forse un minuto a mezzanotte, ma non perché c'è il rischio di vedere Bardella (il RN) stabilirsi a Matignon (sede del primo ministro). È perché la classe operaia non è preparata a tutto questo, perché non è organizzata, perché non ha una politica autonoma per difendere i propri interessi a breve e lungo termine.

Come diceva Rosa Luxemburg all'epoca della prima guerra mondiale, la scelta è tra il socialismo e la barbarie!

Questa consapevolezza di dover rovesciare il potere della borghesia, di dover distruggere il capitalismo per fondare una società su basi comuniste è quasi scomparsa. Propagarla nuovamente è la nostra ragione di essere. Dobbiamo armare politicamente la classe operaia per le battaglie che dovrà intraprendere, affermare che la classe operaia ha la capacità di cambiare il suo destino e quello di tutta la società!

Lo ripeto, stiamo entrando in un periodo che sarà sempre più agitato e mutevole. La crisi politica in corso non è iniziata domenica scorsa e non finirà il 7 luglio. È profondamente collegata alla crisi del capitalismo, in cui la concorrenza sta diventando sempre più dura e la borghesia sempre più accanita contro i lavoratori e sempre più esigente nei confronti dei suoi servitori politici. E che provengano da destra, sinistra o altrove, i suoi politici perdono sempre più rapidamente il sostegno dell'elettorato popolare.

Nel 2017, quando Macron apparve agli occhi del grande pubblico come un politico nuovo di zecca, tutti i suoi sostenitori ci dissero che con lui avremmo visto una svolta della democrazia borghese. Fu un miraggio di breve durata. E forse il macronismo verrà sepolto insieme alla democrazia!

In alcuni paesi, la borghesia ha risolto il problema dell'instabilità politica dando il controllo del governo a regimi autoritari. Preferisce ancora questo all'incertezza, molto negativa per gli affari. Negli Stati Uniti la borghesia ha trovato una forma di stabilità con un sistema di alternanza ridotto ad un confronto tra due blocchi politici che rende quasi impossibile che una forza politica emerga al di fuori degli apparati democratico e repubblicano.

Lasciamo alla borghesia francese e ai suoi politici il compito di trovare una soluzione per gestire il loro sistema che è in via di putrefazione, sia economicamente che politicamente. In ogni caso è ben lungi dal controllare tutto e c'è una cosa che non controlla affatto, e cioè le reazioni, i sobbalzi della società, i disordini sociali che risultano de questa instabilità. A seconda del nuovo governo che emergerà da tutto questo tumulto, possiamo immaginare due evoluzioni opposte.

Nell'ipotesi dell'arrivo di un governo del Nuovo Fronte popolare, possiamo temere reazioni da parte dei sostenitori del RN, arrabbiati per il fatto che il loro partito sia stato nuovamente allontanato dal potere. Queste reazioni potrebbero provenire da più parti: dagli agricoltori, dai piccoli imprenditori, persino dalla polizia. L'evoluzione fascista di cui parlavo prima potrebbe nascere anche da questa sensazione di aver subito un affronto elettorale da parte di una sinistra letteralmente odiata dai più razzisti e da certe categorie sociali.

Nell'altra ipotesi, quella di un arrivo del RN al potere, come reagiranno i giovani dei quartieri popolari? Ci sarà un moltiplicarsi delle provocazioni da parte del RN, o da parte della la polizia, che a loro volta porteranno a nuove reazioni? Gli apprendisti nazisti coglieranno l'occasione per esibirsi e colpire?

E poi, che ci sia il RN al potere o il NFP, oppure una terza versione governativa, tutti saranno costretti, sotto i dettami dei finanzieri e della grande borghesia, a continuare l'offensiva antioperaia e ad attaccare le condizioni di esistenza dei lavoratori. In un modo o nell'altro, questi attacchi provocheranno reazioni collettive, manifestazioni, scioperi, forse un'esplosione sociale. Quindi non dobbiamo solo prepararci all'arrivo di un nuovo governo. Dobbiamo prepararci a una serie di avvenimenti sociali, scoppi di rabbia, mobilitazioni che andranno in tutte le direzioni. Chi guiderà queste lotte? Con quali obiettivi? Sarà quello di sostituire un governo antioperaio con un altro, o di permettere ai lavoratori di imporre le proprie rivendicazioni con l'obiettivo e la consapevolezza che devono prendere il controllo dell'intera società?

In tutta questa agitazione, sarà fondamentale che i lavoratori, a prescindere dal fatto che abbiano votato RN o NFP, si facciano sentire. Sarà fondamentale che sappiano affrontare le lotte che si presenteranno sull'unico terreno valido: quello del confronto con la classe capitalista. Per fare questo dovranno lottare insieme senza lasciarsi dividere in base al loro voto, alla loro situazione o alla loro origine. Ciò presuppone che esistano militanti capaci di proporre una politica di classe ai lavoratori; militanti che sapiano in quale direzione andare e che abbiano una chiara consapevolezza dei rapporti di forza. Per questo abbiamo bisogno di militanti legati in tutti in modi alla classe operaia, capaci di conquistarne la fiducia e di aiutarla ad organizzarsi. È questo il tipo di militanti che noi tutti dobbiamo essere!

Dopo i tradimenti dei partiti comunisti e socialisti, che una volta furono rivoluzionari, bisogna ricostruire. Dobbiamo ricostruire un partito comunista rivoluzionario internazionalista capace di offrire una politica a chi si ribella. Non partiamo da zero, ereditiamo due secoli di storia di un movimento operaio ricco di lotte, successi ed errori, grandi vittorie e gravi fallimenti. Le pagine di storia scritte dai comunardi o dagli operai e contadini russi tra il 1917 e il 1925 sono straordinarie per tutti gli oppressi che aspirano ad emanciparsi. Ma possiamo anche imparare tanto dalle ben più numerose rivoluzioni abortite, represse o tradite.

Questa esperienza e tutto il capitale politico accumulato dal movimento operaio su scala internazionale sono per noi di fondamentale importanza, la dobbiamo conoscere e fare nostra. Molti qui conoscono la nostra insistenza per leggere e riflettere su tutte le lezioni politiche che si possono trarre da queste situazioni. E se c'è una cosa che dipende da noi e solo da noi, è la nostra determinazione a farlo. Una cosa sicura è che tutti coloro che cercano veramente la via della rivoluzione la troveranno seguendo i passi e le idee di Marx, Engels, Lenin, Rosa Luxemburg, Liebknecht, Trotsky.

Il partito comunista rivoluzionario capace di cambiare il corso della storia sarà marxista, perché è stato Marx a scoprire per primo che l'unica forza sociale capace di rovesciare il capitalismo è la classe operaia. E ci insegna perché dobbiamo riporre la nostra fiducia in questa classe sfruttata.

Il partito capace di aiutare gli operai a prendere il potere sarà leninista, perché Lenin è stato il primo a trovare la forma e i metodi di organizzazione necessari al partito rivoluzionario. E sarà trotskista, perché se la prospettiva comunista è ancora viva, lo dobbiamo a Trotsky che ha combattuto la caricatura sanguinaria fattane da Stalin e ci ha regalato una bandiera senza macchie, della quale possiamo essere orgogliosi.

Questo partito, che deve essere ancorato alla classe operaia e alle sue lotte, deve ovviamente essere costruito nelle aziende e nei quartieri attorno a nuclei di lavoratori coscienti, intorno ai lavoratori che siano abituati a incontrarsi per parlare dei loro affari, per esaminare tutti gli avvenimenti, tutte le crisi politiche e la minima decisione del governo, chiedendosi ogni volta dove sono i nostri interessi. Prima che la storia ponga al partito rivoluzionario i molteplici compiti della presa e dell'esercizio del potere, la sua costruzione inizia a questo livello e ciascuno di noi vi può contribuire. La qualità essenziale richiesta è la tenacia e l'ostinazione militante.

Per quanto riguarda il tipo di organizzazione, il piccolo tumulto elettorale che abbiamo appena vissuto nelle ultime due settimane ci dà un'idea di ciò che è necessario costruire.

Avevamo solo pochi giorni per decidere di partecipare a queste elezioni legislative, presentare le nostre candidature e tutto il materiale necessario. Di solito per farlo ci vogliono tre o quattro mesi. Abbiamo quindi dovuto decidere rapidamente, agire rapidamente e moltiplicarci. Tutti gli ostacoli materiali e finanziari sono lungi dall'essere risolti. Abbiamo incontrato molte difficoltà; parte del nostro materiale elettorale è stato rifiutato dalle prefetture con il pretesto di essere stato consegnato fuori termine. Quindi i prossimi giorni saranno ancora molto impegnativi, perché ci daremo i mezzi per superare tutte queste difficoltà e avremo bisogno di tutto il vostro aiuto. Ma possiamo già rallegrarci di quello che abbiamo fatto: presentiamo 550 candidati, cioè candidati in quasi tutti i collegi elettorali, comprese Mayotte e la Guyana, per offrire una politica indipendente ai lavoratori e riunirli intorno a un voto di coscienza di classe. È il frutto della nostra volontà militante e direi anche della nostra determinazione militante e possiamo esserne collettivamente orgogliosi!

Ciò non garantisce che saremo in grado di resistere alle vere tempeste che ci attendono. Dovremo sopportare pressioni e ostilità molto maggiori quando lo scontro lascerà il solo campo elettorale e si svolgerà in quello sociale. E sarà ancora un'altra cosa quando il governo e lo stato maggiore decideranno di trascinarci in una guerra. Ma questa piccola agitazione ci fa capire l'importanza di costruire su basi solide, sulla base di convinzioni e di un impegno concreto. Questa piccola prova dimostra l'importanza di capirci rapidamente, di ragionare nella stessa direzione e, per questo, di condividere un capitale politico comune. Dimostra quanto dobbiamo condividere la stessa volontà di lottare e quanto siano importanti i legami di fiducia stabiliti da mesi e anni di militantismo comune. Essere riusciti a vincere questa sfida ci dice che siamo sulla strada giusta e che dobbiamo continuare!

In conclusione, come abbiamo visto nel corso delle elezioni europee, stiamo andando controcorrente. Difendiamo la necessità che la nostra classe si difenda mentre oggi è in gran parte rassegnata. Ma dobbiamo attenerci alle nostre convinzioni, al nostro ragionamento marxista, il cui valore non è legato alla combattività, e nemmeno al livello di coscienza dei lavoratori. Perché non sono le idee a governare il mondo, è la lotta di classe e la lotta di classe non si ferma mai.

La concomitanza di crisi economica e instabilità politica, se porta ad esplosioni sociali, nasconde immense possibilità per la classe operaia e allo stesso tempo grandi minacce. Tutto dipenderà dalla direzione politica che troveranno queste esplosioni sociali.

È nei periodi in cui la lotta di classe si fa intensa, in cui la politica cessa di essere l'affare di una casta specializzata al servizio della borghesia, in cui centinaia di migliaia di donne e uomini si interessano alla vita sociale e diventano consapevoli del fatto che da loro dipende il futuro, che la trasformazione della società diventa possibile e che possono sorgere nuove generazioni di militanti pronti ad agire in questa direzione.

Per ora dobbiamo affrontare l'attuale battaglia elettorale, continuare il nostro sforzo per quest'ultima settimana di campagna.

Compagni, in bocca al lupo per tutto e buona campagna!

22 giugno 2024