Il progetto di “NPA” e noi (da Lutte de Classe n° 117 – dicembre 2008 - Congresso di Lutte Ouvrière)

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Il progetto di “NPA” e noi
13 ottobre 2008

(Questo testo è stato votato dal Congresso di Lutte Ouvrière, 6 e 7 dicembre 2008)

I risultati di Olivier Besancenot alle elezioni presidenziali del 2002 e del 2007 hanno portato la Lega Comunista Rivoluzionaria (LCR) a prendere l'iniziativa di chiamare alla costruzione di una "nuovo partito anticapitalista".

Il fatto che la LCR prova a capitalizzare questi risultati sul piano organizzativo è del tutto giustificato anche se i numeri di un risultato elettorale non costituiscono un buon strumento di misura dell'influenza di un'organizzazione politica. Ma l'approccio della LCR non consiste nel provare a rafforzarsi come organizzazione che faccia riferimento al comunismo rivoluzionario. Essa dichiara che vuole attrarre in seno a questo NPA potenziale e intorno ad un programma ancora indefinito la nebulosa dei militanti di associazioni, dei sindacalisti più o meno critici nei confronti delle loro confederazioni, degli ecologisti di ogni genere, eccetera.

Tale orientamento della LCR si colloca nella continuità della politica di questa corrente. Senza risalire ad un passato più lontano in cui si potrebbero trovare molti altri esempi, l'adesione alla candidatura di Juquin venti anni fa, nel 1988, s'inseriva nella stessa prospettiva. Dopo aver messo i suoi mezzi e i suoi militanti al servizio di questa candidatura la LCR aveva scommesso per mesi sui "comitati Juquin", "per contribuire alla nascita di una nuova forza unitaria e anticapitalista" (6 luglio 1988). Il percorso politico di Juquin, membro dell'ufficio politico del PCF fino al 1984 (percorso che poi lo ha portato a raggiungere il partito socialista e a sostenere un'eventuale candidatura di Fabius alla presidenziale del 2007) non comportava chiaramente niente che ne potesse fare il campione dell'"anticapitalismo"... se con questa parola si vuole indicare la lotta per la sostituzione del sistema capitalista con un'economia collettivista.

In un'intervista ripresa sul sito Internet della LCR, Alain Krivine, peraltro, per rispondere a quelli che vedono nel progetto una semplice manovra della sua organizzazione per crescere numericamente, dichiara: "abbiamo sempre avuto una pratica unitaria. Fino al 1995 non abbiamo praticamente mai fatto una campagna sotto il nostro nome. Abbiamo fatto la campagna di Juquin nel 1988 e tra le altre cose abbiamo ritirato per questo la mia candidatura. Nel 1990 abbiamo fatto parte della CAP (Convenzione per un'Alternativa Progressista di cui l'ex ministro ed ex comunista Fiterman fu uno degli animatori). Abbiamo partecipato a tutti i collettivi possibili ritirando i nostri candidati o addirittura la nostra sigla".

Ma ciò che è cambiato dall'epoca del sostegno alla candidatura Juquin è l'atteggiamento della LCR rispetto al trotskismo, ai punti di riferimento storici a cui si riferiva. Per Olivier Besancenot, Trotsky è il passato e il rivoluzionario a cui egli si riferisce più volentieri è il terzomondista Che Guevara. Besancenot afferma che vuole "attingere alle varie tradizioni del movimento operaio", in particolare a quelle del movimento libertario. In un inserto pubblicato da Rouge nel gennaio 2000 e intitolato "la legenda del secolo" si potevano anche leggere delle frasi che non avrebbero snaturato "il libro nero del comunismo", quali per esempio: "sin dall'inizio il potere bolscevico ha risposto agli scioperi operai con la repressione: presa di ostaggi, esecuzioni con fucilate o annegamento dei "leader" colpevoli di difendere le rivendicazioni operaie e di rivendicare "elezioni libere" nei soviet". E anche se l'autore di tali frasi non rappresentava necessariamente la redazione di Rouge nel suo complesso, nondimeno quest'ultima ha ritenuto che si potevano pubblicare. Questo perché gli ambienti a cui mira la LCR, nella loro maggioranza, non si riconoscono per niente nella tradizione comunista, sono costituiti da gente il cui livello di radicalismo è proprio di una confusa sinistra socialdemocratica. I militanti che la LCR ha educato facendo questa politica ovviamente non si sentono solidali con la rivoluzione d'ottobre e le battaglie passate della classe operaia, e qualche volta difendono idee apertamente reazionarie quali la "decrescita" o le rivendicazioni di alcuni ecologisti.

Tuttavia, l'abbandono del programma trotskista, già attuato da tempo nei fatti e apertamente in questi ultimi anni, non significa quindi che la nascita del NPA equivalga alla spiacevole scomparsa di un'organizzazione comunista rivoluzionaria e quindi un obiettivo che noi dovremmo combattere. Tutto sommato, sarebbe piuttosto positivo per la vita politica francese se la LCR vincesse questa scommessa, se nascesse un raggruppamento di tutti quelli che contestano questo o quell'aspetto della società capitalista, alla sinistra di un partito socialista apertamente al servizio dell'ordine capitalista, in modo simile a ciò che il PSU potè rappresentare durante gli anni della guerra d'Algeria e intorno al 1968. Ma ciò non è nemmeno l'obiettivo a cui mira la LCR. E per di più bisognerebbe che essa ne avesse i mezzi.

La trilogia "nuovo periodo, nuovo programma, nuovo partito" con cui "sin dal 1992 la LCR ha provato a pensare i suoi grandi orientamenti" (Critica Comunista, agosto 2008) è ben significativa dell'approccio attuale. Ovviamente il mondo non è rimasto immobile dal 1938 e dall'adozione del programma di fondazione della Quarta Internazionale, che fu scritto in un contesto determinato, segnato dalla vittoria del fascismo in Germania e dalla marcia verso la guerra. Ma prima di considerare che l'implosione dell'Urss sia il punto di partenza di un "nuovo periodo", bisogna chiedersi da quale angolo di vista la guardiamo. La nostra epoca non è più quella dell'"agonia del capitalismo"? La "crisi dell'umanità" non è più "la crisi della direzione rivoluzionaria"? Per chi ha scelto di collocarsi sul terreno della classe operaia, porsi tale domanda nel momento in cui il mondo sta sprofondando nella più grande crisi economica che si sia vista dal 1929, sarebbe semplicemente ridicolo perché ovviamente si può solo rispondere affermativamente.

I militanti che scelgono il campo dei lavoratori devono dedicarsi a risolvere la crisi della direzione rivoluzionaria e non provare a riunire in un conglomerato invertebrato tutti quelli che aspirano a cambiamenti sociali, spesso legittimi, ma senza aver capito o accettato il fatto che la classe operaia rimane potenzialmente l'unica forza capace di trasformare la società in senso socialista. Questo implica ovviamente che non si rigetta il programma comunista per adottare un "nuovo programma". Perché non basta proclamare che stiamo vivendo in un""epoca nuova" per concludere che ci vuole un "programma nuovo", e ancor meno per avere la capacità di elaborarlo, soprattutto quando ci si propone di farlo con gente che non ha altra esperienza che un'esistenza gruppettara, senza nessuna presa sulla realtà sociale.

Ma i promotori del NPA, evidentemente, non ci tengono a definire cosa sarà il programma del futuro partito. Già per quanto riguarda i nuovi membri della LCR, Alain Krivine, nell'intervista testé citata riconosce che "sono molto ribelli e poco politicizzati" e cita anche il caso di un giovane che chiede "ma chi sarà questo Marx di cui tutti parlano?". Quanto alla gente che potrebbe iscriversi al NPA, egli constata che rispetto alla "partecipazione al governo, non sono né favorevoli né contrari" e dice che "il problema sarà la formazione politica". Ma questo non gli impedisce di affermare in seguito: "non temiamo di avere un'opposizione quando faremo adottare il programma" (...)."Ciò che potrebbe essere un problema eventuale non sono gli estremisti di sinistra che ci vorrebbero invadere ma le eventuali derive a destra di gente poco politicizzata", per concludere "ma basterà dare le spiegazioni necessarie, perché questi non sono gruppi organizzati". Tali dichiarazioni non risultano da un ottimismo esagerato o da un'ingenuità che si possono difficilmente immaginare da un militante cosi agguerrito. Esse traducono semplicemente il fatto che la questione del "nuovo programma" non ha in realtà alcun interesse per i promotori del NPA e viene posta solo per giustificare l'abbandono del vecchio programma.

In realtà l'abuso dell'aggettivo "nuovo" da parte di quelli che difendono l'idea della necessità di uno "nuovo partito anticapitalista" sta lì solo per giustificare l'abbandono dei riferimenti programmatici del movimento rivoluzionario. Ovviamente, una parte del pubblico a cui ci rivolgiamo è sensibile a questi discorsi a favore di un raggruppamento unitario ("l'unità" è un valore tanto più apprezzato quanto più il livello di coscienza politica è basso, livello che è servito a giustificare molti tradimenti). Il che non significa che quelli che ci chiedono perché non entriamo nel NPA siano pronti ad aderirvi, e ancor meno ad avervi una militanza. Ma una cosa sicura è che tale progetto a noi non serve.