Dopo il trentesimo congresso del PCF

Εκτύπωση
Da "Lutte de classe" n° 50 (Dopo il trentesimo congresso del PCF)
1° aprile 2000

Il XXX° congresso del PCF, svoltosi dal 23 al 26 marzo nella città di Martigues, vicino a Marsiglia, sarà stato il congresso della "mutazione", come l'hanno dato ad intendere i suoi dirigenti ? Nel suo discorso di chiusura, il segretario del PCF Robert Hue lo ha qualificato con cautela "il congresso fondatore del nuovo Partito Comunista degli anni 2000". Il che gli ha permesso di dare una soddisfazione del tutto verbale, nello stesso tempo a quelli che non vedono l'ora di disfarsi di quello che rimane dell'eredità del passato, compresa l'etichetta comunista, e a quelli che rimangono attaccati a questo riferimento comunista.

Così parlando di mutazione, Hue ed i dirigenti del PCF mirano a dare l'impressione che il loro partito sarebbe entrato in una fase radicalmente nuova della sua storia, senza per questo rompere la continuità con il passato.

Durante i mesi che hanno preceduto il congresso, i dirigenti del PCF paragonavano l'importanza del congresso di Martigues a quella del congresso di Tours del 1920 in cui nacque il PCF. Ma il peso delle parole non maschera la mediocrità del contenuto. Cosa c'è di comune tra questo congresso e quello di Tours, durante il quale la maggior parte del vecchio partito socialista, colpita dal soffio della rivoluzione proletaria in Russia, aveva espresso la sua volontà di impegnarsi sulla via della trasformazione in un vero partito comunista rivoluzionario ?

E' tuttavia significativo che Hue, nel suo discorso, abbia fatto risalire l'inizio della mutazione alla metà degli anni trenta, cioè al periodo in cui la burocrazia in URSS aveva già soffocato la spinta rivoluzionaria ed era già riuscita a trasformare i partiti comunisti esterni all'URSS -almeno quelli sopravvissuti - in appendici suoi. E la continuità nella quale Hue vuole inserirsi è quella della lenta trasformazione di quel partito, da strumento della burocrazia, in un partito politico che aspira a servire la borghesia del suo paese con l'ambizione politica suprema di servirla al livello più alto, cioè al governo.

Questo è stato espresso in questo modo, in uno degli interventi di Hue : "non occorreva mancare gli appuntamenti ai quali la storia che si sta facendo convocava i comunisti". "Con questo intendo parlare della vera mutazione realizzatasi negli anni trenta per portare il giovane Partito Comunista all'avanguardia tanto delle lotte per la democrazia e le libertà, quanto delle lotte sociali. Penso all'audacia creatrice che ha fatto di questo partito un artefice essenziale del raggruppamento nella lotta contro il fascismo, e poi del Fronte Popolare e delle conquiste sociali che ne risultarono. Penso alla parte che fu quella dei comunisti nella Resistenza, contro l'occupazione nazista, e poi alla Liberazione, con la parte che giocarono nel risanamento della Francia e le innovazioni economiche e democratiche che segnarono quel periodo. Penso alle grandi lotte contro le guerre coloniali".

Ovviamente questo riassunto storico è stato abbellito per piacere al pubblico. Prima perché questa storia è ben lungi dall'essere questa evoluzione regolare e coscientemente condotta verso la "mutazione" attuale. Certo, il Partito Comunista tale quale è uscito dal congresso di Tours era ancora lungi dall'essere un partito comunista rivoluzionario nel senso in cui lo intendeva a quell'epoca l'Internazionale Comunista, cioè un partito che avesse l'obbiettivo politico di organizzare la classe operaia per la conquista del potere contro la borghesia. E la sua trasformazione in appendice della burocrazia chiuse la possibilità che lo diventasse. Fin dal momento in cui l'URSS, per i bisogni della sua politica esterna, aveva, secondo l'espressione di Trotski, riconciliato il PCF con la sua borghesia, il destino del PCF dipendeva molto di più dall'evoluzione del rapporto delle forze tra burocrazia sovietica e borghesia francese che da un progetto politico scelto dai dirigenti del PCF.

Per guardare solo agli episodi più notevoli di queste rotture, cosi nel 1939 la firma del patto Hitler-Stalin costrinse il PCF a rompere la "sacra unione" che si era stabilita nel 1935, tramite l'accordo di "Fronte Popolare". Tale rottura dipendeva molto di più dalla svolta operata da Stalin, alla vigila della Seconda Guerra Mondiale, che dalla volontà dei dirigenti comunisti francesi. Ma in ogni modo, né la borghesia francese, né il suo personale politico, gli avevano lasciato un' altra scelta. Poi ci fu una riconciliazione durante la Seconda Guerra mondiale, quando il PCF decise di sostenere De Gaulle, dal momento che l'URSS staliniana si trovava nel campo degli "alleati", cioè nel campo dei cosiddetti imperialisti "democratici", poi durante il periodo in cui, dopo la "Liberazione, il PCF partecipò per la prima volta il PCF partecipare ad un governo, prima a quello di De Gaulle, e poi, dopo la sua partenza, ad un governo a lato della SFIO (sezione francese dell'internazionale operaia, ossia il partito socialista) e dell'MRP, partito di destra dell'epoca che si definiva di "democrazia cristiana". Ci fu poi di nuovo un allontanamento quando, nel 1947, il PCF fu cacciato dal governo dai suoi soci socialisti, proprio nel momento in cui cominciava la "guerra fredda". Il PCF accettò di essere così allontanato dai posti di gestione degli interessi della borghesia francese a malincuore, tanto più che aveva sempre giocato bene la sua parte al governo. Si era dimostrato un difensore leale e zelante degli interessi borghesi, utilizzando la sua autorità sulla classe operaia per costringerla ad intraprendere la ricostruzione dell'apparato di produzione della borghesia.

E poi, è ovvio che le immagini idilliche utilizzate da Hue per descrivere queste fasi durante le quali il PCF si è messo al servizio della borghesia vanno tradotte in altri termini. Per esempio, le innovazioni economiche che hanno segnato il periodo della "Liberazione" consistevano nell'utilizzare tutto il peso, tutta l'autorità del PCF sulla classe operaia per imporle condizioni di vita e salari che la borghesia non sarebbe stata in grado di imporre senza di lui. E per quanto riguarda la partecipazione del PCF di quell'epoca alle "grandi lotte contro le guerre coloniali", sono consistite nel giustificare, nel 1945, il bombardamento di Setif per ristabilire il potere coloniale in Algeria.

Messo fuori dal governo nel 1947 malgrado i servizi compiuti, il PCF ci ebbe di nuovo un posto solo trentacinque anni dopo, nel 1981, quando Mitterrand gli affidò quattro dicasteri. Eppure in questi tre decenni, non erano mancate le richieste del PCF, ad ogni occasione, per avere un posto al governo. Hue può tranquillamente rispondere ai suoi detrattori che non innova per niente in materia di partecipazione di ministri comunisti al governo. I suoi predecessori alla testa del partito, Maurice Thorez prima e Georges Marchais poi, hanno praticato la partecipazione con lo stesso zelo di oggi. Ogni volta, il PCF utilizzò il suo credito presso la popolazione lavoratrice per fare accettare le peggiori misure antioperaie. Quelli che rimproverano oggi al segretario generale di aver accettato la partecipazione governativa e oppongono il suo atteggiamento a quello dei suoi predecessori dimenticano, o fanno finta di dimenticare questi aspetti, tutt'altro che secondari, del passato.

Infatti, il principale problema odierno di Hue è quello che ha già affrontato il suo predecessore Marchais, e cioè il declino elettorale del PCF. Ricordiamo che il Partito Comunista rappresentava il quarto dell'elettorato nel dopoguerra, influenza che si è mantenuta fino all'inizio degli anni settanta, con variazioni tra il 4 ed il 5 per cento. Poi venne la firma del Programma comune di governo nel 1972 con il partito socialista. E' da quel momento che è cominciato il regresso elettorale a vantaggio del Partito socialista. Il Partito Comunista stava per pagare, da un'elezione all'altra, il fatto di avere legato il suo destino a quello del Partito Socialista.

Il peggio è, per la direzione del PCF, che durante questi tre decenni il declino si è dimostrato inesorabile, qualunque sia la tattica adoperata. Il PCF poté allontanarsi dai suoi soci dell'Unione delle sinistre dopo il fallimento della candidatura Mitterrand nel 1974, poi rispondere favorevolmente all'invito di Mitterrand ad entrare nel governo nel 1981 per lasciarlo nel 1984 : non riuscì a fermare la perdita di voti a vantaggio del Partito Socialista. Bisogna ricordare questa partecipazione al governo dal 1981 al 1984, la prima dopo trentacinque anni di astinenza. Il Partito Comunista ha dato una legittimazione al tradimento delle promesse fatte da Mitterrand e dal Partito Socialista. Ha dato una legittimazione alle prime ondate di misure antioperaie, le soppressioni massicce di posti di lavoro nella siderurgia, l'atteggiamento schifoso di Mauroy e del suo governo nei confronti dei lavoratori immigrati in sciopero della Talbot o della Citroën. Questi tre anni hanno disorientato, demoralizzato i lavoratori, scoraggiato tanti militanti del PCF, costretti dalla loro direzione a giustificare presso i lavoratori delle misure ingiustificabili. I danni sono stati tanto importanti che non è bastato al PCF uscire dal governo per riconquistare il credito perduto. Tanto meno che anche senza fare parte del governo, il PCF ha proseguito nel dargli il suo sostegno nei momenti in cui questo era necessario ; e poi, anche fuori dal governo, il PCF non aveva nessuna altra prospettiva che di tornarci.

Hue, dal canto suo, non sembra disposto a fare gli stessi zigzag dei suoi predecessori. Lui è favorevole a proseguire nella partecipazione al governo. Non cerca più neanche di minacciare la rottura per ottenere qualche cedimento. Si accontenta di rammentare al governo socialista che ha bisogno del sostegno del PCF, anche ben aldilà delle semplici ragioni di maggioranza parlamentare.

Infatti, qualunque sia il declino dell'influenza elettorale del PCF, qualunque siano anche il declino della sua presenza nella classe operaia, la diminuzione del numero dei suoi militanti operai, rimane pure ancora il partito più influente in seno alla classe operaia. Ed è quest'influenza a renderlo utile per il governo socialista. Infatti, Hue si trova nella stessa situazione che Marchais al momento della partecipazione dei ministri comunisti al primo governo dell'epoca di Mitterrand, ma con un rapporto di forze ancora più sfavorevole. Il PCF conserva i suoi ministri grazie alla sua influenza nella classe operaia, cioè grazie alla sua capacità di smorzare, di incanalare fino ad un certo punto il malcontento dei lavoratori. Ma più egli gioca la parte del pompiere al servizio del governo socialista, e più perde credito e più ridotte sono le sue possibilità di riconquistare la sua influenza, e soprattutto il suo elettorato.

Quello che Hue chiama con grandiloquenza la mutazione è solo l'ultimo tentativo, dopo tanti altri, della direzione del PCF per allargare il suo elettorato. La cosiddetta novità delle sue proposte sta soprattutto nel fatto di cogliere l'aria che tira dalle parti della piccola borghesia di sinistra o dalle parti dei sindacalisti riformisti, il cui stato d'animo assomiglia molto a quello della categoria precedente. Le misure decise assomigliano del resto all'inventario di Prévert : per le donne, la parità alla direzione ; per la seconda o la terza generazione di immigrati o per le associazioni, l'integrazione alla direzione di militanti di origine magrebina ; per dimostrare che il partito non è fuori dalla realtà sociale, l'integrazione alla direzione di militanti usciti dal cosiddetto "movimento sociale". E se Fodé Sylla, presidente dell'Associazione filosocialista "SOS Racisme", non si è ritrovato alla direzione del PCF, è solo perché all'ultimo momento ha rifiutato di tesserarsi al partito. E il PCF starebbe per impegnarsi in una grande campagna... per esigere che il governo francese instauri la Tobin tax.

C'è anche un altro aspetto, legato al primo : la mutazione in materia di organizzazione promossa da Hue. Anche in questo campo, innova meno di quanto pare e si accontenta di seguire i passi fatti dai suoi predecessori.

Ci fu anche un episodio senza seguito, ma significativo : Maurice Thorez aveva proposto, nel 1945, niente meno dell'unificazione del PCF e della SFIO in "un grande partito operaio". L'unificazione non fu fatta perché da una parte i dirigenti socialdemocratici la rifiutarono, e perché ad ogni modo, né la borghesia francese, né l'imperialismo americano avrebbero accettato un simile passo. D'altra parte, Stalin non era favorevole a tale unificazione perché preferiva conservare a sua disposizione uno strumento a lui subordinato.

Fu Marchais che, nel 1976, prese la decisione di abbandonare il riferimento alla dittatura del proletariato che figurava ancora negli statuti del partito di quell'epoca. E prese anche l'iniziativa di abbandonare il riferimento al "centralismo democratico". Questi riferimenti da tempo erano diventati formali. Ma il loro abbandono aveva valore simbolico e segnava la volontà, alla pari di Hue, di affermare la rottura con il passato fondatore del PCF.

Certo, oggi Hue pretende di andare più lontano dei suoi predecessori. Così ha proposto di modificare la struttura organizzativa del PCF alla base, col rendere più morbide le condizioni di appartenenza al partito - che non era molto rigide - e col cancellare negli statuti il riferimento alla cellula. Allo stesso tempo, ha modificato le regole di ammissione nelle istanze dirigenti, rendendole più flessibili. D'ora in poi, certi notabili, eletti, personalità del cosiddetto movimento sociale, potranno farne parte di diritto. Ma se formalmente questa riforma vuol essere significativa di un cambiamento, non fa altro che interinare una situazione già vecchia. I notabili hanno, anche in seno al PCF e come in tutti i partiti della borghesia, una certa libertà d'azione e dispongono di veri e propri feudi che gestiscono come gli pare.

Infatti col passar del tempo, il PCF è diventato un partito di notabili, anche se non è stato solo questo e se non lo è ancora completamente.

Due elementi hanno ostacolato quest'evoluzione ed hanno trattenuto le tentazioni dei suoi dirigenti : da una parte, per molto tempo, i legami di dipendenza con l'URSS staliniana, e dall'altra i legami, generati dalla sua storia e dalle sue tradizioni, che conserva ancora con la classe operaia e più generalmente con la popolazione lavoratrice nelle imprese e nei quartieri popolari.

Questa situazione ha inciso nel fatto che, benché la sua direzione e la maggior parte dei suoi quadri fossero attratti dal desiderio di integrarsi, di sistemarsi nell'apparato borghese, la borghesia francese ed i suoi dirigenti politici hanno rifiutato di considerare il PCF "un partito come gli altri". E questo malgrado le prove che le aveva dato nel corso della storia.

Adesso, i legami con la burocrazia staliniana non esistono più, neanche come fantasmi della borghesia.

Invece rimangono i legami con la classe operaia, una certa sensibilità nei suoi confronti. Benché il PCF abbia saputo, ogni volta che era necessario, affrontare direttamente i lavoratori, non solo coll'approvare misure contrarie ai loro interessi, ma anche quando si trattava di spezzare le loro lotte, benché abbia avuto tante occasioni di dimostrare la sua buona volontà in questo campo e non abbia esitato a farlo, il PCF conserva ancora da questo punto di vista una sensibilità particolare, dei legami che ne fanno ancora un partito diverso dagli altri.

Tuttavia, è questo legame con la popolazione lavoratrice che conferisce al PCF la possibilità di fare da cinghia di trasmissione della politica governativa, cioè quella della borghesia, in seno alla classe operaia.

Robert Hue nega di fare un doppio gioco, con un piede nel governo e l'altro nella classe operaia - o almeno dice di non essere disturbato da questa spaccata. Ciò che sembra sicuro è che la direzione vuole più di ogni altra cosa rimanere con un piede saldamente posto nel governo. Robert Hue può certo scambiare per un riconoscimento dell'efficienza della sua politica la decisione di Jospin, nel recente rimpasto del governo, di dargli un dicastero di più.

E può anche valersi dell'accordo PCF-PS in vista della prossime elezioni comunali. Questo accordo permette a migliaia di membri del partito, più o meno trasformati in notabili nelle città, di salvaguardare la loro posizione.

Ma anche in un periodo di pace sociale relativa, la posizione della direzione non è facile da tenere e, se la stampa ha trovato abile la ginnastica verbale di Gayssot, ministro comunista dei trasporti, mirante per esempio a far credere che la privatizzazione della Air France non era del tutto una privatizzazione, i militanti e simpatizzanti del PCF nella classe operaia non sono ingenui al punto di bere questo. Non di più i militanti del PCF che partecipano al movimento dei disoccupati, o addirittura lo dirigono, hanno apprezzato che un ministro comunista possa schierarsi con i poliziotti inviati per cacciarli via dalle sedi che occupavano.

Ma sarebbe ancora più difficile per il PCF mantenere l'equilibrio se ci fosse una ripresa delle lotte. I militanti del PCF presenti nella classe operaia, che conoscono i suoi problemi, che vivono la sua stessa vita, avranno la loro parte in queste lotte, e tanti di loro saranno al primo posto. Tanto più importanti saranno le lotte e tanto più difficile sarà, per la direzione del partito, pretendere di stare allo stesso tempo dai due lati della barricata.

Cosa farà la direzione del PCF ? Lo vedremo nel futuro. L'unica certezza è che tale futuro non dipende solo da quello che vuole o fa la direzione in posto, ma anche da quello che vogliono le migliaia di militanti operai del partito che, anche se il loro numero sta diminuendo, anche se tanti si allontanano da un partito di cui non condividono più la politica, costituiscono la sua vera ricchezza.